In molti continuano a sostenere che non ci siano spazi per ridurre la spesa pubblica, in particolare quella corrente primaria (cioè esclusi gli interessi sul debito pubblico e la spesa per investimenti pubblici), se non a costo di privare i cittadini e le fasce più deboli della popolazione di importanti servizi pubblici.

Chi propende per questa tesi in molti casi si rifà alle statistiche sulla spesa pubblica pro-capite in Europa (vedi per esempio il recente Stefano Fassina su Huffington Post). Mettendo a confronto i dati dei principali paesi UE, infatti, si vede che l'Italia presenta una spesa pubblica corrente primaria per abitante più bassa per esempio della Germania, della Francia e addirittura del Regno Unito.

Di fronte a questa banale evidenza statistica, i sostenitori del welfare state concludono che non ci sono spazi per riduzioni di spesa pubblica, perché siamo già al di sotto della media europea. Tra questi, i più audaci si spingono a dire che dovremmo addirittura aumentare la spesa pubblica per allinearci agli standard dei paesi europei “più evoluti”. Paesi che offrono ai propri cittadini maggiori servizi pubblici e di migliore qualità. D'altronde, sostengono costoro, la maggiore spesa pubblica si potrebbe sempre finanziare recuperando fantomatiche risorse dall'evasione fiscale.

È un ragionamento che non funziona, perché non si possono trarre conclusioni valide confrontando solo i dati sulla spesa corrente primaria pro-capite senza tenere conto dell'efficienza e dell'efficacia della stessa spesa. E evidente, infatti, che ogni livello di spesa sottende diversi livelli di efficienza. Così come è anche opinione comune che un euro di spesa pubblica in Finlandia, in Olanda, in Francia o in Germania rende molto di più, in termini di quantità e qualità del servizio pubblico offerto, rispetto a un euro di spesa pubblica in Italia. Per sincerarsene basta chiedere agli italiani che vivono in questi paesi.

In altri termini, se l'Italia ha un livello di spesa pro-capite più basso della Germania o della Francia, ciò non implica che nel nostro paese la spesa non possa o non debba essere ridotta. È anzi legittimo il “sospetto” che la stessa quantità e qualità di servizi offerti dal nostro settore pubblico potrebbe essere assicurata con una spesa minore applicando standard di efficienza “europei”.

È proprio su questo “sospetto” che voglio ragionare e confrontare i livelli di spesa pro-capite dei paesi europei tenendo conto anche di un indicatore di quantità e qualità dei servizi pubblici erogati da ciascuno stato. In questo modo risulterà abbastanza evidente che nel nostro Paese spazi di riduzione della spesa pubblica corrente primaria ci sono e probabilmente sono anche piuttosto ampi.

Certo, misurare la quantità e la qualità dei servizi offerti da apparati pubblici complessi come quelli moderni non è cosa semplice. Però, coscienti di tutti i limiti di una simile analisi e con tutte le cautele del caso, si può individuare un indicatore sintetico tra quelli che le principali istituzioni economiche internazionali (OECD,  Banca Mondiale, etc.) elaborano e pubblicano sistematicamente nelle proprie statistiche.

L'indicatore sintetico scelto è il Government Effectiveness Index (vedi fig. 2) pubblicato all'interno del database del Worldwide Governance Indicators Project. Si tratta di un indice che, in base alla definizione che ne viene fornita dagli stessi autori, sintetizza la quantità e qualità complessiva dei servizi pubblici misurandola attraverso la percezione che ne hanno i cittadini. In poche parole, l'indice tiene conto delle valutazioni riguardanti la qualità della pubblica amministrazione, la competenza tecnica e gli skills della burocrazia e del personale pubblico, di altri fattori come per esempio la qualità della scuola pubblica, della sanità, l'adeguatezza delle infrastrutture pubbliche e molti altri aspetti, ivi inclusi l'indipendenza dei pubblici uffici dalle pressioni politiche, che come noto sono generalmente foriere di inefficienza.

I dati sulla spesa corrente primaria pro-capite sono quelli pubblicati dall'Eurostat (vedi fig 1).

Il confronto tra i paesi europei, effettuato tenendo conto sia della spesa corrente primaria pro-capite sia dell'indicatore di quantità e qualità dei servizi pubblici, è quello rappresentato nelle figure 3 e 4. La linea spezzata di colore celeste è chiamata, nel gergo degli economisti, frontiera efficiente. Essa indica tutte le combinazioni (spesa pro-capite, quantità - qualità dei servizi) migliori, le più efficienti, nel senso che meglio di quelle non si può fare. Tutti i paesi con combinazioni che non si trovano sulla spezzata ma all'interno di essa (te tra questi c'è proprio l'Italia!) sono inefficienti, e lo sono tanto più quanto più sono distanti dalla stessa linea spezzata.

La figura 3 fotografa la situazione relativamente all'anno 2003. La figura 4 fotografa la situazione relativamente all'anno 2012. Le conclusioni che se ne ricavano sono semplici e immediate:

  1. è vero che l'Italia ha un livello di spesa corrente primaria pro-capite più basso della media degli altri paesi, ma presenta anche un livello dell'indicatore di quantità e qualità dei servizi molto più basso della media europea;
  2. l'Italia non è tra i paesi efficienti, e anzi, in corrispondenza di tutti e due gli anni considerati, è collocata piuttosto all'interno della spezzata;
  3. l'efficienza del nostro Paese non sembra affatto migliorata nei dieci anni dal 2003 al 2012;
  4. non stupisce vedere che sulla frontiera, oltre alla Spagna e al Portogallo ci sono i grandi paesi nordici e del centro Europa.
  5. esistono spazi per ridurre la spesa corrente primaria in Italia, a parità di quantità e qualità dei servizi, infatti, in corrispondenza del 2012, tenuto fermo l'indicatore della government effectiveness, la distanza tra l'Italia e la frontiera efficiente è pari a quasi 5 mila euro di spesa corrente primaria pro-capite (erano circa 4 mila nel 2003).

In sintesi, abbiamo proposto una analisi grezza, realizzata con un indicatore molto sintetico della quantità e qualità dei servizi pubblici. Quella ottenuta non è certamente una stima “puntuale” di possibili risparmi di spesa, ma ci dice comunque che gli spazi per ridurre la spesa pubblica a parità di servizi ci sono, e probabilmente sono ampi. E che non si possono trarre conclusioni guardando soltanto la spesa pro-capite dimenticandosi dell'efficienza dello stato.

grafici efficienza spesa pubblica fig1

grafici efficienza spesa pubblica fig2

 

 

grafici efficienza spesa fig3

grafici efficienza spesa fig4