paleolitico

Le cronache degli ultimi giorni hanno visto un succedersi di annunci in merito ai possibili modi per contrastare la diffusione di false notizie: Facebook consentirà di segnalarle, qualcuno ha proposto un’authority dedicata, un rilevante esponente politico ha fatto riferimento a una giuria popolare. Non pochi i commenti e i dibattiti, l’argomento è complesso, tanto che per comprendere le ragioni per cui il nostro tempo si è ritrovato invaso di fake news occorrerebbe, a mio avviso, combinare gli effetti di fenomeni diversi e distanti nel tempo: la specializzazione della conoscenza, l’educazione di massa, la nascita di Internet.

Non sarebbe sufficiente questo articolo per spiegare la genesi storica dei fenomeni e il loro impatto, motivo per cui darò per assodati i primi due e proverò rapidamente a spiegare l’effetto di internet sulla diffusione della stupidità. Più che una tesi, questo articolo proverà a offrire un paragone per lavorare, per analogie, alla ricerca di soluzioni. Farò riferimento a mie precedenti considerazioni per dare un quadro più completo possibile degli argomenti.

L’attuale vantaggio delle fake news e delle fuffe complottare sulla conoscenza valida è dato a mio avviso da tre principi.

- Principio della pesca: per ogni idea stupida ci sarà sempre un gruppo di persone pronto a sostenerla; questo perché il numero di persone è enorme rispetto alle idee e, in secondo luogo, le nostre strutture cognitive sono abbastanza standard da portarci a pensare tutti cose piuttosto simili tra loro.

- Principio di economia: produrre stronzate è molto più economico che smontarle (e qui spiego perché).

- Principio della dispersione: l’enorme specializzazione della conoscenza rende difficile che un esperto trovi e convinca un complottista (e che dei complottisti trovino a loro volta i libri autorevoli).

Questi principi sarebbero stati validi anche prima dell’avvento di Internet, ma la Rete ne ha amplificato esponenzialmente gli effetti. Questo principalmente per due ragioni: il costo zero di pubblicazione-diffusione, e per la mancanza di censura sociale. Si pensi alla differenza rispetto a solo trent’anni fa: un’idea per essere diffusa richiedeva di raggiungere un mezzo di informazione – e veniva filtrata alla fonte.

Muoversi fuori dai canali ufficiali richiedeva una stamperia clandestina, una casa editrice scaltra ("dammi 5000 euro per il tuo libro rivoluzionario!") oppure si facevano dei volantini da fotocopiare. E distribuire, vedendo davanti a sé lo schifo e l’incredulità di migliaia di persone comuni che, ricevendo in mano un volantino con scritto “come l’omeopatia cura il cancro”, avrebbero probabilmente insultato il suo distributore. Ciò sarebbe avvenuto con maggiore rapidità rispetto alla scoperta di un potenziale seguace.

La statistica della distribuzione fisica è implacabile: la maggioranza delle persone verso la scienza ha mantenuto per anni una visione conformista e vicina all’autorità; tale conformismo aveva come effetto il fatto che i libri che mettevano in discussione l’esistenza dell’AIDS, o descrivevano complotti rettiliani, erano confinati in scaffali nascosti, tipo porno. Finché c’era una posizione ufficiale, e la posizione minoritaria non era in grado di costruirsi sufficiente consenso, vinceva il conformismo (leggete gli esperimenti di Stanley Milgram e Solomon Asch per capirne la forza).

La statistica della Rete è purtroppo “dormiente”: il blog di complotti non viene trovato che da complottisti, né, spesso, sono offerti spazi per commenti e censura sociale. Migliaia di blog sono stati dormienti per anni, ma il loro numero di seguaci cresceva costantemente. Nel frattempo, cambiava qualcosa di rilevante nel nostro stile di vita.

Siamo consapevoli che la fiducia nelle autorità è legata al benessere percepito: se questo diminuisce, la ricerca di responsabili immediati investe tutte le autorità. Quindi non solo si è allentato il conformismo verso la scienza, si è addirittura pensato di combattere il sistema “neoliberista” attraverso la controinformazione. Ma se Indymedia poteva offrire notizie da punti di vista non ufficiali, beppegrillo.it, oltre alle notizie, ha iniziato a rileggere la scienza stessa, parlando di vaccini e autismo, scie chimiche, terremoti indotti. Ha saputo raccogliere sistematicamente i gruppuscoli di complottari pre-esistenti, amplificando le loro idee, ha sdoganato le stronzate e le ha rese credibili perché fortemente condivise e rilanciate.

Una società in decadenza e rancorosa scopre le alternative alle verità ufficiali e le sostiene. Improvvisamente, non ci si può più fidare dei giornalisti, al soldo dei padroni, delle authorities vendute, degli scienziati – a libro paga delle lobbies. Figuriamoci dei politici! Per ogni articolo di quotidiano ci sono decine di blog che sono pronti a dire il contrario, Twitter e Facebook ci hanno aiutato a diffondere la contro-informazione a costo zero, qui spiego un po’ in che modo.

La difficoltà di alcuni argomenti, il tempo richiesto per farsi un’expertise, portano a "regole del pollice" decisamente rozze per scegliere l’attendibilità di una notizia: è verosimile? Mi fido di chi la dice?

Risultato di queste euristiche? Come in una società tribale, ci si appoggia alla propria tribù di riferimento, con i social network che amplificano l’effetto "bolla". Non potendo capire le argomentazioni altrui, cresce la sfiducia nel pensiero diverso dal proprio e in chi lo difende. Non esistono autorità terze a cui rivolgersi: dove le trovo? Su Google per lo stesso argomento potrebbe aver successo tanto il sito scientificamente corretto quanto quello complottaro, perché in fondo il secondo vive su una specie di schema Ponzi: la validità è stata misurata dalla diffusione.

Questo è il paragone che ho in mente: ci troviamo oggi nello “stato di natura” della conoscenza; homo homini lupus (o troll, per aggiornarci). Siamo orizzontali, il mio tweet può valere quanto quello di un Nobel dell’economia, soprattutto se passo più tempo di lui a crearmi relazioni in Twitter. E passiamo le giornate a litigare senza che si arrivi a un punto di vista condiviso, senza che ci si possa appellare a qualche autorità neutrale. Nell’idea hobbesiana, lo Stato ci ha imposto di non ucciderci a vicenda; nel campo della conoscenza non può esistere un equivalente, perché la libertà di pensiero è garantita dalla stessa democrazia. Né è preferibile che sorga un’Autorità della Verità (orwelliana), o possiamo ambire a soluzioni definitive: possiamo al più arginare, e sperare che una catastrofe come l’attuale divenga un problema cronico.

Ma allora come si esce dallo "stato di natura" senza la legge e senza la coercizione del Leviatano che la faccia rispettare? Posta così la domanda, mi pare sia in grado di esprimere tutta la difficoltà in cui ci troviamo. Al contempo, penso che, trovando una risposta, sapremo intravvedere una soluzione all’epidemia di idiozia che ci attraversa.