Dalle nostre parti la folcloristica e sinistra insurrezione di soldati del trumpismo è stata commentata con l'aria di superiorità dei campioni della democrazia perplessi di fronte la permeabilità ideologica e perfino fisica delle istituzioni statunitensi a, rispettivamente, estremismo ed estremisti antidemocratici; il sottotesto, dunque, è: "dovremmo smetterla con l'esterofilia, l'anti-italianismo e l'idealizzazione degli USA: qui in Italia un tizio con l'elmo da vichingo non avrebbe mai potuto accomodarsi al posto di Roberto Fico" – ma il problema è proprio che sullo scranno di Presidente della Camera siede, e non da intruso, Roberto Fico.

Va detto infatti che se per "populismo" s'intende quel centrifugato letale di semplicismo, antielitismo e, di conseguenza, dilettantismo – "l'economia arranca e c'è anche un malessere per così dire spirituale? Eccovi bell'e pronta la soluzione di uno qualunque, un tycoon, mica un professionista della politica: chiudiamoci economicamente ed etnicamente a riccio!", per esempio –, centrifugato che è almeno tre quarti del contenuto che riempie il contenitore trumpiano, va detto che proprio noi italiani non siamo nelle condizioni di dare lezioni di democrazia e antipopulismo agli USA.

L'Italia è il laboratorio mondiale del populismo sin dal primo dopoguerra. Proprio qui, allora, l'offerta politico-partitica diede al fronte antiprogressista uno sbocco di massa che non fosse il polveroso e strutturalmente minoritario reazionarismo clerico-nobiliare d'antan ma il controrivoluzionarismo plebiscitario fascista, una (anti-)ideologia populista assai innovativa e – sia detto, va da sé, avalutativamente – "geniale" nel suo esser proteiforme, così da ammortizzare la tensione tra il dinamismo movimentista della fase di assalto alla diligenza e la staticità "law and order" una volta presa la Bastiglia (ci fu infatti una fortissima discontinuità nell'ideologia e nella prassi tra fascismo-movimento e fascismo-regime).

Nel secondo dopoguerra, archiviata la brevissima esperienza del populismo auto-evidente del Fronte dell'Uomo Qualunque, un grillismo precoce che comunque ebbe il "merito" di inventarsi almeno verbalmente il "qualunquismo"; archiviata anche la stagione miracolosamente (è proprio il caso di dire) ricostruttiva einaudiana-degasperiana, ci "inventammo" – stavolta in maniera meno innovativa e sofisticata ma comunque degna di nota – quel populismo di governo attribuito ai soli democristiani ma in realtà trasversale, consistente in una progressiva statalizzazione del mercato (paradossalmente venduta come parte integrante di una linea politica anticomunista).

Certo, non si trattò di una stagione "semplicistica", ostile alla complessità , anzi, di complessità ve ne fu pure troppa, anzitutto sul piano verbale e sociale. Si era in Guerra Fredda e la battaglia ideologica fra poli l'un contro l'altro armati fu tale da culminare, in diversi momenti della storia della Repubblica, in episodi tragici, ma tolti da un lato alcuni eccessi massimalisti e dall'altro quattro gatti impegnati in una timida difesa del libero mercato (ci riferiamo al PLI, al PRI e, in tarda prima repubblica, al Partito Radicale di Pannella), almeno sul piano della politica economica prevalente la linea era trasversalmente populista o quasi-populista, stante che statalizzare e assumere in massa e, prima dello SME, svalutare per essere competitivi è appunto assai più… semplice e semplicistico che regolamentare, lasciar fallire, correggere squilibri, vigilare (una vera e propria legislazione antitrust, in Italia, vide la luce solo nel 1990!).

La transizione fra prima e seconda repubblica fu breve ma facemmo in tempo a inventarci una forma di populismo anche in quel frangente, una riedizione anni '90 del Novecento dell'ideologia robesperriana, e cioè il populismo giudiziario – non è infatti semplicismo e antielitismo allo stato puro dire "il sistema è corrotto? Bene, arrestiamoli tutti a furor di popolo!" –, con i pm ascesi al ruolo di tele-tribuni e le piazze come curve.

