Più che le cronache, che sono ricche e colorite come si conviene (purtroppo) alle caratteristiche dei personaggi, sono le analisi e i commenti sullo scandalo della cosiddetta mafia romana a rischiare una lettura stereotipata e televisiva del romanzo comunale capitolino. Dare la stura al moralismo antipolitico o antifascista o a quella sorta di qualunquismo trasversale, che segue sempre, a ogni latitudine, gli scandali di mazzettopoli, in questo caso è particolarmente facile, ma altrettanto inutile.

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Se oltre a giudicare e ovviamente condannare i responsabili dei reati, vogliamo anche comprendere i fatti e la storia politica-amministrativa dell'ultimo ventennio a Roma, bisogna tenere a mente alcune cose. Dal mio punto di vista, almeno cinque.

1) Anche Alemanno è un marziano quando viene eletto sindaco di Roma, il 28 aprile 2008. Il centrosinistra governa la città da 15 anni. Tutti i poteri cittadini sono schierati con il candidato del PD, Francesco Rutelli, che al primo turno prende il 45 per cento contro il 40 di Alemanno. Al ballottaggio Alemanno passerà con il 53 per cento, oltre settecentomila voti, molti in più di quelli delle liste di centrodestra che lo sostengono. Lo votano in massa le periferie, che voltano le spalle alla sinistra e si lasciano convincere dallo slogan ("Roma cambia") del neo-sindaco. Lo votano in massa i giovani. La tv indulge sui saluti romani sotto il balcone del Campidoglio, la notte dello scrutinio, ma non è la destra romana ad aver incoronato Gianni: è tutta la città, che chiede un atto di rottura con le vecchie pratiche di governo capitoline, e lui ne è consapevole. Non deve dire grazie a nessuno dei poteri del Mondo di Sopra e del Mondo di Mezzo, ma incredibilmente (per chi lo conosceva) ci finisce invischiato.

2) Il Mondo di Mezzo precede Alemanno. Lo ha spiegato bene Umberto Croppi, che di Alemanno fu assessore alla Cultura, in una recente intervista alla Stampa. "Siamo di fronte a un sistema consociativo che dura da anni, che attraversa destra e sinistra. Un sistema che risale alla Dc e ha attraversato tutte le giunte. La situazione non è né peggiorata né migliorata: il meccanismo è consolidato, non è stato scalfito dalle varie indagini che si sono susseguite. Non c'entra nulla la destra diventata affarista e mafiosa. Questa è una tesi fuorviante: in realtà il meccanismo è bipartisan". E in effetti tra gli arrestati non c'è nessuno della vecchia destra "alemanniana". Franco Panzironi, ex amministratore di Ama, è un vecchio democristiano. Mancini, ex presidente Eur Spa, spunta a metà degli anni '90, lo stesso Alemanno intervistato dal Tempo lo racconta come uno "d'area, ricco di famiglia, che aveva ricevuto incarichi manageriali". Insomma, non organico alla militanza politica. Carminati è un nome nei libri e nelle fiction televisive, non ha mai incrociato la storia del partito, di An, del Pdl, e nemmeno quella della destra sociale.

3) Il Mondo di Mezzo continua dopo Alemanno. Un assessore. Il presidente del consiglio comunale di Roma. Il delegato alla trasparenza della città. Il capo della più grossa coop "rossa" della Capitale. L'ex capo-gabinetto di Veltroni. I nomi degli indagati eccellenti dell'inchiesta della Procura di Roma confermano che neanche l'arrivo del marziano numero due, Ignazio Marino, costituisce un argine al Mondo di Mezzo. Che si è già organizzato. Ha già trovato i suoi nuovi referenti, o "cavalli" come li chiamano nelle intercettazioni, e li ha piazzati nei posti giusti. "Erano al sicuro chiunque avesse vinto", dice il comunicato con cui la Procura spiega gli arresti. "Erano sicuri", non "si sentivano sicuri". La scelta delle parole racconta molto. E anche Marino, uno che ha vinto le primarie del Pd in modo quasi incredibile, sbaragliando la filiera dei vecchi padroni del Pd romano, si scopre impantanato nei traffici del Mondo di Mezzo.

4) Essere consapevoli delle dinamiche del Romanzo Criminale romano non significa essere indulgenti. Un politico eletto sindaco, e quindi forte dell'investitura diretta dei cittadini, ha gli strumenti per riconoscere il Mondo di Mezzo e il potere per emarginarlo. Se non lo ha fatto, è colpa sua. Alemanno dovrà rimpiangere per tutta la vita le scelte che lo hanno portato a privilegiare i Mancini e i Panzironi al posto dei molti che aveva intorno e che potevano svolgere quei ruoli resistendo alle pressioni criminali. Marino e il Pd sono stati più abili di lui: hanno azzerato il partito romano, preteso dimissioni dai sospettati, terrorizzato i loro amici con la promessa di "mai più candidati neanche alle elezioni di condominio". Alemanno ebbe la stessa occasione dopo l'inchiesta su Parentopoli, che però sfociò in un rimpasto di cui la sola vittima fu proprio Umberto Croppi, quello che esortava a fare pulizia e a cambiare verso.

5) Chi racconta il Mondo di Mezzo come una "trama nera" danneggia la città. Così come chi, da destra, tende a enfatizzare le responsabilità delle Coop "rosse". C'è una battuta borgatara che circolava fino a una settimana fa a Roma sugli ultimi due sindaci e sui loro mezzi di trasporto: lo scooter con cui Alemanno amava farsi vedere in giro e la mitica bicicletta di Marino: "Un sindaco che a Roma nun gira col blindato significa che nun dà fastidio a nessuno". E' un'amara verità, valida da sempre: capiremo che Roma è cambiata quando vedremo le scorte degli assessori guardarsi intorno nervosamente e non sedute al bar a chiacchierare mentre il loro protetto stringe mani alla gente.