Lo spirito di Lorena Bobbit e il sessismo a parti invertite
Terza pagina
La deputata del PD Giuditta Pini si è resa protagonista di una reazione allucinante al pronunciamento della Camera dei Deputati sul tema delle quote rosa. Ha auspicato, in un intervento su Twitter, che i colleghi parlamentari che hanno votato no alle “quote rosa” siano accompagnati “dallo spirito di Lorena Bobbit”. Il riferimento è alla donna americana che evirò il marito, in un caso che ottenne ampio spazio nella cronaca nei primi anni ’90.
Le parole della Pini sono molto gravi; sia in generale per il riferimento ad un atto violento, sia in particolare per la per lo specifico tipo di violenza – il concetto è infatti quello di colpire il “nemico” nella propria sessualità. La deputata, naturalmente, ha minimizzato il proprio tweet. “E’ stata solo una battuta ed i miei colleghi hanno dormito tranquilli”. Eppure quando ci si esprime su questioni così delicate come quelle che riguardano i rapporti tra i generi, c’è un esercizio che andrebbe fatto sempre per capire dove finisce la “battuta” e dove comincia invece il “sessismo”. Questo esercizio consiste semplicemente nel pensare come suonerebbe quello che si sta dicendo “a sessi invertiti”.
Che effetto farebbe, ad esempio, se fosse un deputato uomo ad auspicare – per scherzo, si intende – che le sue colleghe donne fossero stuprate o sfregiate per punizione, che fossero ferite nella propria femminilità e nella propria intimità? Che effetto farebbe se fosse un deputato uomo – sempre per scherzo, naturalmente – ad erigere un marito che abbia fatto del male a sua moglie a paladino di un proprio concetto di giustizia? Ci sono pochi dubbi che nessuno, tanto meno nel Partito Democratico, avrebbe il coraggio di liquidare una simile uscita come un’innocua provocazione. E ben difficilmente un partito come il PD avrebbe accettato che affermazioni così sgradevoli venissero da un proprio uomo.
Con la stessa bilancia devono essere pesate le parole della Pini; sono parole cariche di un sessismo intollerabile – che a maggior ragione non può essere condonato da un partito che negli ultimi tempi ha fatto una bandiera della battaglia contro la “violenza di genere”.
E’ legittimo chiedere pertanto al Partito Democratico se intende prendere provvedimenti contro la parlamentare sessista – e quali linee guida intende adottare per far sì che il comportamento dei propri rappresentanti istituzionali sia ispirato ad un pieno rispetto per i due sessi. Se il PD comprenderà che il sessismo sta in quello che si dice - e non nel sesso di chi parla – e si muoverà di conseguenza per condannare l’atteggiamento della Pini, allora contribuirà a far guadagnare credibilità ad un impegno genuino per l’uguaglianza di genere.