Siamo a Ceriano Laghetto: poco più di seimila abitanti, provincia di Monza e Brianza, ma al confine con altre tre province: Varese, Como, Milano. Industrie (Basf e Bracco), natura (il parco delle Groane), campagne, al di là della provinciale s'intravede la più nota Saronno. Questo piccolo comune del profondo nord è diventato un caso internazionale, come trionfalmente annunciato il 27 gennaio 2015 sul sito web dell'amministrazione: citato addirittura dalla prima rete della tv russa. Perché? Presto detto: una piazza del paese è stata intitolata ai Martiri di Odessa, città ucraina affacciata sul Mar Nero.

martiri odessa

Chi conosce la storia pensa immediatamente al 22-24 ottobre 1941, quando i nazisti massacrarono tra i 25 mila e i 35 mila ebrei, anche se le vittime totali durante l'occupazione romena e tedesca furono certamente di più, per non dire di quelli condotti nei campi di sterminio. La delibera della giunta di Ceriano parla anzitutto di quel massacro. Ma ricorda anche "i martiri del più recente massacro accaduto il 2 maggio 2014".

Quel giorno a Odessa è accaduta una vera tragedia: più di trenta morti nell'incendio del palazzo dei sindacati. La "vulgata" filo-russa racconta che stavano scappando da un assalto di una banda di fascisti e di ultras. Il comune di Ceriano Laghetto aderisce acriticamente a questa ricostruzione, spiegando che "una folla composta da ultrà calcistici ed estremisti neo-nazisti, sostenitori del governo autoproclamato (di Kiev, NdR.), ha circondato il palazzo e l'ha incendiato con un fitto lancio di bombe molotov". Naturale che i media russi rilancino entusiasti la notizia.

La verità, come spesso accade, è più complessa. È falso che le vittime fossero tutte disarmate. La giornata era stata particolarmente "calda": la città, da tempo teatro di lotte tra filo-russi e sostenitori dell'unità ucraina, era piena di ultras al seguito di una partita di calcio. Alcuni video mostrano una polizia particolarmente indulgente: prima coi filo-russi, consentendo loro di sparare agli ultras (ne sono morti tre), poi con gli stessi ultras, lasciando loro un'ora di "libertà" per raggiungere il palazzo dei sindacati in cui i filo-russi si erano rifugiati.

Le autorità ucraine vorrebbero sapere da Dmitry Fuchedzi, vicecapo della polizia di Odessa, come siano andate le cose. Ma non otterranno facilmente le informazioni: Fuchedzi, il giorno dopo il massacro, è scappato prima in Transnistria e poi in Russia. La Federazione russa si rifiuta di consegnarlo all'Ucraina.

C'è un altro aspetto della delibera che ha entusiasmato i media russi e inquietato le autorità ucraine, non appena sono venute a sapere la cosa: l'espressione "governo autoproclamato di Kiev". Quel governo, si fa notare, è invece legittimo, essendo stato votato dal parlamento dopo i fatti di Maidan e immediatamente riconosciuto da tutti gli Stati tranne la Russia.

L'ambasciatore ucraino in italia, Yevhen Perelygin, è pronto a chiedere spiegazioni alla prefettura di Monza e al governo italiano.

Oltre alla ricostruzione acritica della tragedia del 2014, Perelygin protesta sia per la sua equiparazione a cuor leggero con quella del 1941 ("un paragone – argomenta – che potrebbe anche essere considerato una diffamazione nei confronti dell'Ucraina"), sia per l'espressione "governo autoproclamato" riferita all'Ucraina, "in contrasto - spiega - con la posizione del governo della Repubblica italiana". L'Italia, infatti, riconosce ufficialmente e considera legittimo il governo di Kiev. A meno che non abbia cambiato opinione negli ultimi tempi, visti i chiari di luna internazionali: in tal caso, però, le elementari regole della democrazia suggeriscono che sarebbe gentile informarne anche il resto della cittadinanza e gli alleati internazionali. Prima che scoppino grane più gravi di questa.