Il ricatto ungherese e polacco sul bilancio europeo è un bluff
Istituzioni ed economia
L’Unione Europa è di nuovo sotto ricatto da parte dei sovranisti. Polonia e Ungheria hanno bloccato l’accordo sul bilancio Ue 2021-2027, mettendo a rischio il Recovery Fund.
Il motivo? Vogliono impedire che i fondi del Recovery Fund siano condizionati al rispetto dello stato di diritto, come invece prevede l’accordo raggiunto lo scorso 5 novembre dal Parlamento e dal Consiglio Europeo. Per evitare che questo accada, Ungheria e Polonia hanno imposto il loro veto sul bilancio europeo, la cui approvazione richiede l’unanimità ed è indispensabile per ottenere le coperture necessarie per finanziare il Next Generation EU.
L’Unione Europa si ritrova dunque ostaggio del veto sovranista di Orban e Morawiecki. E se non si troverà una soluzione giovedì durante la videoconferenza del Consiglio Europeo, oltre al fatto che si allungheranno i tempi del Recovery Fund, l’Ue andrà in esercizio provvisorio. Questo vuol dire che non potrà effettuare pagamenti se non per spese già contratte. Quello di Ungheria e Polonia potrebbe però essere solo un bluff per cercare di ottenere più risorse. Cerchiamo di capire come se ne potrebbe uscire.
Iniziamo con il dire che non conviene neanche all’Ungheria e alla Polonia forzare troppo la mano, perché entrambi sono tra i maggior beneficiari dei fondi europei, che verrebbero a mancare qualora ci fosse un esercizio provvisorio del bilancio. E Orban e Morawiecki hanno bisogno di queste risorse per mantenere il consenso elettorale.
Inoltre, l’Ungheria ha un debito pubblico in valuta estera quasi pari al prodotto interno lordo, e il cambio tra fiorino ungherese e euro è ai minimi. Questo significa che gli ungheresi perdono potere d’acquisto e diventa più costoso per il paese ripagare i propri debiti.
La Presidenza tedesca potrebbe anche far pressione sull’Ungheria perché grandi investitori tedeschi come Audi, Opel, Daimler, Bmw, Bosch e Siemens hanno una forte influenza sull’economia ungherese, tanto che il governo di Orban li ha spesso favoriti con leggi speciali.
Qualora l’Ungheria e la Polonia dovessero decidere di rimanere sulle proprie posizioni, l’Ue avrebbe anche a disposizione un Piano B: trasformare il Recovery fund in un trattato intergovernativo sul modello del MES. Questo ovviamente comporterebbe l’esclusione dell’Ungheria e della Polonia, e per questo il bluff polacco/ungherese rischia di essere controproducente.
Il percorso intergovernativo tuttavia avrebbe dei notevoli limiti. I debiti generati dai prestiti resterebbero sulle spalle dei singoli paesi e i tempi di erogazione dei fondi sarebbero più lunghi. Questa opzione non entusiasma nessuno dei paesi membri e sancirebbe il fallimento della visione comunitaria degli aiuti. Ma rimane valida qualora non si riuscisse a sbloccare lo stallo.
Durante questa pandemia, l’Ue ha fatto enormi passi avanti. Ed è il momento di farne ancora un altro. È il momento che l’Ue dimostri di essere all’altezza delle sfide del suo tempo e non ceda ai ricatti sovranisti. È inaccettabile che alcuni paesi continuino a trattare l’Ue come un bancomat e non rispettino i suoi valori fondanti.
Scopriremo in questi giorni come l’Ue deciderà di agire. Intanto però, l’effetto immediato del bluff sovranista è lo slittamento di risorse indispensabili per milioni di cittadini e imprese. E questo dovrebbe aprire una discussione su come il diritto di veto sia ormai un meccanismo obsoleto e sullo strapotere che singoli Stati, ingiustamente, ancora hanno sulla Commissione e sul Parlamento.