Perina LeLupe

Ho scritto un romanzo e ne voglio parlare personalmente agli amici di Strade perché mi sembra più diretto che sollecitare una recensione, e per altri motivi che capirete dopo. Il libro si intitola 'Le Lupe', è edito da Baldini e Castoldi, è nelle librerie dal 22 settembre. È una storia di ingiustizia insopportabile che incrocia (anche se non ha niente di 'politico', la protagonista non può certo essere un esempio) alcuni casi autentici che ho seguito da giornalista ma spesso guardandoli con gli occhi di una madre, di una sorella, di una figlia.

Della scrittura e della qualità del racconto giudicheranno i lettori. Sul resto, sulle tracce biografiche degli anni '70, sui personaggi che sono presi da lì e spesso ricalcano almeno in parte ragazzi e ragazze veri, che ho conosciuto, vorrei dire che ho tentato di restituire lo spirito spesso insensato ma molte volte generoso di amicizie che risulteranno probabilmente incomprensibili per voi, voi lettori con altri percorsi, altre idee dei legami personali, altre modalità esistenziali, ma che sono esistite. Che hanno persino segnato in qualche modo piccole e grandi storie italiane.

“Le Lupe” è un romanzo sulla vendetta, che non va confusa con la giustizia fai-da-te (una cosa che aborro) ma appartiene al novero dei sentimenti primordiali che una comunità può tenere a bada fino a un certo punto. È anche un libro su Roma, e su come dietro la patina di una certa Roma apparentemente fatua, negligente, superficiale, si nascondano altre cose. Su come questa città sia una stratificazione non solo culturale, architettonica, artistica, ma anche sentimentale ed emotiva. Su come le vite nascondano altre vite, i segreti altri segreti, e l’oggi delle persone sia strettamente legato al loro ieri e ci siano debiti e crediti personali che ogni giorno vanno nascostamente all’incasso. Spesso indicibili.

“Le Lupe” è anche un romanzo sulla maternità e sulle donne, ché mi ha sempre stupito vedere loro – dalle madri di Plaza De Mayo a Ilaria Cucchi passando per le troppe mamme di ragazzi di destra morti che ho conosciuto – sulla prima linea di irriducibili battaglie di giustizia. Loro e non i loro mariti, i loro compagni, i loro figli maschi. E questo secondo me vuol dire qualche cosa che va molto al di là dei tempi moderni, che collega il nostro vissuto ad archetipi ancestrali e ci dice che sì, siamo moderni, ma in alcune cose siamo sempre lì, ad Antigone, Elettra e Alcesti, non è cambiato niente.

Il limite del libro è probabilmente nel mio eccesso di emotività nella scrittura e in una visione forse eccessivamente sospettosa e sfiduciata nello Stato. “Sei una sovversiva”, mi ha detto un amico che stimo molto dopo averlo letto. Magari è vero, di sicuro è un libro che non ha una specifica morale. Approfondirò. Vi dirò che ho conosciuto tra le vostre file (quelle di “Strade”) biografie sovversive quanto e più della mia, e antiche tendenze ad agire fuori da quella lagna che definiamo “senso comune” che mi hanno incoraggiato a scrivere questa auto-recensione con sincerità, fuori dal canone che avrebbe invece previsto la richiesta di una segnalazione redazionale. Curiosa di conoscere i vostri commenti se a qualcuno andrà di comprare e leggere.