C’è traccia, puzza e effetto di droga solo nel frastuono istituzionale orchestrato dalla Presidente Casellati e interpretato dalle grancasse dell’ex centro-destra e neo centro-fondo populista sullo “Stato spacciatore” e sul pericolo della cannabis light. Non c'è invece droga nella cannabis light.

La retorica antidroga è da sempre il suggello di un populismo drogato e sfrenato, che in Italia ha mietuto vittime politiche pure rispettabili – primo tra tutti Bettino Craxi – e ovunque nel mondo è appannaggio di politici canaglia, dal Mullah Omar a Duterte, che si vantò, prima di un viaggio in Israele, di voler fare ai drogati e agli spacciatori quello che Hitler aveva fatto agli ebrei, per “salvare la prossima generazione dalla perdizione”.

La droga è da sempre un affare politico goloso, perché è un ricettacolo insieme di piaceri e di paure, di significati oscuri e spregiudicatamente servibili, di materiale eccellente per esorcismi collettivi, mitologie salvifiche, paraculismi effimeri. Non c’è guaritore o Vannoni della politica, che non abbia promesso di liberare il proprio quartiere, il proprio Paese o il proprio mondo dalla droga, che è un modo sintetico e sommamente disonesto per promettere di liberare gli uomini dal male di fuori e di dentro. Il proibizionismo è una forma profana e irreligiosa di escatologia politica, una mitologia che le persone perbene subiscono, che gli ingenui perseguono come dovere morale e gli “spacciatori di Stato” industrializzano come affare politico.

Ma nel passaggio sulla cannabis light c’è qualcosa di ancora più pazzesco e mediocre: non la demonizzazione della droga, per quanto leggera, ma della non droga. La guerra senza quartiere all’infiorescenza di una “cosa” che chiamandosi cannabis è maledetta, anche se è sativa e non indica e anche se ha una quantità di THC talmente minima che neppure la “Giustizia” (che pure su questa vicenda con una giurisprudenza contorta molto ha messo del suo) considera drogante, ma che la politica si ostina a considerare droga per analogia, anzi per sinonimia. Tutto quello che sulla cannabis light gli oppositori hanno detto in questi giorni è falso. Tutto.

È falso che fosse proibito vendere infiorescenze di cannabis sativa L. Era a tal punto proibito che sono spuntati come funghi, dopo il 2016, cioè dopo la legge 242 per la promozione della filiera della cannabis sativa, migliaia aziende agricole e di punti vendita di preparati a base di cannabidiolo e le stesse autorità pubbliche – compresi i ministeri competenti – hanno non solo tollerato, ma disciplinato il settore, ovviamente tassandone i proventi. Eppure da giorni si parla del tema come se da tre anni ci fossero migliaia di negozi irregolari impegnati a spacciare illegalmente prodotti clandestini!

Eccola, la vera droga, quella della menzogna allucinogena. La stessa che Salvini spacciava dal Viminale istigando le forze dell’ordine e l’autorità giudiziaria a stroncare il traffico di cannabis light e ottenendo il riscontro delle Sezioni Unite della Cassazione, che hanno risolto il problema di una giurisprudenza ondivaga e contraddittoria stabilendo che tutti, anche lo Stato, si era sbagliato e che la cessione, la vendita e, in genere, la commercializzazione di foglie, inflorescenze, olio e resina, di cannabis sativa andava considerata illecita e attratta nella disciplina del “TU stupefacenti”, non perché questi prodotti fossero, come sostanze, droganti, ma perché droghe dovevano continuare a considerarsi per legge, in assenza di una norma che li liberasse da questa equiparazione, operata proprio dal legislatore in sede di modifica del DPR 309/90.
Peraltro, la stessa sentenza delle Sezioni Unite è stata in seguito disattesa da altri giudici di merito, a dimostrazione di come in questa vicenda non sia la droga, ma il casino a regnare sovrano.

La modifica introdotta con l’emendamento alla legge di bilancio, oltre a disciplinare l’imposta di fabbricazione della cannabis sativa, rimediava a questo auto-incaprettamento legislativo; invece è stata immediatamente equiparata alla legalizzazione di hashish e marijuana (magari!) da uno schieramento parlamentare in cui la lotta alla droga è l’altra faccia di una ubriachezza politica e forse anche etilica che è la vera droga della politica italiana. Intanto sulla cannabis light ballano circa 12.000 posti di lavoro, più dell'Ilva di Taranto. In termini occupazionali è una emergenza superiore a quella di tutti i tavoli di crisi aperti al Ministero dello sviluppo economico. Ma in Parlamento continua, sempre più frenetica, la danza macabra del proibizionismo drogato.

@carmelopalma