Vaccinare conviene. L'evidenza dei numeri contro le paure irrazionali
Scienza e razionalità
Negli ultimi cento anni i paesi industrializzati hanno realizzato un salto di qualità enorme in termini di standard sanitari e di salute, superando definitivamente quel confine che separa il vivere precario nel sottosviluppo dalla qualità della vita nelle società moderne. È un risultato che dipende in larga misura dalla prevenzione sanitaria, e in primo luogo dalla vaccinazione di massa contro le malattie infettive.
Oggi si sente dire spesso che i vaccini sono inutili e addirittura dannosi. Si tratta di opinioni quasi sempre prive di evidenza e che il più delle volte non hanno nemmeno la parvenza di affermazioni scientifiche. Ma trovano credito facile nella nostra epoca post-moderna, dove una parte dell'opinione pubblica sembra aver rinunciato a informarsi e a credere nella scienza per affidarsi alle affermazioni di chi è bravo a suscitare false speranze o a fare leva sulle paure irrazionali.
Chi è contrario all'uso dei vaccini sostiene che essi hanno contributo scarsamente alla salute e alla qualità della vita, e ritiene invece che il miglioramento degli standard dipenda, più banalmente, dall'abitudine e dai progressi dell'igiene pubblica e personale. Chi sostiene questa tesi spesso argomenta che quando i vaccini sono comparsi sulla scena, in epoca relativamente recente, la mortalità per le malattie infettive era già grandemente diminuita. Insomma, che la battaglia in un certo senso ormai era quasi vinta, per cui l'introduzione dei vaccini è stata sostanzialmente superflua. Le cose, in realtà, non stanno così. Solo l'impiego dei vaccini, infatti, ha sconfitto completamente ed eradicato malattie dalla mortalità ancora elevata e che, seppure non più ai livelli tragici di inizio 900, era comunque inaccettabile in una società moderna. Malattie che, senza l'immunizzazione di massa, avrebbero potuto sviluppare nuove epidemie in qualsiasi momento. In questo senso sono emblematici i casi che riguardano tubercolosi, tetano, pertosse, parotite ed epatite B.
Chi è contrario all'uso dei vaccini vorrebbe convincerci che essi non servono più. Che vaccinarsi è pericoloso. E agita lo spettro di rischi per lo più immaginari e quasi mai scientificamente provati. In verità, la prevenzione e la vaccinazione non solo hanno fornito un contributo importante in passato, ma sono destinate a svolgere un ruolo assolutamente centrale anche in futuro. Sia per motivi strettamente legati alla tutela della salute, sia perché le ricadute della prevenzione e della vaccinazione sul fronte della spesa sanitaria e dell'economia sono tutt'altro che trascurabili.
Per quanto riguarda il primo aspetto, prima di tutto ricordiamo che i rischi legati a diverse malattie infettive "del passato" sono recentemente ricomparsi causa gli imponenti flussi migratori e gli spostamenti sempre più frequenti nel mondo globalizzato. Contro il rischio di epidemie e pandemie vecchie e nuove, i controlli e la vigilanza sanitaria non bastano. Serve l'immunizzazione. Spesso, poi, dimentichiamo che i vaccini, proteggendoci contro una infezione, ci evitano altre conseguenze, anche gravi, alle quali ci saremmo esposti contraendola. Il vaccino contro l'influenza stagionale, per esempio, riduce del 50 per cento il rischio di attacco cardiaco o ictus durante l'anno successivo alla vaccinazione. Così come il vaccino anti pneumococcico dimezza il rischio di infarto miocardico.
Un punto di grande importanza riguarda le infezioni batteriche resistenti, una minaccia molto seria per la salute, e il fatto che la vaccinazione facilita l'uso più razionale delle terapie antibiotiche. Le infezioni batteriche spesso sono il portato di infezioni virali. In non pochi casi si usa l'antibiotico per porre rimedio alle conseguenze di una semplice influenza stagionale. Basta guardare i dati dell'Istituto superiore di sanità, per rendersi conto che il consumo di antibiotici registra un picco stagionale proprio in corrispondenza del picco epidemico influenzale.
