La pubblicazione della foto di una bella ragazza in tenuta discinta, negli ultimi tempi, non manca di destare polemiche a contorno, qualunque ne sia la motivazione o il risultato atteso, e in ogni ambito interessato: anche questa volta così è stato. Tuttavia, nel caso di specie la vicenda è valsa a evidenziare che per molti italiani la politica è questione di "forme", più che di sostanza. Infatti, Paola Bacchiddu, responsabile della comunicazione della Lista Tsipras, che - comunque la si giudichi - esprime contenuti degni di rilevanza, ha dimostrato come tali contenuti, nonché la lista stessa, non venissero adeguatamente considerati dalla pubblica opinione prima della sua "trovata".

Dunque, "politicizzando" una foto in bikini sul suo profilo Facebook, ha messo in risalto non la propria "pochezza" di donna e di comunicatrice politica - come qualcuno sui social  ha scritto - bensì quella di molti altri, la cui superficialità è tale da far sì che vengano attratti più da un "lato B" che da una qualsivoglia sostanza. Una democrazia consapevolmente esercitata si fonda sul dialogo, sul contraddittorio, sullo scontro tra idee espresse da soggetti contrapposti o anche all'interno dello stesso consesso. In Italia, in occasione delle prossime elezioni, ben pochi sembrano essere quelli che manifesteranno il proprio voto conoscendo i programmi di coloro per cui apporranno il segno sulla scheda, perché li rappresentino in Europa.

Bacchiddu grande

La Bacchiddu, senza infingimenti, ha preso atto di questo aspetto e coscientemente operato una scelta sullo stesso solco: quello dell'immaturità politica che connota un certo elettorato e, di conseguenza, una buona parte della comunicazione che viene veicolata al fine di suscitarne l'interesse. Quindi, in piena coerenza, ha divulgato via Facebook la foto "incriminata", comparsa poi velocemente e ovunque in rete. La protagonista della vicenda deve aver tenuto conto che quella in corso non è l'epoca della propensione all'approfondimento: più che all'analisi di contenuti e di proposte, una fetta della cittadinanza pare oltremodo attenta alle polemiche urlate all'interno di qualche talk show che definire programma informativo sarebbe fuorviante. Il riferimento è a coloro la cui "ignoranza" - intesa nel senso proprio di non conoscenza - viene alimentata da una certa politica che si omologa al basso al fine di raccogliere quanti più voti, e tanto basta: essa non pare contemplare l'eventualità che l'informe opinione della massa possa emanciparsi verso un convincimento individuale più elaborato mediante strumenti relazionali di livello migliore.

Non ci si stupisca, dunque, di un messaggio elettorale veicolato attraverso un corpo femminile: è un mezzo come un altro, utilizzato con l'unico obiettivo di ottenere la considerazione di una platea per molti versi più appassionata a gossip e "diversivi" che a discorsi politici in cui non crede. Nel caso di specie, ciò che più ha meravigliato è invece la parte politica che a tali mezzi è ricorsa, dopo averli stigmatizzati come il "male assoluto" negli ultimi vent'anni. Per questo motivo, evidentemente, la sinistra si è affrettata a prendere le distanze da Bacchiddu, compresi taluni componenti della stessa lista propagandata dalla giornalista (Lorella Zanardo è l'esempio più rilevante). Il dissenso è stato fondato sulla circostanza che il confronto in vista del voto non può risultare svilito da belle forme messe in mostra al fine di destare interesse e raccogliere adesioni, né la donna può essere strumentalizzata col vile intento di attrarre consenso. Il clima ostile è sembrato esasperarsi a mano a mano che il personaggio in questione riusciva nell'intento perseguito, riscuotendo ben più attenzione di quanta ne avesse originata mediante la divulgazione di interviste, analisi e contenuti politici seriamente proposti.

