Quando si parla di interesse pubblico all'informazione non si può prescindere dal pluralismo delle fonti, direttamente connesso con il profilo passivo della libertà di informazione stessa, inteso come il diritto a ricevere le notizie da fonti il più possibile diversificate. Un aspetto nel quale i motori di ricerca, per la loro stessa natura di aggregatori neutrali, svolgono un ruolo cruciale.

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Ancor prima dell'avvento di internet e dei motori di ricerca che di internet sono divenuti la porta principale, il concetto di "libertà di informazione" comprendeva diversi diritti che non riguardano solo la possibilità di pubblicare e diffondere i dati, ma anche la possibilità di essere informati da coloro che si occupano di elaborare e diffondere le notizie di interesse pubblico e di poter accedere alle informazioni stesse.

Proprio per il gran numero di aspetti che ha, da sempre, chiamato in causa, la libertà di informazione viene protetta dai principali trattati internazionali sui diritti umani, tra cui la Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo (art. 19), l'International Covenant on Civil and Political Rights (art. 19) e la Covenant Against Corruption (art.13). A livello europeo, un ruolo di assoluto rilievo viene assunto dall'art. 11 della Carta dei Diritti Fondamentali dell'Unione Europea, ma anche, e soprattutto, dall'art. 10 della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo, dove si legge, tra l'altro, che «Ogni persona ha diritto alla libertà d'espressione. Tale diritto include la libertà d'opinione e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza che vi possa essere ingerenza da parte delle autorità pubbliche e senza limiti di frontiera. [...]L'esercizio di queste libertà, poiché comporta doveri e responsabilità, può essere sottoposto alle formalità, condizioni, restrizioni o sanzioni che sono previste dalla legge e che costituiscono misure necessarie, in una società democratica [...]».

Dal testo dell'art. 10 emerge, dunque, la delicata questione del bilanciamento tra l'interesse pubblico all'informazione con altri diritti o interessi di pari rango, che la Corte Europea dei Diritti dell'Uomo si è trovata più volte ad effettuare. La Corte ha disciplinato i diversi casi a partire dalla valutazione della legge nazionale, accessibile e conoscibile, per verificare che l'interferenza di quest'ultima sulla libertà di informazione fosse proporzionata in relazione al fine per cui era stata adottata la norma, garantendo così che la limitazione fosse necessaria al mantenimento dei valori democratici (cfr. cause Handyside v. United Kingdom e Observer and Guardian v. The United Kingdom).

Quando si parla di interesse pubblico all'informazione, inoltre, non si può prescindere dal pluralismo delle fonti, fondamentale per ogni stato democratico poiché direttamente connesso con il profilo passivo della libertà di informazione stessa, inteso come il diritto a ricevere le notizie da fonti il più possibile diversificate. In tal senso, la nascita del web ha favorito l'incremento del pluralismo, poiché la Rete ha contribuito all'aumento quantitativo delle fonti e dei punti di vista consultabili, grazie alla neutralità del mezzo rispetto alle informazioni veicolate e all'assenza di controllo da parte dei poteri pubblici o privati – almeno nei paesi democratici – favorita dall'a-territorialità del web.

I motori di ricerca, in particolare, contrariamente ai prodotti editoriali, non nascono per soddisfare bisogni specifici, bensì indirizzano l'utente verso il servizio che sta cercando, mediando così tra le fonti di informazione e il pubblico, mettendo a disposizione degli utenti uno strumento essenziale per il reperimento delle notizie grazie all'aggregazione di diverse fonti. Essi infatti, come rilevato dall'Indagine conoscitiva sul settore dei servizi internet e sulla pubblicità online dell'AGCOM, pubblicata nel 2013, sono utilizzati da una gran parte della popolazione mondiale per ricercare notizie di ogni genere contribuendo, così, all'informazione e alla formazione dell'opinione pubblica.

Tuttavia, in contrasto con le conclusioni dell'indagine, la stessa AGCOM ha sollecitato il legislatore italiano affinché rivedesse le aree economiche rilevanti ai fini della tutela del pluralismo in modo da tenere conto della rilevanza del ruolo di internet rispetto alle dinamiche limitative del pluralismo. Ciò ha comportato l'inclusione del web (compresi i motori di ricerca) tra i mercati oggetto di vigilanza da parte dell'Autorità (legge n. 103 del 2012). Nel sistema nazionale, l'inserimento dei motori di ricerca nel Sistema Integrato delle Comunicazioni (SIC) sembra suggerire che essi rappresentino una minaccia per il pluralismo dell'informazione, così come può avvenire nel caso di monopolio in mercati quali quelli tipici dell'audiovisivo. Ma a contrapporsi a siffatto approccio è proprio la natura degli stessi search engines, che hanno un forte impatto sulla mediazione tra interessi diversi, poiché si pongono come "intermediari digitali" che forniscono l'accesso all'informazione, aiutando il pluralismo inteso tanto come accesso quanto come scelta delle informazioni da parte degli utenti, aumentando le fonti da cui attingere e garantendo la totale personalizzazione dell'esperienza di ricerca.

E', insomma, difficile sostenere che i motori di ricerca, per quanto larga o dominante possa diventare la loro posizione all'interno del mercato rilevante individuato dal SIC, possano costituire un rischio "editoriale" al pluralismo informativo.