logo editorialeCi sono sacche di resistenza e conservazione nell'attuale Partito Democratico che ricordano il centrosinistra del 2006-2008, quello che andò al governo con Romano Prodi. L'illusione della redistribuzione come fonte di ricchezza portò l'Unione prodiana a smantellare la riforma previdenziale Maroni, aggravò la spesa pubblica sperperando i fantomatici "tesoretti" e aumentò l'Irpef. Erano anni quieti per l'economia italiana, con una mini-ripresa che nascondeva le mille storture di una maggioranza politica frammentata e priva di una visione coerente per il futuro. Ci si baloccava con la lotta al precariato, in nome del posto fisso, e con strampalati slogan anti-ricchezza lanciati a gran voce dalla nutrita componente di Rifondazione Comunista e dei Comunisti Italiani.

Quel che è successo dopo è noto: la più grande crisi finanziaria internazionale dal dopoguerra ha trovato l'Italia – nel frattempo governato inadeguatamente dal centrodestra – debole e impreparata. I lavori precari sono diventati un miraggio per i nuovi innumerevoli disoccupati, dai tesoretti siamo passati alle voragini di bilancio create dal crollo del prodotto interno lordo e dall'aumento vortiginoso degli interessi sul debito pubblico.

A nemmeno tre anni dalla grande paura del default, può il governo allentare il rigore finanziario, aprire buchi nella dolorosa ma salvifica riforma previdenziale Fornero e decretare – richiamando il primato della politica sulla tecnica – che l'Italia non ha bisogno della competenza di Carlo Cottarelli e dei suoi collaboratori per ridurre la spesa pubblica? Certo che può, così come il governo argentino ha potuto trascinare il paese sudamericano al secondo default in dodici anni. Ripetere gli errori del passato è un esercizio facilissimo. Più complicato, ma enormemente più serio, è provare a imparare dagli errori e a non ripeterli.

L'attuale maggioranza parlamentare è ad oggi l'unica possibile, a meno che non si voglia coinvolgere direttamente Berlusconi nel governo. Fino all'approvazione definitiva della riforma costituzionale, il voto anticipato decreterebbe il pareggio elettorale. La cosa migliore da fare, per l'Italia, è che Matteo Renzi e la compagine politica che lo sostiene decidano di governare con realismo e responsabilità: il realismo di chi sa che i miracoli non esistono (e nemmeno le riforme-una-al-mese) e la responsabilità di chi sceglie di dire agli italiani la verità, non ciò che troppi italiani vorrebbero sentirsi dire.

E' iniquo regalare a 4mila insegnanti l'accesso al pensionamento in deroga alle regole Fornero, mentre milioni di loro coetanei dovranno restare al lavoro. Il grido di dolore di costoro lo sente solo il deputato Francesco Boccia: noi altri udiamo il grido di dolore dei disoccupati, non quello dei dipendenti pubblici che dovranno restare qualche anno in più al lavoro, come tutti gli altri. E non è vero – come ha sostenuto sempre Boccia - che la sostituzione dei 4mila insegnanti con altrettanti giovani è un modo di creare lavoro alternativo all'abbattimento delle tasse sul lavoro. Se concedo pensioni pubbliche anticipate e nel frattempo assumo nuovi lavoratori, la spesa complessiva aumenta e qualcuno dovrà pagarla. Chi? Le imprese private, che faranno ancora più fatica ad investire e ad assumere.

Bisogna sventare il rischio che l'assalto alla diligenza diventi pratica ordinaria: oggi per gli insegnanti che vogliono la pensione anticipata, domani (è già in programma) lo smantellamento della liberalizzazione degli orari dei negozi, dopodomani chissà cosa. I veri nemici per il governo Renzi sono questi zombie dell'Unione prodiana: se prevalgono loro, l'Italia non avrà una seconda chance di ripresa.

AAA Cercasi fronte politico "pro Cottarelli", in questa maggioranza e in questa legislatura.