Le infezioni batteriche tendono a diventare resistenti già per loro natura, e non è certo il caso di accelerare pericolosamente questo processo abusando degli antibiotici e minandone l'efficacia. È utile ricordare che dopo il boom degli anni 80 e 90, noti anche come la "golden age" degli antibiotici, si scoprono e si introducono sempre meno nuove specialità di antibiotico. In poche parole, è probabile che per fronteggiare le infezioni batteriche, in futuro, avremo ne più ne meno che gli antibiotici di oggi. Perciò è il caso di difenderli e salvaguardarne il più possibile l'efficacia.
La vaccinazione ha ricadute importanti sulla spesa sanitaria e sull'economia. Non bisogna dimenticare che la sfida più importante per la salvaguardia della salute, in futuro, sarà la sostenibilità finanziaria dei sistemi sanitari. La domanda di servizi, infatti, crescerà. Ma le risorse finanziarie disponibili per l'offerta, in rapporto, saranno sempre più scarse.
L'aumento della domanda è il risultato dell'evoluzione demografica e del progressivo invecchiamento della popolazione. Tra tre decenni gli ultra sessantacinquenni saranno 1/3 della popolazione totale, e gli ultra ottantenni saranno più del doppio. Il 14 per cento in Italia. La popolazione in età da lavoro, invece, si ridurrà a poco più della metà. Per giunta, la crisi delle finanze pubbliche costringe già oggi a razionalizzare la spesa e a tagliare anche sul fronte dei servizi sanitari.
Mantenere quantità e qualità delle prestazioni garantendo nel contempo la sostenibilità finanziaria dei sistemi sanitari non sarà facile. La sfida dovrà essere affrontata facendo leva principalmente su un uso più efficiente delle risorse. Prevenire l'insorgere delle patologie è il modo più efficace per assicurare risparmi di spesa e liberare risorse finanziarie. E i vaccini sono un tassello fondamentale di questa strategia. Perché l'immunizzazione contro le malattie infettive abbatte in misura consistente i costi di assistenza ambulatoriale, ospedalizzazione e trattamento farmacologico.
Il 40 per cento dei ricoveri infantili, per esempio, è riconducibile ai virus influenzali stagionali, alle gastroenteriti da rotavirus e infezioni simili. Secondo alcune stime, in Europa, dove ogni anno si registrano dai 3 ai 5 milioni di casi di influenza stagionale con complicanze anche gravi, un aumento della copertura vaccinale della popolazione a rischio, dall'attuale 60 per cento al 75 per cento, farebbe risparmiare complessivamente 200 milioni di euro all'anno. Se in Italia la copertura vaccinale contro l'influenza stagionale passasse dal 60 per cento al 75 per cento si risparmierebbero oltre 30 milioni di euro all'anno. E se ne risparmierebbero quasi 80 se la copertura crescesse fino al 90 per cento della popolazione a rischio.
Al risparmio delle spese vive si deve aggiungere che i costi dei programmi di vaccinazione possono essere accuratamente previsti e pianificati. I costi per il trattamento delle malattie conclamate, oltre a essere generalmente superiori a quelli di immunizzazione, invece, sono in larga parte imprevedibili. E anche da questo punto di vista l'investimento nella vaccinazione avvantaggia l'impiego efficiente delle risorse umane, fisiche e finanziarie.
Gli effetti positivi della vaccinazione non sono confinati al risparmio di spesa sanitaria. Si estendono più in generale all'economia, alla produttività e alla crescita. Le giornate di lavoro perse per cause di malattia si traducono in una perdita secca di produttività. Anche una banale influenza stagionale può avere un impatto sensibile sul PIL, che secondo alcune stime può essere dello 0,5-1 per cento nel caso di una normale influenza per arrivare a oltre 2 punti nel caso di una estesa pandemia. Se si considerano tutti i vantaggi economici, diretti e indiretti, derivanti dalla prevenzione vaccinale, ogni euro investito nella vaccinazione ne produce 4 di benefici netti. È questa la stima prodotta da uno studio su una ipotesi di vaccinazione di una intera coorte di cinquantenni in Olanda.
In sintesi, i numeri ci suggeriscono che i vaccini sono utili alla tutela della salute di tutti, e i benefici che ne derivano sono sostanziali anche in termini economici. Rinunciarvi segnerebbe un grande passo indietro, non solo in termini di salute e qualità della vita, ma anche in termini di cultura scientifica e civiltà.
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Martedì 22 luglio 2014, Stradeonline.it ha organizzato il workshop: "Il valore economico della prevenzione vaccinale. Salute, sostenibilità finanziaria e crescita economica: le nuove sfide della vaccinazione".
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