In molti menzionerebbero, a questo punto, il tele-populismo berlusconiano, ma chi scrive trova più logicamente coerente inserire quel fenomeno nella tardiva "televisionizzazione" della politica italiana, col duello tra Berlusconi e Achille Occhetto che altro non fu che, lo si ripeta, la tardiva risposta al presidential debate fra J. F. Kennedy e R. Nixon. Non ci fu semplicismo oltre una soglia fisiologica nella retorica primo-berlusconiana (e tardo-thatcheriana al contempo) della rivoluzione liberale, né il dilettantismo dei primi governi Berlusconi – fatti sì anche di società civile premurosa di sottolineare di essere altro dai professionisti della politica – era rivendicato con l'orgoglio antielitista tipico delle narrazioni populiste.

Ad ogni modo, dopo parentesi tecniche, prodiane e dopo la guerra civile tra berlusconiani e antiberlusconiani, giungiamo all'8 Settembre del 2007 (e dunque siamo giunti al punto), il primo V-Day, e com'è noto quella non era una "V" vaccinista – semmai, al contrario, anti-vaccinista. Allora, nove anni abbondanti prima del 4 Novembre del 2016, venne battezzata in diverse città del Belpaese la prima forma di populismo autenticamente post-moderno.

Salvini, oggi, è solo un epigono di Trump: Beppe Grillo, un comico italiano, ne fu l'antecessore. Diede vita a una forma di populismo solo un po' meno ideologizzata o forse più cripto-ideologizzata rispetto all'ideologismo populista minimal ma sbracato di Trump. La polemica nuovamente antielitista, stavolta così totale da non esaurirsi nella mera ostilità ai professionisti della politica, ma da sfociare nella criminalizzazione del sistema mediatico quale fabbrica industriale di fake news asservita al potere giudaico-massonico, nonché della scienza e degli scienziati, fu il pilastro primo-grillino per eccellenza, dal 2008 in poi, quando Trump era solo un "palazzinaro", come si definiscono spregiativamente qui i costruttori, e una macchietta televisiva.

Nel 2013 i grillini si presentarono a Montecitorio urlando "arrendetevi, siete circondati, uscite con le mani alzate". E se la pattuglia pentastellata non si è spinta oltre non è perché l'antiparlamentarismo a cinque stelle, a differenza di quello dei "diegoabantuoniani" discepoli di Trump, era un bluff, ma perché i nostri anticorpi antigolpisti e anti-insurrezionalisti, dopo gli anni di piombo, il Piano Solo, il golpe dell'Immacolata, lo stragismo rosso e nero e mafioso (in Italia sono stati assassinati leader politici di primissimo piano, ministri giuslavoristi e tanti altri membri dell'élite, spesso e volentieri proprio in nome del… popolo!), sono in grado di riconoscere e neutralizzare più prontamente la "proteina Spike" del sovversivismo. Poi la nostra democrazia consociativa è riuscita a ri-assorbire il populismo movimentista grillino semi-istituzionalizzandolo e trasfigurandolo in un populismo di governo in perfetto stile democristiano post-degasperiano, cioè assunzioni nella P.A., assistenzialismo a pioggia e quant'altro.

Certo, il populismo movimentista grillino fu decrescitista ed ecologista, mentre quello trumpiano al più è protezionista, quindi decrescitista solo in senso molto lato e incidentale; e poi certo, nel trumpismo mancano il feticismo dell'onestà e il giustizialismo, altri due pilastri del grillismo (figlio anche degli integralismi manipulitista e antiberlusconiano, qualcosa di tipicamente italiano); e poi ancora certo, il populismo trumpiano è ferocemente anti-welfaristico e in ciò è l'esatto opposto del populismo grillino – ma, pur essendo contrarie, sono due forme di populismo uguali nel loro radicalizzare, fino a guastarlo del tutto, il tratto antropologico-economico prevalente degli elettori cui si rivolgono, là uno spirito del capitalismo di weberiana memoria titillato sino a farne individualismo etnicista e classista e qua un solidarismo cattolico-socialista abbrutito e trasfigurato in droga assistenzialistica.

Ma del resto abbiamo imparato che ogni agente patogeno si manifesta in "varianti" diverse, di Stato-nazione in Stato-nazione. Però, lo si ribadisca, c'è poco da gongolare di fronte la grave piega insurrezionalista che ha preso il populismo trumpiano a stelle e strisce: come abbiamo visto, la Wuhan del populismo, ahinoi, è proprio l'Italia.