grillocircomassimo

La dinamica e la retorica "governo del popolo e popolo al governo" comporta delicate strategie di sintesi. Amministrare, dirigere un Paese, infatti, è più complicato che sobillarlo dall’opposizione. Istituzioni terze, vincoli comunitari, autorità indipendenti, organi di garanzia e l’operatività di una Carta Costituzionale lunga, rigida e programmatica limitano l’azione indisturbata dei politici eletti, imbrigliano in fondo la stessa sovranità.

Ed è proprio questo il merito del pensiero liberale e del costituzionalismo moderno: l’aver posto a severa critica il mito della sovranità, anche di quella popolare, ponendo l’accento sulla tutela delle minoranze e sulla salvaguardia primaria – contro il Potere – della minoranza più significativa: il Singolo.

È ovvio, né Di Maio, né Salvini intendono contestare direttamente questo orientamento. I due Vice premier “al comando” conoscono i rischi di un atteggiamento eversivo diretto a svincolare il proprio potere dalle regole dello Stato di diritto e, così, si limitano a comportamenti, dichiarazioni, reazioni che surrettiziamente - e nel rispetto solo formalistico dei ruoli - sgretolano lentamente gli approdi ideali post bellici del nostro “Stare insieme” al fine di lucrare ancora più consenso facile, “di pancia”.

Ed ecco l’invito a candidarsi rivolto al presidente dell’INPS, come unica legittimazione al diritto di critica; ecco un Ministero per la democrazia diretta, cioè plebiscitaria; ecco un rinnovato sovranismo italico fondato su un variegato e variopinto assemblearismo verticale che riconosce al leader – “uno di noi” - la capacità mistica di riassumere la "volontà del popolo", rappresentato come un’unità indistinta. 

Per il momento – occorre sottolinearlo - sono solo aspetti, tic, fonti prepolitiche, ammiccamenti ridanciani e truci alle masse. E anzi, a ben vedere, l’assenza di serie iniziative ufficiali del Governo e della maggioranza in tema di modifiche costituzionali – inazione rivendicata come ossequio alle priorità sociali ed economiche di un paese fiaccato dalla lunga crisi - dimostra come “gli attori del cambiamento” abbiano appreso dagli errori del passato, soprattutto dalla batosta subita dal PD renziano che, al contrario, fondò la propria azione politica sul “riformismo costituzionale” rappresentato come necessario e propedeutico a più tangibili e concreti interventi, quale, ad esempio, quello teso a riportare le politiche sanitarie e la tutela della salute nell’ambito legislativo statale per realizzare quella uniformità sostanziale della performance e dei servizi che è al momento impossibile per la regionalizzazione del SSN e per il dettato dell’art. 117 della Costituzione.

Tale complessa strategia, è cosa nota, è stata sconfitta nelle urne da un popolo innervosito non dalla personalizzazione – che oggi come ieri piace, eccome – ma dai ragionamenti per grandi temi e di lungo periodo (quello irrilevante anche per Keynes, perché “saremo tutti morti”).
La studiata e pervicace attenzione dei demagoghi al potere per i problemi più visibili ed immediati, quindi, non deve ingannare più di tanto e va svelato il quadro ideologico di fondo.

L’ispirazione politica leghista e grillina, infatti, è profondamente illiberale e molto simile alle esperienze “orientali” della Repubblica magiara, del Cesaropapismo di Putin, del Neosultanato di Erdogan, del riflesso anti occidentale – e quindi non democratico nel senso di Whitman – del Trump “paradosso” del Partito Repubblicano.

E proprio per questo, nelle occasioni topiche del riassumersi “in piazza”, nell’esigenza di brandire le proprie ragioni per motivare il proprio esserci, tale ispirazione e istinto deve poter emergere a livello apicale. In questo hanno ragione quei commentatori - soprattutto esteri - che non hanno cessato di considerare Beppe Grillo (sempre influenzato dalla distopia autoritaria di Casaleggio padre) il vero Capo del Movimento 5 stelle. E va sottolineato, inoltre, come anche dietro il minimalismo pragmatico di Salvini – mediaticamente vicino ai territori periferici e dimenticati - si muova e trovi sfogo la fascinazione ideologica per le espressioni europee e mondiali di una "neodestra" radicale sempre più simile alla Rivoluzione Conservatrice di inizio Secolo scorso, tutta identità e sicurezza e nella quale l’ethnos prevale sempre sull’ethos ridotto alla soddisfazione di interessi e al culto del filo spinato.

