Shakespeare a Uvalde. Le stragi, le armi e l'uomo
Scienza e razionalità
Quello che è successo ad Uvalde, due maestre, diciannove bambini, non ha nome: se non nel male radicale, nell’indicibile, che pure è aggettivo lungamente abusato, specialmente in Italia.
Due mezze verità si fronteggiano: la facilità dell’accesso alle armi (acquisto ed uso), la marginalità sociale dell’assassino: “ispanico”, povero, di tormentato carattere.
Come tutte le mezze verità, giustificano ciò che tengono nascosto con quello che esibiscono, offrendo al facilismo, all’invettiva verso un idolo polemico, ogni sorta di pretesto. Procurarsi armi agevolmente può certo favorire, ma non determinare. Come pure, del resto, l’emarginazione socio-economica, ed etnica.
In Norvegia, ad Utoya, Andreas Breivik, potè agire perché, nonostante il mercato delle armi non fosse libero, volle agire.
L’anno scorso, addirittura, c’è stata un’altra strage commessa con archi e frecce.
A Monaco di Baviera, nel 2016, Ali David Sonboly agí in un altro stato dove l’uso delle armi non è libero.
Quest’anno, a Licata, Angelo Tardino ha fatto lo stesso. E nessuno di costoro presentava tratti personali riconducibili a marcati deficit socio-economici.
A parte, il catalogo delle stragi terroristiche, variamente islamiche e confusamente antioccidentali.
E si potrebbe continuare.
Ma non c’è dubbio che Buffalo (un paio di settimane fa, 10 uccisi), Atlanta (marzo 2021, 8), Milwaukee (febbraio 2020, 6), Dayton (Agosto 2019, 9), El Paso (agosto 2019, 23), Parkland (febbraio 2018, 17), Las Vegas (febbraio 2017, 50), Orlando (giugno 2016, 49), San Bernardino (dicembre 2015, 14), Sandy Hook, un’altra scuola elementare (dicembre 2012, 27, di cui 20 bambini), Denver (luglio 2012, 12), Fort Hood (novembre 2009, 13), Binghamton (3 aprile 2009, 13), Denver (aprile 1999, 12, liceali), Killeen (ottobre 1991, 23), Edmond (agosto 1986, 14), San Ysidro (luglio 1984, 21), costituiscono una piaga difficile da sopravvalutare.
Eppure, in tutti questi e simili casi, scompare quello che rimane l’unico “fattore” determinante: l’uomo, la sua responsabilità, la sua mano, la sua mente.
Secondo uno studio molto citato (del Flemish Peace Institute), in Europa muoiono circa 7000 persone l’anno per ferite d’arma da fuoco. Sono registrate circa 80 milioni di armi in legittimo possesso a privati, ma si stima che circa altri 67 milioni siano acquisite e possedute illegalmente. Sommate, fanno quasi 150 milioni di armi: una ogni 3,5 abitanti, più o meno.
Negli USA, muoiono circa 30.000 persone per ferite da arma da fuoco; ce ne sono 270 milioni, circa , una ogni 1,3 abitante. Ma la correlazione, nei due casi, non implica più che un tasso minimo (0,0001111, e 0,00000667, rispettivamente) di morti per arma.
Tenaci, tuttavia campeggiano, pronti, mutevoli, inesauribili, elenchi di “cause metaindividuali”: perché oltre un secolo di dottrinarismo para scientifico ha sostituito egregiamente il buon vecchio Diavolo, Belzebù o Satana, alimentando una sorta di loop epistemico-balneare su “suprematismo”, “razzismo”, “alienazione” e simili; tutte pseudo “cause” riconducibili all’insania, alla “follia”.
Quanto alla “marginalità”, siamo lì: è un’altra variante dello stesso loop. Tutto, meno che lui: l’uomo, l’individuo, che sceglie di agire per il male.
Non che negli Usa il dato non debba preoccupare (l’elenchos, con date e numeri, avrebbe essenzialmente questa funzione “battente”), ma se c’è un problema, e c’è, non è persuasivo tuttavia imputarne la causa in termini univoci al “fattore mercuriale”; con l’ulteriore incongruenza che, mentre l’individuo-attore-di-mercato (anche delle armi), è sempre un avido profittatore, l’individuo che nuoce direttamente alla persona, è, al più, una longa manus di quello stesso “sistema”: il quale, cosí, è sempre il colpevole in quanto tale: una volta perché “ispira” l’individuo e il suo peccato di gola, e un’altra, perché sostiene la sua mano omicida, in fondo, solo una comparsa nel dramma.
