Renzi infrange i rituali di un Pitti all'insegna delle barbe
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C’è un noto paradosso secondo il quale un uomo, aguzzando la vista verso l’orizzonte, può riuscire a vedere la sua stessa nuca. Mutatis mutandis e fuor di metafora, è un po’ ciò che sta succedendo a Firenze nel dorato (e barbuto, come vedremo…) mondo del fashion, dove lo sforzo di guardare avanti gioca brutti scherzi.
Va bene che la moda deve proiettarsi al futuro, ma così in riva all’Arno si rischia di esagerare. Specie se per illustrare i progetti prossimi venturi si perdono di vista gli appuntamenti dell’immediato. Ha destato qualche perplessità e fatto storcere il naso a diversi addetti ai lavori, a questo proposito, la scelta del sindaco fiorentino Matteo Renzi e di Pitti Immagine di annunciare ufficialmente oggi – nel giorno di inaugurazione del Pitti Uomo di gennaio – l’evento “Firenze Hometown of Fashion” che si terrà nell’edizione estiva della kermesse, a giugno 2014, quando cinque noti colossi fiorentini di moda (Gucci, Pucci, Scervino, Cavalli e Ferragamo) sfileranno in altrettante piazze cittadine.
A proposito di location, poi, il neo segretario del Pd ha infranto il secondo tabù in pochi giorni: dopo aver convocato la segreteria nelle stanze del suo comitato in via Martelli anziché a Roma (o in subordine in Palazzo Vecchio, se proprio Firenze doveva essere), ieri ha fatto sì che dopo 84 edizioni di Pitti la cerimonia inaugurale della kermesse lasciasse la sua storica sede per tenersi nella Sala d’Arme del Comune. Un gesto di rottura col passato, una nuova forzatura del sindaco-segretario che se da una parte solleva la platea di partecipanti dall’incombenza di spazi non sempre logisticamente adeguati dentro la Fortezza, dall’altro possiede una forte carica simbolica e una chiara valenza cesaristica.
Renzi, insomma, ha voluto imporre il proprio stile e cambiare paradigmi anche in un settore come la moda. Il giochino funziona, però, se è vero che Firenze porterà a casa il maggiore finanziamento governativo per il prossimo anno: lo ha confermato il viceministro dello Sviluppo Economico Carlo Calenda, spiegando che Pitti sarà la singola iniziativa su cui il ministero investirà più risorse in assoluto.
Torniamo agli annunci, comunque. Splendida e lodevolissima l’iniziativa estiva, per carità, ma annunciarla nel giorno in cui l’evento modaiolo invernale apre i battenti rischia forse di cannibalizzare l’edizione in corso, facendo parlare più di ciò che avverrà tra sei mesi che di quanto espositori, buyers e giornalisti possono vedere fino a venerdì alla Fortezza da Basso. Anche il presidente della Regione Enrico Rossi ha colto l’occasione per annunciare investimenti per il futuro, spostando ancora una volta l’attenzione a ciò che ci sarà a scapito di ciò che c’è. La riprova di quanto il futuro possa penalizzare il presente è nelle prime impressioni del popolo di Pitti: come al solito ottima scelta del “tema” del salone (quest’anno ispirato alla musica al grido di “Rock me Pitti”) da parte degli organizzatori ma tra gli stand le novità di prodotto sono francamente pochine e non certo eclatanti. Sulle presenze i conti si fanno alla fine, naturalmente, ma già corre voce che alcuni compratori non si facciano vedere in Fortezza perché – mettiamola così – non puntualissimi nei pagamenti degli ultimi mesi…
Più lavoro, invece, per chi ha dovuto e/o voluto concedersi il lusso di osservare il salone con gli occhi di chi vive un’esperienza antropologica senza pari. Ecco così moltiplicarsi fenomeni meta-fotografici che farebbero la gioia di Mauritz Cornelis Escher: gente che fotografa gente che fotografa gente che a sua volta fotografa gente e così via, in un loop senza fine. I fotografi sono blogger e cacciatori di tendenze (i meravigliosi trend-hunters), i fotografati sono coloro che – in teoria – dovrebbero sfoderare sulle proprie spalle tali tendenze. In realtà, sempre più spesso questi ultimi sono al servizio (o al soldo) di marchi moda che forniscono loro gli outfit appositamente perché questi passeggino indefessi per la Fortezza e si facciano fotografare non nonchalance. Non si spiegherebbe altrimenti la scelta di alcuni coraggiosi, intenti a sfidare il freddo di gennaio pur di non indossare un cappotto rinunciando a mostrare giacche e camicie dai colori sgargianti, papillon variopinti e scarpe multicolore.
Ma il vero fenomeno principe dell’85° Pitti Uomo sono le barbe. Sono ovunque, di foggia talebana o vagamente scandinava. Pettinatissime e non inferiori alle tre dita di lunghezza, ornano il mento dei modelli e dei passeggiatori di cui sopra e sono un must assoluto, ripreso anche da un numero sempre crescente di calciatori (i quali forniscono così agli avversari un appiglio in più cui attaccarsi quando strattonare la maglia non è più sufficiente). Mandato in pensione il millimetro di barba che dagli anni Novanta faceva tanto “uomo vissuto”, la barba nanica – che non avrebbe sfigurato nel cast dello Hobbit – è ciò che oggi accomuna gli stili e detta la tendenza. Non certo una moda last minute, dal momento che per farsela crescere servono diversi mesi. A meno che, ed è il pensiero che ci culla mentre lasciamo la Fortezza resistendo alla tentazione di verificare, qualcuno non abbia optato per un toupé 2.0 agli antipodi del viso.