Gruber/Boschi. Epitome di un'antica cretineria
Istituzioni ed economia
“...è una persona pubblica e dovrebbe per prima dare il buon esempio". Lilli Gruber, ieri, contestando all’On Boschi una fotografia che su “Chi” la ritraeva in compagnia del suo fidanzato, entrambi senza mascherina.
La “persona pubblica” non esiste, se non in qualche volgarizzamento non riuscito del Leviathan hobbesiano. O nel malcerto lessico gruberiano. Ci sono persone fisiche, ruoli, e “dimensioni”, queste sì pubbliche o private. Non occorre scomodare Marcuse, per segnalare quanto l’uomo si immiserisca per effetto di riduzioni unidimensionali. E ci sono responsabilità, a presidio di ruoli e dimensioni.
Una responsabilità sarebbe quella di rispettare un momento intimo, cioè, personalissimo. Distinguendolo da uno “pubblico”. Un’altra responsabilità, sarebbe quella di non dimenticare che il confine fra “bene pubblico” (qui, la sanità) come regola, e il “bene pubblico” come pretesto per faccende o faccenduole di potere, è spesso labile. La Politica, e la politique politicienne. La morale e il moralismo. La pubblica opinione e la pubblica depravazione. Dicotomie a diaframma mobile.
Noi siamo avvinti da una diseducazione secolare: fatta di pulpiti e predicatori, eretti sulla necessità di salvare la salute dell’anima, prima ancora che quella del corpo. Fatta anche della umiliazione strumentale di ciascun essere umano, della sua unicità e assolutezza, a “mezzo possibile” di un fine superiore.
Quando viene dedotto nella pubblica piazza, televisiva o digitale che sia, con connesse mire di collettiva pedagogia, “esemplare”, non è un aggettivo come un altro: è paradigma eterno di eterne imposture. Non rendersi conto di una china, se non quando, precipitati, la si può solo guardare dal basso, è stupido. Essenzialmente, stupido.
Bisogna farlo prima, quando ancora non si è ruzzolato. Perciò, non cogliere la tendenza, il segno, il sintomo; ironizzare sulla sua “attuale” portata; dedurre, con tono l’ultimativo misto a degnazione, “quante storie!”, è solo cretineria. Mista a malafede.
Dato che tratta un uso come fosse un abuso; e una logica eccezione (due conviventi possono tanto baciarsi che togliersi la mascherina per un selfie, ovviamente), come fosse pretesa ad una illogica regola (la mascherina non serve).
E, come l’antico popolare fervore serviva a buggerare “il Popolo di Dio” su simonia e concubinato dei “puri e fedeli”, di sacerdoti e dottori della promessa salvazione, così la presente malafede serve a coprire tracciamenti spariti senza lasciare traccia; banchi a rotelle in corso di perenne spedizione; presidi sanitari territoriali carenti a marzo e ancora carenti a dicembre; rianimazioni sottonumerarie; traccheggiamenti sul MES e varie altre amenità finanziarie; persino un generale ovattamento su morti e dolore.
Ma, soprattutto, questo sciorinare spirito pettegolo, occhiuto, molesto, in maschera di pensoso e preoccupato terrore per il Male-fra-di-noi, è, e rimane, antica, inossidabile, italianissima cretineria.