Leopolda Firenze

Al contrario di quel che pensa Roberto Saviano, il problema di Maria Elena Boschi (e di Matteo Renzi) non è il conflitto di interessi tra il suo incarico di ministro e il piano di salvataggio di una banca che ha avuto suo padre tra gli amministratori.

Maria Elena Boschi ha dimostrato una tenuta invidiabile nei mesi difficili della discussione e dell'approvazione parlamentare delle riforme costituzionali ed elettorali. Continuerà a fare il ministro delle riforme e sarà ancora l'alleata più importante di Matteo Renzi. Il vero problema che oggi la Boschi affronta è quello di non essere più, nemmeno simbolicamente, una rappresentante degli outsider contro gli insider, di chi vuol affermarsi e competere nel lavoro e nella società contro chi detiene e difende le proprie rendite di posizione. Nell'immaginario pubblico, da oggi Maria Elena non è più quella ragazza semplice che andò un giorno a parlare alla Leopolda e convinse Matteo della sua bravura. È una donna di potere.

Forse proprio questo, se ci pensiamo, decreta ormai l'esaurimento della funzione politica della Leopolda, che pure è stata enorme e benefica. La rappresentanza degli outsider, degli esclusi, di chi vuol competere ad armi pari con il proprio merito, la rivendicazione dell'ascensore sociale come motore della crescita e della vitalità di una società, oggi tornano politicamente "contendibili" e contesi, perché la stazione di Firenze è oggi il ritrovo del governo e del potere, non più l'adunata di chi vuol spalancare le porte della Bastiglia e rottamare l'antico regime.

La ritrovata contendibilità della rappresentanza dell'ascensore sociale, dell'innovazione e del miglioramento è un bene per l'Italia e per il suo sistema politico. Ma c'è anche un rischio enorme: le grandi forze politiche di opposizione, il M5S e la coalizione Le Pen Lega-FI-FdI, offrono soluzioni nichiliste e protezioniste più simili a quelle di Chavez che alle migliori tradizioni liberaldemocratiche occidentali. E quelle soluzioni, in un'Italia fiaccata da una crisi economica pluriennale e da una sfiducia radicata nelle istituzioni, appaiono oggi quanto mai attraenti per tantissimi elettori, anche per molti delusi del primo renzismo.

Nel 2016, ci sarà il referendum confermativo della "Riforma Boschi", la riforma costituzionale alla quale il ministro ha dato il nome. Sarà il tornante più importante della storia politica di Matteo Renzi: se perde, il suo ciclo è finito; se vince, sarà presumibilmente premier per ancora molti anni. In Parlamento Renzi può cavarsela con i voti di qualche partitino zombie, ma nel Paese il sostegno di Alfano, Verdini e compagnia non sarà sufficiente a vincere quel referendum.

Nel giorno in cui cala il sipario sulla sesta edizione della Leopolda, ma anche della Leopolda come evento politicamente determinante, si riapre la partita della politica e torna pesantemente in campo il tema della rappresentanza (generazionale ma non solo) degli outsider, delle partite IVA vere e finte, delle piccole imprese, dei risparmiatori: i figli di nessuno da non lasciare nelle mani del populismo e del nichilismo.