Una tendenza antica, ed evidentemente viva e vegeta, questa del determinismo delle “Grandi Cause Uniche”, lasciando che le “piccole e varie” facciano il loro comodo. Cioè, la tendenza ad una “politica senza uomo”, ma piena dei fantasmi cari al noto vaniloquio material-ecumenico.
Non per nulla, si è già stabilito che il colpevole sarebbe un tweet del Governatore texano, peraltro ex Pubblico Ministero, con cui si manifestava l’imbarazzo per “il secondo posto” che il Texas aveva conseguito nell’acquisto di armi rispetto alla California. (tweet cretino e immorale, ma politicamente una chiacchiera), in uno ad una legge di ulteriore deregulation del 2017.
Legge infelicissima, ma che considerata come “causa”, elude la questione. Che non è: “perché questa legge” (in ipotesi plausibile, gradita alla National Rifle Association), ma perché tante persone si armano, e alcune sparano all’impazzata. Negli USA, e altrove. Dove però l’ “altrove”, inibisce il Determinismo Unico delle cattiva legge (tale, indubbiamente, ma secondo un giudizio morale, e non politico).
Il rapporto Legge-Collettività/Uomo-Destinatario costituisce un perimetro.
Ma quali forze e come agiscono al suo interno è faccenda di sicuro complessissima. Mai così complicata, tuttavia, da superare questa acquisizione perenne: dei due termini della coppia, Cattiva Volontà/Limite-Regola, il primo può sempre vanificare il secondo, mentre questo non è condizione perché manchi quello. Vale a dire, che il divieto, in concreto, può solo sancire un orientamento culturale di massima, sicuramente commendevole; se, però, non si indagano e non si educano le singole volontà, in buona sostanza, non si cava un ragno dal buco. Come sempre, del resto, ogni qual volta si guarda alla Regola-Limite in chiave apotropaica, e non razionale.
Insomma, quella tendenza, ad ogni occasione, meglio se emotivamente urgente, vuole imputare senza imputazione reale un qualche male senza volto: salvo poi a munirlo della maschera che opportunismo politico e retorica annessa volta a volta richiedono.
Questo stesso piano, del “Fattore Collettivo e Metastorico” (Il Mercato delle Armi come ipostasi del Mercato e basta), ad es., potrebbe condurre ad imputare all’Islamismo senza ulteriori specificazioni l’atto terroristico; invece, in questo quadro valutativo, generalmente non accade. Ma non accade non per una buona ragione (l’infondatezza di un Accusa Generale), ma per una pessima: e cioè per la pregiudiziale prevalenza riconosciuta ad una “causa metastorica” -Il Capitalismo, nella sua corrente etichetta di “Turbo-Liberismo” e simili- su ogni altra analoga.
Oppure, passo a passo, si potrebbe restituire agli onori del mondo la categoria dei “visibilmente crudeli”, con cui il perspicuo Prof. Todeschini rammenta come in passato (ma il passato è sempre dietro l’angolo: mica se ne va) si qualificassero, anche in termini giuridici, “gli ultimi”, stranieri, donne, persone deformi, poveri, cioè coloro che per la loro condizione sociale o fisica, erano da considerarsi extra ecclesiam, dove, come si sa, nulla salus.
Ma, o il metastorico e il metaindividuale valgono sempre, o non valgono mai (tutte le maiuscole fin qui usate, intenderebbero cautamente rammentare certo categorismo teutonico: ora, siamo di nuovo fra noi, perciò torniamo alle più serene minuscole).
Shakespeare, di cui è stato scritto, a buon diritto, che ha “inventato l’uomo”, ha spiegato come va che proprio l’uomo, così argomentando, riesca sempre a sottrarsi a se stesso: fra gli applausi di un uditorio di suoi simili, evidentemente interessato a sostenere questo inganno:
“Come se noi facessimo i ribaldi per causa di forze maggiori,
e stupidi fossimo per comandamento divino,
furfanti, ladri e traditori
per prepotente influsso delle sfere celesti;
adulteri bugiardi ed ubriaconi, per azione di certi raggi cosmici;
come se tutte le magagne che sono in noi, ci provenissero da un influsso divino.
Brillante scappatoia dell’uomo, gran puttaniere,
questa di mettere la sua foia caprigna
a carico di qualche stella”.
Qualche stella o il governo delle multinazionali, o la inferiore e maledetta razza latina, s’intende.