scuola

Si torna a parlare di DaD. La mia posizione è la stessa (o meglio: si poggia sugli stessi paletti) da quando è iniziata la pandemia:

- didattica a distanza e didattica digitale integrata non sono la stessa cosa
- per fare la DDI servono formazione e organizzazione e poche scuole sono pronte
- gli studenti non sono tutti uguali (età, strumenti a disposizione, tipologia di scuola frequentata)
Paletti riassumibili in: la pandemia ha reso visibili e amplificato all’ennesima potenza tutti i limiti (e le risorse interne, ma qui parliamo dei limiti) della scuola italiana e non possono essere i ragazzi a pagare per questi limiti.

In più oggi abbiamo tre aggravanti:
1. abbiamo le prove che la DaD nella maggior parte dei casi non è altro che lezione frontale fatta peggio
2. abbiamo le prove che in termini di apprendimenti e competenze comporta un disastro
3. sono passati due anni nei quali abbiamo speso centinaia e centinaia di milioni e siamo ancora qui a parlare delle stesse cose

Queste le premesse. È per queste premesse che, come sanno (perché ne abbiamo discusso con alcuni di loro) alcune delle persone che hanno promosso l’appello dei dirigenti scolastici di cui tutti parlano (persone che stimo e apprezzo) ho qualche perplessità sul contenuto di quell’appello. La principale è che pone questioni giuste ma la soluzione che propone (andiamo tutti in DaD) è rozza, non tiene conto della complessità, scarica questa semplificazione solo sui ragazzi. Se fossi un dirigente scolastico quasi certamente non lo firmerei.

Ma quell’appello è il dito, la Luna è la terza aggravante che ho riassunto in premessa: sono passati due anni nei quali abbiamo speso centinaia e centinaia di milioni e siamo ancora qui a parlare delle stesse cose. E questo non è colpa dei presidi o dei loro collaboratori (anzi ne sono le vittime, assieme agli studenti), non è colpa dell’appello e nemmeno del destino cinico e baro. È colpa di tutti noi che ci occupiamo di scuola: dal Ministro pro tempore all’ultimo degli esperti come il sottoscritto, passando per dirigenti del ministero, personale della scuola, commentatori…

Siamo tutti responsabili, ovviamente ciascuno pro quota per il ruolo che ricopre. Una nota a margine, ma collegata, sull’appello in sé, che nasce dal mestiere che ho fatto per alcuni anni e prescinde dal contenuto dell’appello: siamo di fronte alla più imponente protesta spontanea della dirigenza scolastica mai vista a mia memoria. Questo vuol dire che c’è stata una frattura con il ministero e i suoi apparati territoriali che se avessi, come ho avuto, incarichi di responsabilità nella diretta collaborazione di un ministro o di un sottosegretario sarebbe la mia prima preoccupazione.