Sahara libro

Che la Libia interessi geopoliticamente all’Europa e, in particolare, all’Italia è chiaro. Dopo un G7 in tono minore, fra le poche dichiarazioni con le quali Merkel ha cercato di far ripartire un’Europa che non può più far affidamento sull’America causa Trump, c’è proprio la stabilizzazione della Libia e il rilancio della difesa comune europea.

Dall’attentatore di Manchester, Salman Abedi, alle rotte dei traffici di droga e essere umani che investono, in modo particolare, proprio l’Italia, la Libia è protagonista di una delle più grandi crisi geopolitiche che la storia ricordi. “Sahara, deserto di mafie e jihad - Come narcos, separatisti e Califfi minacciano il Mediterraneo” (Castelvecchi Editore, p.192), dei giornalisti Alessio Postiglione e Massimiliano Boccolini, arriva dunque al momento giusto, perché cerca di spiegare uno spicchio di deserto, che dalla Libia si spinge fino al Mali, al Sahel e al Golfo di Guinea, strategico per il futuro del Mediterraneo, con un approccio giornalistico, ma anche sociologico: una geopolitica del terrore.

I due autori, infatti, rivelano quali siano le dinamiche economiche che hanno costituito un pericoloso asse “narcojihadista”, con Califfi e fondamentalisti a fare affari con boss di Cosa Nostra o sudamericani. Le varie articolazioni di al Qaida o dell’Isis sono veri e propri terminali di un network planetario mafioso. Il libro, in modo particolare, svela - anche attraverso una esclusiva intervista al Procuratore nazionale antimafia Franco Roberti - quali siano le connessione con le mafie internazionali, Italia compresa, a partire da camorra e ‘ndrangheta, sottoscrittori occulti, forse, di un nuovo “lodo Moro”.

Ma il libro non pecca di determinismo economico. “Per il petrolio uccidi, ma ti uccidi per una idea”. Se le élite mafiose fanno affari - e quelli che oggi sventolano la bandiera nera del Califfo fino a pochi anni fa agitavano il “Libro verde” di Gheddafi o di altre utopie marxiste-terzomondiste, notano gli autori - la manovalanza crede realmente in questa visione distorta, assassina e messianica della religione. Per questo risulta particolarmente affascinante l’analisi, da parte di Boccolini e Postiglione, del perché una certa versione distorta dell’Islam sia uguale al populismo che affligge l’Occidente.

Postiglione, infatti, è ricercatore allo European University Institute di Firenze, e autore di pubblicazioni sul populismo, e Boccolini è uno studioso di Islam. Il populismo è dunque - sostengono gli autori - nel background “comunitarista” dell’integralismo, che gli jihadisti condividono con il movimento völkisch dei nazisti o il sorelismo dei socialcomunisti. Jihadisti e populisti di destra e di sinistra sono essenzialmente illiberali, odiano l’America e il capitalismo, sognano una società organica dove l’individuo non esista ma sia assorbito dai virtuosi legami comunitari della “gemeinschaft”, secondo un’analisi sociologica che va da Ibn Khaldun a Ferdinand Tonnies. Per questo, mafie ma anche cellule eversive di estrema destra e di estrema sinistra possono colludere contro il comune nemico: il “satana capitalistico amerikano”. Il libro, infatti, ricostruisce pure un legame poco noto: quello fra eversione nera e jihadisti, oltre ai più noti contatti fra sedicenti marxisti e tagliagole, dal Venezuela al Fronte Polisario.

Il capitalismo liberale, che porta individualismo e liberalismo, è percepito, infatti, dai comunitaristi, come una “malattia esogena”, rispetto alle virtuose comunità tradizionali precapitalistiche; caratterizzate da un’ "età dell’oro" che jihadisti e populisti vogliono resuscitare in nome dei “valori” spazzati via dalla molle società consumistica. E che questa affinità sia non solo elettiva ma elettorale è dimostrato dagli autori che citano Dabiq, l’house organ dell’Isis, che apertamente punta a polarizzare lo scontro con l’Occidente, favorendo l’ascesa dei partiti populisti in Europa, seminando terrore e morte. Più che scontro di civiltà, l’incontro degli incivili: populisti e jihadisti, così lontani, così vicini.