Il fastidio che il gesto di Bacchiddu ha suscitato va ben oltre il singolo episodio. Perché quest'ultimo, in fondo, attraverso un solo scatto fotografico, ha sfumato l'antropologica diversità sulla quale la sinistra ha storicamente fondato il proprio senso e la propria coscienza di superiorità rispetto alla destra. La comunicazione elettorale ha funzionato da "livella", in questo caso, ponendo i due contendenti sullo stesso piano, non elevato com'è palese: il modo in cui in concreto essa è stata realizzata ha inopinatamente ridotto il vantaggio di posizione di cui la sinistra aveva sempre goduto, in quanto portatrice di un'identità culturale data per scontata. Essa era stata finora estranea a futilità variamente declinate: l'impegno profuso, i temi trattati e la serietà di fondo erano bastati a consentirle di porsi dalla parte della ragione, qualunque fosse l'esito del voto. Una sconfitta netta, dunque, subita fuori dalle urne, è sembrata attestata dall'implicito riconoscimento che il ricorso a strumenti "scenografici", qual è il corpo di una donna o alcuni altri, discende inevitabile dal contesto di riferimento, chiave di volta per la comprensione dell'accaduto.

In questo contesto, la Bacchiddu ha ottenuto ben più di quanto si era proposta. Non solo, infatti, ha attirato l'attenzione generale con un espediente funzionale a conseguire un migliore risultato, ma ha evidenziato, da un lato, che molti titolari del diritto di voto non si preoccupano in fondo di esercitarlo in modo sufficientemente informato e seriamente motivato; dall'altro, che la sua parte di riferimento non può evitare di sporcarsi le mani e, quindi, astenersi da un esame di realtà quanto mai importante affinché il messaggio politico giunga comunque alla gente. Se lo scenario fosse stato diverso da quello così rappresentato, della Bacchiddu nessuno avrebbe forse trattato così a lungo. La sua foto sarebbe stata velocemente archiviata come la trovata non troppo originale di una persona addetta alla comunicazione che, non essendo riuscita in maniera più efficace a fare propaganda, avesse deciso di conquistare, comunque, la ribalta: si sarebbe cioè tornati subito a discutere di altro, di effettiva sostanza politica specialmente, anziché continuare a discettare per giorni della foto in bikini di una bella ragazza. Invece, così non è stato, comprovando quindi che i contenuti non sono, di fatto, ciò che più interessa all'elettorato, né forse agli esponenti dei partiti che continuano a profondere parole, impegno e sdegno sul tema in argomento, per questioni di opportunità e di convenienza soprattutto.

Del resto, che la politica venga sempre più realizzata mediante modalità tese a suscitare reazioni empatiche nel pubblico di riferimento, usate con disinvoltura da chi ne è protagonista, è un dato palese, come l'attualità dimostra: è la qualità dell'emozionalità indotta ciò che oggi riveste forza attraente, sì che molto altro, ivi compreso il programma presentato, finisce talora per diventare un elemento di contorno. L'elettorato, d'altro canto, è sempre più distratto e sempre meno interessato a un ambito che negli ultimi anni l'ha deluso. Qual è, dunque, la sconcezza che la Bacchiddu avrebbe messo in mostra, in un'epoca in cui la politica in generale viene spesso praticata con mezzi diversi dalla comunicazione di contenuti più "elevati"? Di cosa ci si scandalizza? Bando alle ipocrisie, dunque. Consapevolezza è anche finalmente acquisire cognizione di certi meccanismi di funzionamento: che poi li si riconosca pubblicamente e in maniera trasparente non è così importante. La Bacchiddu l'ha fatto, con tutta evidenza e in ogni senso: è condannabile per questo?

Chi raccoglie consenso - anche a sinistra - con "lusinghe" differenti, meno manifeste, ma potenzialmente più dannose di una donna discinta, reputa forse di utilizzare un metodo migliore? I circoli virtuosi non sono quelli moralisticamente creati dai censori dei pubblici costumi, bensì quelli innescati da soggetti idonei ad analizzare le ragioni a fondamento dei comportamenti e il contesto di riferimento con una buona capacità di critica e di autocritica. Solo così si può andare oltre, progredendo e trovando il modo di non appiattirsi verso il basso. A qualunque parte politica si appartenga, la "morale" della vicenda Bacchiddu è questa. Il suo bikini non "scopre" solo le sue forme, ma i meccanismi reali della politica spettacolo e l'impotenza di una sinistra femminista costretta anch'essa a ricorrervi, per stare al passo con gli avversari e coi tempi.

@vitalbaa