Malinconia e nostalgia ha suscitato in molti la morte di Leonard Nimoy, il signor Spock. Nimoy impersonava il personaggio più iconico della serie di Star Trek: le orecchie a punta, la pettinatura improbabile, il saluto vulcaniano, ma soprattutto la sua logica radicale, tollerata solo perché proveniente da un altro mondo.

Star Trek cast

Tutti conoscono Spock, ma non tutti sono consapevoli dei valori politici portati avanti dalla serie tv Star Trek, ideata nel 1964 da Gene Roddenberry e in onda dal 1966. Ne possiamo individuare almeno tre.

Il primo e più ovvio è l'ideale kennedyano. La New Frontier di JFK riecheggiava all'inizio di ogni puntata di Star Trek, con la voce di William Shatner, il capitano James T. Kirk: «Spazio, ultima frontiera. Eccovi i viaggi dell'astronave Enterprise durante la sua missione quinquennale, diretta all'esplorazione di strani nuovi mondi alla ricerca di altre forme di vita e di civiltà, fino ad arrivare là dove nessun uomo è mai giunto prima.»

La New Frontier è uno slogan politico, un'espressione che deve evocare ma non necessariamente significare. Nelle parole di John F. Kennedy c'era un doppio richiamo al New Deal di Franklin D. Roosevelt e alla "frontiera" dei pionieri. La Nuova Frontiera era un insieme di tre nuove sfide: la prosperità economica, i diritti civili e la conquista dello spazio. Live long and prosper era, non a caso, il saluto o, sarebbe meglio dire, la benedizione vulcaniana: fu lo stesso Nimoy, di origine ebraica, a scegliere un antico gesto di benedizione sacerdotale della tribù di Aronne.

Il secondo ideale è quello della fiducia nella scienza. Apparentemente strano, perché la fantascienza sembrerebbe il contrario della scienza. Errore: fantascienza, non pseudoscienza. Certo, il teletrasporto non pare proprio a portata di mano, ma quanti di noi hanno pensato a Star Trek durante una video-telefonata? In Star Trek c'è l'idea che la scienza sia buona e positiva, perché permette all'essere umano di aumentare le proprie conoscenze, di fare nuove esperienze, di "arrivare là dove nessun uomo è mai giunto prima". Non c'è paura della scienza, non ci sono "scienziati pazzi": ci sono eventualmente individui avidi, cattivi, sadici. La scienza però è al servizio della collettività, dell'umanità e delle altre (eventuali) razze dell'universo.

Il terzo e più importante ideale è il "sogno" di Martin Luther King: «Ho sognato che un giorno ogni nero di questo paese, ogni uomo di colore nel mondo intero, saranno giudicati per il loro personale valore, piuttosto che per il colore della loro pelle, e che tutti gli uomini rispetteranno la dignità della persona umana.» Il pastore battista afroamericano, non a caso, era un fan della serie e fu tra i primi a capire la portata rivoluzionaria dell'universo creato da Roddenberry. Quando Michelle Nichols, la tenente Uhura, voleva lasciare la serie dopo la prima stagione, Martin Luther King intervenne personalmente per convincerla a restare.

King aveva capito e il suo intervento si rivelò profetico quando il 22 novembre 1968 per la prima volta nella storia della tv americana un uomo bianco e una donna nera — Kirk e Uhura —si sono baciati. L'Enterprise era una nave spaziale guidata da una squadra impensabilmente mista per l'America (e non solo) dell'epoca. Anche se la leadership WASP era assicurata dal comandante Kirk, bianco del Midwest, i rapporti all'interno dell'astronave erano assolutamente paritari. Non il colore della pelle né il genere determina il grado di comando, ma le competenze, la dedizione, il merito. Ecco allora l'africana Uhura, il nippo-americano Sulu, il russo Chekov, lo scozzese Scottie e il "sudista" McCoy. Oltre il razzismo, oltre la Guerra Fredda, oltre l'oppressione maschilista.

George Takei — Sulu — sapeva cosa significava rappresentare un asiatico in posizione di leadership nell'America degli anni 1960. Buddista e figlio di immigrati giapponesi in California, da bambino aveva subito l'internamento forzato in un campo per cittadini di paesi nemici durante la Seconda Guerra Mondiale. Takei racconta inoltre quanto fu importante che la propria omosessualità fosse accolta apertamente tra i componenti del cast, grazie ancora a Gene Roddenberry, vero e proprio Martin Luther King della cultura pop. «Star Trek ci ha insegnato a guardare oltre, al tempo in cui il sogno di Martin Luther King si sarebbe avverato» dichiarava Takei all'Huffington Post un paio d'anni fa.

E in questa visione rientra il personaggio centrale del signor Spock. Non solo i vari colori dell'umanità terrestre, ma addirittura un extraterrestre, anzi un meticcio, figlio di un'umana e di un alieno. Spock non era solo il migliore amico di Kirk e il co-protagonista della serie, ma era — ed è — anche l'ingrediente che non ci fa guardare a Star Trek come a una storia datata, ma come una storia ancora da compiersi, inseguendo gli ideali della ricerca del benessere, della scienza al servizio dell'umanità e del sogno di Martin Luther King.

Sarà fantascienza, sarà fiction, ma Dio solo sa quanto abbiamo bisogno di guardare all'Ultima Frontiera di Star Trek: politica, economia, scienza e spiritualità, insieme verso il futuro.