Padania

Nel bel mezzo della crociata contro l’invasione del suolo italico, da parte di qualche barcona di poveri disperati in giro per il Mediterraneo, domenica 1 luglio si riunisce a Pontida il circo dei razzisti leghisti, in occasione del tradizionale raduno della Lega Nord. Quest’anno la chiamano la festa del “buonsenso al governo” e sarà zeppa di vecchi militanti, litri di birra, osservatori internazionali e centinaia di nuovi leghisti meridionali, probabilmente ansiosi di ricevere il battesimo di fuoco sul verde prato bergamasco, sicuramente dotati di qualche striscione tipo “Castellammare per Salvini” oppure “Prima gli italiani. Lega Palermo”.

È ormai un dato di fatto che centinaia di amministratori e giovani meridionali siano divenuti fieri esponenti del Carroccio. “Nuovi capi hanno facce serene e cravatte intonate alle camicie” per dirla alla De Gregori. La normalizzazione della Lega al Sud, insieme alla criminalizzazione dell’immigrazione come arma di distrazione di massa, è indubbiamente il capolavoro politico di Salvini. Un risultato raggiunto con una campagna di sofisticazione e populismo martellante, con una narrazione che ha sostituito la realtà e le vere questioni cruciali per il Mezzogiorno.

Ma non è tutto qui. C’è dell’altro. In tempi complessi, è forte e doverosa la necessità di ricordare la verità delle cose. Non farlo non solo ci renderebbe complici, ma contribuirebbe a non cogliere l’aspetto forse peggiore di questa storia. Nel Sud Italia, il successo della destra razzista ed etnonazionalista è un mix: marketing politico e populismo, come detto; smemoraggine, com’è evidente, ma anche ignoranza e opportunismo.

Oltre al tripudio grottesco della memoria perduta, di chi ha dimenticato, o fa finta di averlo fatto, che tempo fa il copione della recita era “prima il Nord” e i meridionali erano nel migliore dei casi dei fannulloni da rieducare, assistiamo a un irrazionale abbandono della verità. Lo sfogo delle frustrazioni più intime nell’odio e avversione verso i più deboli è talmente potente da cancellare del tutto i problemi davvero urgenti: i servizi pubblici scadenti, un piano di sviluppo industriale sostenibile, la rivitalizzazione delle aree interne, la criminalità organizzata e l’emigrazione dei giovani più qualificati.

E, infine, il peggio lo offre quella schiera di amministratori e attivisti locali ex centrodestra che hanno deciso di ricollocarsi, intravedendo medagliette, prebende e carriere facili. L’ennesima puntata del trasformismo nostrano, fascistello in questo caso, di un opportunismo che non solo sacrifica coerenza e dignità politica, ma anche umanità, identità e memoria. Tutto questo avviene alla luce del sole, in scioltezza.

Chissà se qualcuno di questi si è almeno accorto che il sito della Lega continua a essere quello della Lega Nord; che, ancora oggi, le iscrizioni al partito sono ufficialmente aperte fino all’Umbria e che il colore del cuore è ancora il verde. Chissà se ricorderanno che i loro nonni e zii erano gli africani degli anni cinquanta e sessanta.

Chissà se questi meridionali a Pontida proveranno almeno un po’ di disagio. Ovviamente non sarebbe il conto appropriato delle loro azioni, perché quello lo pagheremo tutti fra qualche tempo. Ma sarebbe di certo un buon inizio.