Il Governo e i fondi all'Agenzia delle Entrate, vicenda opaca
Editoriale
Quando il management di una grande azienda vuol convincere gli azionisti della necessità di investire più risorse, è fondamentale che fornisca un piano industriale, dati e impegni dettagliati. Perché non dovrebbe accadere lo stesso per le aziende pubbliche rispetto ai loro veri azionisti, cioè i contribuenti italiani?
Nel disegno di legge di Stabilità per il 2014 (un provvedimento complessivamente modesto, devo dire) è previsto all'articolo 9, comma 13, una maggiore spesa di 100 milioni di euro quale "contributo integrativo alle spese di funzionamento" dell'Agenzia delle Entrate. Il comma successivo autorizza invece la spesa di 20 milioni per il 2014 e di 50 milioni annui dal 2015 al 2019 per "consentire la realizzazione del catasto in attuazione della delega in materia fiscale".
Stiamo quindi parlando, in totale, di ben 370 milioni di euro, che i contribuenti italiani dovrebbero elargire nei prossimi anni ad un ente pubblico (l'Agenzia delle Entrate, che dallo scorso anno ha incorporato l'Agenzia del Territorio), in aggiunta alla dotazione ordinaria di cui questo ente dispone. Possibile che il Parlamento, che per conto dei cittadini-contribuenti dovrà approvare la legge di Stabilità, non debba ricevere alcuna informazione precisa sull'utilizzo di questi fondi? E' solo la deformazione professionale dell'imprenditore che mi porta a stupirmi della scarsa trasparenza?
Eppure proprio in un tempo di ristrettezze finanziarie per le casse dello Stato e, soprattutto, di grave crisi economica per le famiglie, ritengo che il Governo abbia il dovere di offrire la massima trasparenza possibile sulle scelte di spesa pubblica. Non basta affermare in un articolo del ddl Stabilità che l'Agenzia delle Entrate necessità di un "contributivo integrativo alle spese di funzionamento" perché il Parlamento possa accordare una spesa di centinaia di milioni di euro.
La vicenda è oltremodo intorbidita dal fatto che la prima bozza del ddl Stabilità prevedesse che i 100 milioni in più previsti dal comma 13 fossero dedicati alla "lotta all'evasione", mentre la versione attuale parla genericamente di "spese di funzionamento". Per non parlare del fatto che nella bozza informale le risorse previste per la riforma del catasto fossero 230 milioni in tre anni, per poi diventare 270 spalmati su sei anni. E' lecito pretendere che il Governo motivi queste modifiche, con dovizia di particolari? Va peraltro sottolineato che per la riforma del catasto il Governo sta chiedendo subito i fondi, ma senza poter offrire garanzie sui tempi e sulle modalità della riforma stessa (il Parlamento approverà in tempi relativamente rapidi la delega fiscale, ma toccherà poi all'esecutivo tradurla in un decreto legislativo).
A pensar male si fa peccato ma spesso ci si azzecca, usava dire uno che ha frequentato le aule parlamentari prima di me. Per essere credibile nella lotta all'evasione, lo Stato italiano deve impostare il rapporto con i contribuenti sulla base della reciproca fiducia e lealtà: spiegare come vengono usate le risorse dell'amministrazione fiscale, provando altresì a renderla snella e parsimoniosa, è un primo imprescindibile passo. Nel caso dei commi 13 e 14 del ddl Stabilità, in assenza di spiegazioni esaustive, presenterò degli emendamenti abrogativi delle due previsioni di spesa e chiederò a tanti miei colleghi parlamentari, quelli del mio gruppo e non solo, di associarsi a questa battaglia di trasparenza ed efficienza.