Con Siena non sbagli mai, ho sempre pensato. Se c'è una città italiana dove accompagnare amici stranieri in visita nel Bel Paese o dove trascorrere un fine settimana gaudente, quella è Siena.

È un paradigma straordinario della nazione, un coacervo di vizi e virtù al massimo livello: l'universalità della dimensione cittadina, il particolarismo feroce delle Contrade, l'architettura decadente, la gastronomia gaudente, la natura ammaliante. Siena è un simbolo dell'Italia del troppo e del troppo poco. Bellissima da vedere, difficilissima da capire nel profondo.

Allegranti cover

Il fuoco della crisi finanziaria ed economica iniziata nel 2008 non ha risparmiato la città, come spiega molto bene David Allegranti nel suo recente "Siena brucia" (Edizioni Laterza, 2015). Allegranti racconta, con nomi e particolari, la vita quotidiana del capitalismo municipale senese, con la politica che controllava una banca e quella banca che drogava di liquidità un sistema economico, culturale, scientifico e sportivo altrimenti incapace di reggersi sulle proprie gambe.

Anzi, un sistema che non ha minimamente retto quando i soldi sono finiti: addio Serie A di calcio, addio fasti del basket, addio opulenza dell'Università, addio elargizioni "mecenatesce" a mostre, musei e tornei di tennis. "Una mano non si negava a nessuno", scrive Allegranti.

Addio anche ai centri di ricerca che non facevano ricerca. A inizio 2015 è fallita la Siena Biotech, la società di ricerca biomedica fondata nel 2000 in una sede da diecimila metri quadri e che un tempo aveva 150 dipendenti:

Finché c'erano i soldi, ha ricevuto 160 milioni di euro dalla Fondazione Mps, in media 10 milioni all'anno. Nel 2013, non potendo più contare su quei denari, sperava di avere l'aiuto della Regione per 3 milioni di euro, mai arrivati. Nella logica del socialismo municipale, ciò che la Fondazione a guida politico-finanziaria non poteva più fare, lo avrebbe dovuto svolgere un altro ente istituzionale: la Toscana. "La Siena Biotech – mi dice Paolo Neri, Priore del Nicchio, nipote di Achille Sclavo, e ordinario di biotecnologie a Siena – è un classico prodotto del cosiddetto 'groviglio armonioso'. Nata senza disporre di un brevetto veramente originale, di una tecnologia proprietaria o del controllo riconosciuto di un segmento di mercato, ha avuto soprattutto funzioni d'immagine, grazie a una disponibilità, praticamente illimitata, di danaro, che, al momento in cui il sistema Siena è entrato in crisi, ne ha decretato un rapido stato di coma.

Tra le crepe profonde del sistema MPS, Allegranti dedica giustamente molto spazio all'azzardo dell'acquisizione della Banca Antonveneta.

Non pareva vero, alla classe dirigente senese, poter vantarsi di aver comprato la Ferrari per esibirla con la compagnia di giro. "Non abbiamo pagato un prezzo caro per Antonveneta", diceva Mussari. "Siamo una banca sana e pensiamo di fare di Antonveneta una storia di successo. Secondo noi Antonveneta potrà arrivare a 700 milioni di euro di utile".

Esultarono tutti per la scelta di Mussari, comunque, non solo a Siena e non solo i politici. Tutti i grandi protagonisti del capitalismo bancocentrico italiano si spellarono le mani, evidentemente assuefatti all'idea che le operazioni di una banca parapubblica come MPS non avessero bisogno di due diligence particolari.

E ora? Che ne sarà di Siena? Nel caso della città toscana e del suo groviglio di interessi politici ed economici, la rottamazione renziana ha assunto la forma di una astensione, un "non possumus" dietro cui il nuovo segretario del PD si è trincerato rispetto a chi gli chiedeva un impegno, un intervento. Forse è proprio meglio così.

Dal luglio 2015 il Ministero dell'Economia entrerà nell'azionariato del MontePaschi, come effetto del contratto sui Monti bond emessi dalla banca senese ed acquistati da Via XX Settembre. Il MEF diverrà il primo azionista con circa il 10 per cento (anche se poi un successivo aumento di capitale diluirà la quota) e la banca entrerà in una nuova fase della sua storia. Il futuro del MPS continua ad essere nelle mani della politica, ma non più della politica comunale e contradaiola.

L'intervento statale sarà provvisorio, come tutti sperano e promettono, o durerà a lungo? Ci sarà il consolidamento della banca con altri istituti di credito privati, come caldeggiato dalla BCE? Leggendo il libro di Allegranti, che consigliamo a tutti i lettori di Strade, sorge anche un'altra domanda: riuscirà l'Italia a non essere una grande Siena?