fabrizi carne

Il bisogno disperato di introdurre misure protezionistiche che non abbiano l’apparenza di misure protezionistiche può portare a risultati di straordinaria, benché involontaria, comicità.

È il caso del disegno di legge presentato dal senatore leghista Giacomo Zucchi, dal titolo "Disposizioni per la tutela della produzione agro-alimentare italiana e dei diritti di scelta alimentare del consumatore nonché misure per incentivare il consumo di alimenti funzionali al mantenimento di un buono stato di salute e favorire l’impiego di prodotti che siano espressione di una corretta dieta alimentare nei servizi di ristorazione pubblica”.

All’art. 3 del ddl si chiede che il Ministero delle Politiche Agricole definisca “l’elenco, suddiviso per regione di origine, dei prodotti alimentari ritenuti di comprovata utilità per la salute umana”. Fermi tutti: comprovata utilità per la salute umana? Praticamente, una lista dei prodotti alimentari che fanno bene?

Cosa è che fa bene mangiare, e cosa no? Sappiamo tutti, perché ce lo siamo sentiti ripetere fino alla nausea, che questa è una domanda scorretta: è la dose che fa il veleno, quindi una alimentazione sana è prima di tutto una alimentazione bilanciata, in cui diversi elementi sono integrati in quantità diverse. Anche la più temibile delle sostanze tossiche è innocua per il nostro organismo al di sotto di una certa soglia, così come anche l’alimento apparentemente più “sano”, se ce ne ingozziamo fino allo sfinimento, può procurare qualche problema alla salute. Se le cose stanno così, e stanno senz'altro così, sarebbe interessante conoscere i criteri scientifici in base ai quali dovrebbe composto un elenco simile. "Comprovata utilità per la salute umana": come si "comprova" una cosa del genere? 

L’estensore della proposta chiarisce i criteri qualche riga più in basso: i prodotti della lista dovrebbero in primo luogo un “marchio di denominazione di origine riconosciuto dall’Unione europea”. Il lardo di Colonnata ci può entrare, quindi, la lattuga coltivata al di fuori di una zona a denominazione di origine no. Ragazzi, da domani mangiate lardo e non insalata, ché fa bene alla salute. Poi, la lista deve includere solo prodotti "ottenuti con metodo di produzione biologica, ai sensi delle norme comunitarie vigenti". I prodotti biologici sono migliori per la salute dei prodotti convenzionali? A molti piace crederlo, ma la scienza ha finora escluso piuttosto categoricamente questa eventualità.

I prodotti alimentari della lista, poi, devono essere “inclusi nell’elenco di cui all’articolo 8, comma 1, del decreto legislativo 30 aprile 1998, n. 173”. Andiamo a cercare questo dl 173, aspettandoci di trovare un elenco di prodotti distinti scientificamente per le loro caratteristiche organolettiche. D’altronde, si parla di salute, cos'altro potremmo aspettarci? E invece no, l’art. 8, comma 1 del dl 173/98 fa riferimento all’individuazione “dei "prodotti tradizionali", le procedure delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura il cui uso risulta consolidato dal tempo”. Quindi, per essere certi che faccia bene alla salute, un prodotto deve essere "tradizionale", e magari il suo uso risalire a un'epoca in cui l’aspettativa di vita non superava i quarant’anni di età. Logico, no?

Infine, ultimo tra i criteri esposti, i prodotti della lista devono essere “ottenuti nell’ambito di filiere corte, nelle quali il luogo, o i luoghi, ove si svolgono le fasi di produzione, di trasformazione e di elaborazione non sono distanti più di 70 chilometri dal luogo di consumo”. E certo, quale criterio migliore per indicare la salubrità di un prodotto? 70 chilometri, tutto sc-sc-scientifico, ci avrebbe rassicurato Gassman ne “i soliti ignoti”. Dato che a qualcuno potrebbe essere rimasto qualche dubbio, si specifica che la lista deve includere anche i vini. Certo, che diamine! E pensare che ci sono anche dei genitori incoscienti che fanno bere la Coca-Cola ai loro bambini. Quanto più sani crescerebbero se al posto dell’orrenda lattina consumassero analoghe quantità di vino rosso biologico prodotto a meno di 70 chilometri da casa?

Ma l’elenco non sarebbe solo funzionale a dare consigli (sbagliati) di buona alimentazione. No, l’articolo 4 della stessa proposta di legge chiarisce che “allo scopo di tutelare la salute dei cittadini e di favorire la prevenzione di malattie attraverso una sana e corretta alimentazione [e per cos’altro, sennò? NdR], è autorizzata la detraibilità ai fini fiscali delle spese sostenute per l’acquisto di prodotti alimentari freschi, rientranti nell’elenco di cui all’articolo 3, comma 1”. Capito? La spesa per i prodotti indicati nella lista - che avrebbero in comune solo il fatto di essere prodotti da una determinata tipologia di produttori, evidentemente cara agli estensori della proposta, altro che salute! - sarebbe detraibile dalle tasse, come quella per le medicine.

Fantastico: secondo la Lega Nord dovremmo conservare ogni giorno gli scontrini della spesa, e poi il commercialista o il patronato che ci fa la dichiarazione dei redditi dovrebbe mettersi lì, a spuntare da ogni scontrino il costo degli alimenti della lista per portarlo poi in detrazione, il tutto per avvantaggiare alcuni produttori a danno degli altri. Non fa una piega.