Krajewski grande

A parte la solita canaglia (s)fascista, pronta ad attaccare – dal basso di un identitarismo da operetta – ogni gesto inteso “per gli stranieri”, come se, per altro, tra le 500 persone dello stabile romano “illuminate” qualche giorno addietro dal Cardinale polacco non ci fossero anche tante famiglie italiane, così declassate – dalla narrazione sovranista – a diverse e apolidi solo perché povere; a parte tutto questo, dicevamo, sulla vicenda dell’intervento “illegale” dell’elemosiniere del Papa si sono espresse criticamente anche alcune voci liberali che hanno riportato in auge alcuni classici argomenti anticlericali e laicisti contro lo “Stato Vaticano”.

Si è parlato, infatti, - penso a Massimo Teodori – dell’ ingerenza di un’entità straniera, la quale si è intromessa negli affari interni italiani, superando, con i suoi uomini, i sacri confini di Patria. Ma è proprio cosi? L’Elemosineria Apostolica, in realtà, è un Ufficio della Santa Sede e non della Città del Vaticano e la Santa Sede è il supremo organo di governo della Chiesa Cattolica: non è uno Stato, è un Ente di personalità giuridica di diritto internazionale.

È un’entità superiore e distinta dalla Città del Vaticano, perché la sua sovranità è universale e rappresenta l’intera Chiesa Cattolica, compresa quella italiana ed anche in Italia, quindi, esercita la sua giurisdizione, il suo Ordine, la sua Sovranità - distinta e separata da quella dello Stato italiano - così come sancisce l’articolo 7 della Costituzione Repubblicana.

Nessuna intromissione, quindi, ma un diverso “Ordine” di intervento negli affari tipici della propria missione spirituale in Italia … e tante e documentate, in effetti, sono state le “ingerenze” annuali della Elemosineria a favore delle famiglie italiane povere, e ciò fino all’anno in corso e non più per l’avvenire posto che, dopo la recente introduzione del “reddito di cittadinanza”, come è noto, la povertà è stata abolita per legge nel Bel Paese, rendendo superfluo ogni altro provvedimento.

Altri liberali – penso a Loris Zanatta – hanno visto, invece, nel gesto ribelle del Cardinale che rimuove i sigilli l’opera del Vangelo contro la Legge, il prevalere dell’Etica sul Diritto. Ma è proprio così?

Negli stati liberal-democratici la cesura tra legittimità e legalità è, in realtà, un dato fondativo e lo iato rappresenta la distanza tra fonte ed applicazione del Diritto, tra la storia dell’Ordine costituito e precetto vigente, tra la fornace informe dell’eccezione costituente che vivifica le Istituzioni e la Norma/normalità che le fa funzionare.

La lettera della legge, infatti, è solo carta senza il consenso generale sulla sua ratio e l’applicazione è monca e insufficiente senza l’adesione al quadro assiologico di riferimento. E’ su questo difficile crinale che si gioca l’equilibrio fragile dello Stato Costituzionale moderno. Del resto, le forze anti sistema, consce della differenza che passa tra l’adesione allo spirito e alla lettera della legge, sono ben pronte ad accettare e “rispettare” le regole procedurali in vigore, ad utilizzare le forme del Sistema per conquistare il potere per poi deporlo e sostituirlo in forza di una nuova legittimazione eversiva dalla quale non può che scaturire nuova legalità.

Ora, il gesto dell’elemosiniere Krajewski che assume la forma limite e “eccezionale” della disobbedienza civile come struttura del dibattito pubblico e politico, depone o conferma il Sistema liberale? Si oppone o, invece, realizza paradossalmente – nella crisi e nello iato, appunto – la legittimità democratica e repubblicana che fonda la nostra Costituzione? È eversivo o, per quanto detto prima, vivifica il Diritto?

L’Elemosiniere a far data dal riallaccio elettrico pagherà le bollette dello stabile ed è prevista – come per le altre opere di carità papali – una raccolta fondi per affrontare il problema della morosità pregressa. Del gesto compiuto, il Cardinale risponderà civilmente e penalmente secondo le norme in vigore e ben vengano tutti quei procedimenti che possano condurre – nel dibattimento pubblico - ad una crescita culturale e spirituale del Paese!

Ed in effetti, non si tratterà solo di regolare il caso concreto, di risolvere la frattura realizzata, di ricomporre forma e sostanza ma, soprattutto, di rispondere nella complessità degli approcci a tutta una serie di quesiti dirimenti ai quali la tradizione Occidentale ed anti statalista della resistenza civile e dell’obiezione di coscienza – penso, tra gli altri, a Henry David Thoreau, a Don Milani, a Pannella e Bonino – ci ha da tempo abituati: è illegittimo prendere parte per l’emarginato consentendogli – contro legge – la sostanzialità dell’uguaglianza, la tutela della salute, il diritto a livelli minimi di sopravvivenza? E perché lo Stato, la Legge, ha permesso l’incancrenirsi di una situazione del genere? Di chi sono le responsabilità reali?

L’intervento dei pubblici poteri non è solo quello poliziesco della repressione criminale ma anche e soprattutto – in uno Stato moderno – quello dell’assistenza e del soccorso pubblico e, in tale contesto, l’intervento suppletivo della Chiesa non costituisce di certo un novum nella tradizione italiana che, proprio grazie all’azione ecclesiastica e del Terzo Settore, risparmia miliardi di euro di mancata azione diretta statuale. Si tratta, in effetti, dell’esercizio di una funzione pubblica – non statale, appunto – che realizza pienamente il dettato costituzionale e concreta quella sussidiarietà orizzontale dell’intervento e del sostegno che è espressione massima del libero sviluppo delle formazioni sociali produttrici spontanee di diritto ed ordine.

Si tratta, quindi, di fare i conti con la propria coscienza di cittadini e non di sudditi, con la responsabilità e i doveri di Stato, con il valore scriminante dell’agire in condizioni di emergenza e di bisogno, teso all’affermazione di diritti concussi.

Sarebbe davvero opportuno e desiderabile (senz’altro all’interno del mondo liberale, democratico, cristiano e laico) l’approfondimento diffuso di tali tematiche e non la sterile riaffermazione di vecchi riflessi ottocenteschi, per concorrere all’emersione di una opinione pubblica consapevole ed attenta alle difficoltà dei deboli e al Diritto inteso in tutte le sue sfaccettature complesse e non solo compresso nelle risposte automatiche esecutive e formali, sostanzialmente ingiuste e di classe.