Sassoli grande1 

Nemmeno il tempo di seppellirlo, dopo avere postato sui social i selfie col feretro ed essersi contesi tra le lacrime l’eredita politica del morto, e la principale innovazione introdotta, ormai due anni fa, da David Sassoli nelle istituzioni europee – il voto a distanza all’Europarlamento, durante le fasi più acute dell’emergenza pandemica – non è stata neppure presa in considerazione per l’elezione del Capo dello Stato per manifesta incompatibilità politico-istituzionale. E ovviamente i primi a non considerarla o escluderla sono stati i compagni di partito di Sassoli e i loro alleati di fortissimo riferimento del M5S, cui appartiene il Presidente della Camera, che in questa partita ha un ruolo decisivo.

La cosa più singolare è che, se è stata vagliata e immediatamente esclusa la possibilità di deroghe ad hoc alle norme di prevenzione sanitaria, per consentire agli isolati per contagio o quarantena di uscire di casa e magari dall’ospedale per recarsi a votare, la soluzione assai meno impattante del voto segreto a distanza, per cui non esiste alcun problema né di natura tecnica, né costituzionale, non è stato neppure preso in considerazione; nemmeno, se non vado errato, da parte delle forze politiche di centro-destra che, forti di numeri maggiori, lamentano il rischio di una grave decimazione del collegio dei grandi elettori.

Ora, nel nostro Paese qualcuno dovrebbe pure ricordare che se l’Italia, più degli altri paesi europei, ha potuto godere dei vantaggi di una vera e propria rivoluzione della governance economica dell’Unione durante il periodo pandemico – quando tutta Europa era sostanzialmente in lockdown – ciò si deve concretamente alla circostanza che il presidente dell’Europarlamento ha fatto qualcosa che nessuno aveva mai fatto, cioè aggiornare e adeguare le prassi istituzionali alle possibilità offerte dalle tecnologie digitali e alle emergenze imposte da qualcosa che, per l’appunto, non era mai successo negli ultimi decenni, cioè una pandemia universale. Senza quella che in Italia i sacerdoti del “non si è mai fatto” definirebbero “una forzatura”, non ci sarebbero stati quei miliardi di crediti e contributi europei, che i politici italiani hanno festeggiato come una manna dal cielo (e però non è una manna e non è caduta dal cielo).

Nel no al voto a distanza si sommano inerzia burocratica, calcoli meschini, conformismi da “signora mia”, ritualismi da ultra-ortodossi fanatici e una buona dose di stupidità. Il risultato sarà che a decidere del voto sul Capo dello Stato potrebbero essere i tamponi. Il tutto – ripetiamo – qualche giorno dopo avere celebrato i funerali di stato per uno che passerà certamente alla storia europea non per avere infranto le regole, ma per avere coraggiosamente preso atto che c’erano mezzi migliori del “non possumus” per consentirne il reale rispetto e per garantire il funzionamento della democrazia anche nel contesto pandemico.