Per tutto questo, il Grillo del Circo Massimo che nel corso dell’iniziativa "Italia 5 Stelle" se la prende con il Presidente della Repubblica perché non legittimato dal consenso popolare e, nonostante ciò, con troppi poteri: dalla presidenza del CSM, al ruolo di Capo delle forze armate, non va declassato a barzellettiere e provocatore ma rappresenta il punto d’attacco di una precisa scelta politica al momento sotto traccia, un progetto che ha del rivoluzionario.

E siamo molto lontani dalla tradizionale istanza della Destra italiana diretta ad ottenere l’elezione popolare del Capo dello Stato, qui ci inoltriamo in un territorio ben più radicale che mira all’abolizione dell’Istituzione e nel quale il valore del Popolo/Potere deve poter oscurare e cassare ogni freno e limite alla sua manifestazione immediata. Per questo sono solo i “cittadini” sottoposti al mandato imperativo del Movimento e ridotti a semplici “porta voce” ad essere riconosciuti come legittime espressioni della democrazia rappresentativa. Ed è il Capo popolo - con la sua facile e fulminea traduzione del volere dei più, passato attraverso i filtri grossolani e sostituibili del consenso web - a prevalere sulle forme stantie di una Costituzione che pone Pesi e Contrappesi.

Per ora, lo abbiamo visto, i politici governativi stanno dietro a Grillo nel Circo Massimo, si limitano ad applaudire e a sorridere della manina, cedono allo sberleffo interno, alla presa in giro benevola di quel Cittadino che vale uno più degli altri. Per ora, va chiarito, perché presto il meccanismo di traduzione non potrà che esprimersi – così come è accaduto nel recente passato - attraverso più solerti interpreti, più ispirati ed eccitati allievi. 

E, forse, l’esempio più inquietante di tale processo in atto è proprio il “povero” ministro Toninelli, l’allucinato e allampanato prodotto degli spettacoli teatrali di Grillo. Spettacoli nel corso dei quali – ad esempio e tra l’altro - tanti sono stati “inquinati” dalla retorica della decrescita felice (propagandata da un milionario yachter) e del No a prescindere agli investimenti produttivi. Politici/Prodotti di tal fatta non possono che sugellare con il loro operato – così come è avvenuto – il blocco totale delle opere più sensibili, in spregio a posti di lavoro perduti, a finanziamenti stanziati, ad appalti in essere.

È proprio così che la dinamica "governo del popolo e popolo al governo" ha trovato e rinnova nei diversi campi la sua sintesi e la sua formidabile maschera. E a Sinistra cosa accade? Non intendo nel Pd ma proprio a Sinistra, presso quell’estrema che a tutto questo dovrebbe opporre il più radicale niet? Beh, davvero lo spread tra Italia e Germania non è solo quello dei titoli di Stato.

Mentre i tedeschi fanno volare i Verdi - schierati su una linea nettamente europeista, liberal-democratica, favorevole all'integrazione, antifascista senza essere di estrema sinistra, moderata nella rappresentazione di un'alternativa di governo credibile come antidoto alla demagogia dei populisti - l’ultima tragica e conflittuale esperienza del marxismo italico si chiama proprio "Potere al Popolo", come se davvero di questo potere sovrano, illimitato ed escludente, avesse bisogno una Comunità complessa, plurale ed articolata nelle sue naturali e feconde diversità e non, meglio, di libertà, compromesso nobile, Diritto, partecipazione e, perché no, felicità non misurabile!

Ma tutto questo, però, è Occidente, America, Europa, Bob Kennedy: la sua felicità fuori dal Pil e il suo martirio di 50 anni fa. Tutta un’altra Storia fuori dal Circo Massimo, una Storia per ora sconfitta, senz’altro in Italia.