Lungo la Via Emilia: il PD che non riesce a cambiare verso
Istituzioni ed economia
Con l’elezione di Matteo Orfini a Presidente dell’Assemblea Nazionale del Partito Democratico del 14 giugno, la “pax renziana” giunge a compimento a distanza di quattro mesi dai congressi regionali che avevano visto già in molte realtà i “giovani turchi” allearsi con i fedelissimi del Segretario. Questo cruciale passaggio, insieme ad importanti scelte simboliche, come l’annuncio di Renzi all’Assemblea dell’Ergife di recuperare la tradizione attribuendo di nuovo il marchio “L’Unità “ alle feste di partito e il continuo, acritico, richiamo alla figura di Berlinguer, segnalano quanto concreto sia il rischio che il Matteo Renzi di oggi non sia più interessato ad interpretare le istanze liberali di cui era sembrato portatore nelle primarie del 2012.
Ma accanto a questi elementi simbolici di grande importanza, vi è anche altro che fa temere che quelle istanze non troveranno molto spazio nel nuovo corso renziano del Pd, in primis gli equilibri che vanno consolidandosi nelle periferie e a questo proposito è di particolare interesse volgere lo sguardo a quanto sta accadendo in una regione cruciale per il Partito democratico (come lo fu per il Pci-Pds-Ds): l’Emilia Romagna.
Tra le regioni che andranno al voto nella prossima primavera, l’Emilia-Romagna è l’unica che è ancora avvolta nella nebbia e il risultato eccezionale del Partito Democratico del 25 maggio non fa che complicare il quadro. L’Emilia-Romagna è la cassaforte del PD con legami economici profondi con il mondo cooperativo. L’atteggiamento di Renzi fino ad ora è stato morbido con tutto il vecchio gruppo dirigente, a differenza di quanto è avvenuto in Toscana. Nel Congresso Regionale che si celebrerà nei prossimi mesi, il segretario uscente Stefano Bonaccini non si ricandiderà. Bonaccini, interprete ortodosso del Partito di combattimento bersaniano, ha fin dalla sua elezione del 25 ottobre 2009 subordinato tutta la propria strategia alle scelte del presidente Errani, che guida la regione dal 1999. Gli organismi dirigenti sono stati di fatto svuotati del proprio ruolo, a partire dall’Assemblea Regionale, non piu’ convocata dal 2011. Dalla vicenda Del Bono, (l’ex Vicepresidente della regione e per pochi mesi sindaco di Bologna, che ha patteggiato 19 mesi per truffa), fino al documento approvato in occasione dell’inchiesta sui rimborsi dei consiglieri regionali il 2 dicembre 2013, in cui si afferma che “La Regione Emilia-Romagna è da anni ai vertici di tutti gli indicatori economici e sociali in Italia ed in Europa, anche grazie alle politiche del PD e del centrosinistra ed alla guida forte ed autorevole del presidente Vasco Errani”, la segreteria regionale ha scelto un’impostazione dai tratti propagandistici, tesa ad anestetizzare i conflitti e negare la fine del modello emiliano-romagnolo che era stato, da Lanfranco Turci ad Antonio La Forgia, un punto di riferimento per altre esperienze di governo territoriale, non solo italiane.
Un modello che ormai non pare più funzionare. Dopo 16 anni dall’approvazione del Piano Regionale Trasporti, gli obiettivi di mobilità sostenibile sono stati completamente falliti: le sole due iniziative che sono state impostate sono due opere di “grande rete” che vanno in una direzione opposta alla riduzione del trasporto su gomma: la E45/E55 Mestre Orte e la Cispadana. L’incapacità di attuare il sistema regionale aeroportuale coordinato con la costituzione di un’unica società regionale ha determinato la cannibalizzazione tra scali, con le vicende dolorose degli aeroporti di Forli’ e Rimini. La riforma delle autonomie locali costituisce un’altra testimonianza della confusione del governo regionale, che ha scoraggiato in molte occasioni percorsi di fusione già avviati, come nel caso del Rubicone. Ervet, un carrozzone che costa oltre 7 milioni di euro, istituita negli anni’80 come Ente per la Valorizzazione Economica del Territorio, è stata tenuta in vita artificialmente non svolgendo in questi anni la funzione per cui era stata fondata. Ancora, la politica urbanistica regionale si è incentrata sul consumo indiscriminato del suolo. Nel contenuto del Documento Preliminare al Piano di Gestione dei Rifiuti e con il ritiro delle deleghe all’Assessore all’Ambiente, la giunta Regionale ha ribadito la propria opzione per l’incenerimento, scoraggiando raccolte porta a porta già sperimentate con successo in molti comuni virtuosi. Con la legge dell’Ausl romagnola, infine, si sono visti i limiti della Giunta Errani che ha elaborato un progetto di fusione generico ed una legge scarna nei contenuti, ma prescrittiva circa i tempi.
Nonostante l’esperienza del governo regionale emiliano-romagnolo abbia, dunque, dato risultati non proprio soddisfacenti, Matteo Renzi ha comunque deciso di promuovere quest’esperienza affidando al generoso Bonaccini il ruolo di Responsabile nazionale degli Enti Locali e blandendo in ogni occasione pubblica il Presidente Errani. Il “tortello magico” è diventato non un’esperienza da rottamare, ma da preservare e valorizzare. Oggi la partita per il governo regionale, e dunque per preservare il “modello” esistente, sembra vedere in pole position il Sindaco di Imola Daniele Manca e lo stesso Bonaccini, due fedelissimi di Vasco Errani, “convertiti” al renzismo e che si sono esplicitamente dichiarati in continuità con la stanca gestione del governatore. Dal canto suo, anche Pippo Civati, in modo miope, ha scelto lanciare la candidatura a segretario del volenteroso consigliere regionale Antonio Mumolo, con il solo obiettivo di consolidare la propria corrente.
Così, ad oggi, l’unico che sembra intenzionato a segnare una discontinuità rispetto al passato e a voler interpretare lo stile ed i contenuti della “rottamazione”, del renzismo delle origini, pare essere Roberto Balzani, ex sindaco di Forli’, già Preside della Facolta’ di Conservazione dei Beni Culturali a Ravenna, trovatosi in più occasioni contrapposto all’establishment postcomunista durante il suo mandato e che tuttavia sembra poter contare su numerosi sostenitori dentro e fuori il PD. Ma il Congresso Regionale, rinviato più volte, e che si terrà probabilmente in ottobre, sembra impostato più come una partita di Risiko tra maggiorenti che come un autentico confronto tra opzioni politiche contrapposte. E nel frattempo, con la nomina ad assessore alle Attività Economiche del funzionario modenese Luciano Vecchi al posto del neoeletto sindaco di Modena, è stato inserito l’ulteriore tassello di un quadro fortemente conservatore.
Il Partito Democratico nella Via Emilia non riesce, dunque, a cambiare verso. Le recenti elezioni amministrative, però, in alcuni importanti casi (primi tra tutti Livorno e Perugia) hanno mostrato che laddove le vecchie logiche resistono il Pd rischia di pagare un prezzo piuttosto alto e il mancato rinnovamento proprio in un punto nevralgico per il partito renziano potrebbe avere ripercussioni negative anche sul livello nazionale. Chissà se Renzi, prima o poi, se ne accorgerà.