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I governi dei Paesi cosiddetti "frugali" saranno anche brutti e cattivi, perché restii ad accollarsi i debiti di quelli del Sud, ma quanto rispetto c’è, in questa posizione, verso i propri cittadini?

Intervistato in vista del Consiglio europeo del 19 giugno, il Ministro delle finanze austriaco, Gernot Blümel (classe 1981), ha spiegato di non poter accettare le proporzioni fra prestiti e contributi del Recovery Fund suggerite dalla Commissione.
“Con la proposta della Commissione aumenterebbe del 50% la quota che dobbiamo versare alla Ue. I nostri contribuenti pagherebbero troppo e troppo a lungo”, sono state le sue parole.

Contribuenti. Quante volte avete sentito i politici italiani – in particolare quelli al governo – usare questa parola? Troppo poche. Si tratta di una parola pregna di troppo rispetto. Una parola alta, che da sola dà tutta la misura del rapporto che esiste fra Stato e cittadino: lo Stato esiste come costruzione storica e convenzionale in quanto il cittadino vi contribuisce con i frutti del proprio lavoro. Senza il contributo dei residenti, lo Stato non è nulla, solo un simulacro di potere vuoto.

Quando il 15 giugno del 1215, il re d'Inghilterra Giovanni Senzaterra concesse ai suoi baroni la Magna Carta, l’atto che sta all'origine del moderno costituzionalismo, ponendo di fatto un limite al suo potere di imperio, lo fece sulla spinta politica del "Commune Consilium Regni" (il Consiglio comune del Regno, formato da arcivescovi, abati, conti e i maggiori tra i baroni, che sarebbe poi diventato il Parlamento).

Il Consiglio non nacque, però, come istituto parlamentare, come teatro di lotte politiche, ma come strumento pratico diretto ad impedire le dilapidazioni del Re in danno dei baroni.  Come ci insegna Piero Gobetti in uno dei suoi scritti più magistrali, i baroni che chiesero la Magna Carta si sentivano prima di tutto contribuenti.

L’Italia è invece sempre stata il Paese in cui, per usare le parole dello stesso scritto di Gobetti, “il contribuente non ha mai sentito la sua dignità di partecipe della vita statale: la garanzia del controllo parlamentare sulle imposte non è una esigenza, ma una formalità giuridica: il contribuente italiano paga bestemmiando lo Stato; non ha coscienza di esercitare, pagando, una vera e propria funzione sovrana. L’imposta gli è imposta. Una rivoluzione di contribuenti in Italia in queste condizioni non è possibile per la semplice ragione che non esistono contribuenti”.

Dalle responsabilità di questo perenne stato di sudditanza i cittadini non possono certo tirarsene fuori, ma ragionare sulle colpe o sulle connivenze dei contribuenti - così come sull’evasione fiscale - significa impostare male il problema.
Perché la classe politica sconta per definizione le colpe maggiori. Chi detiene al contempo le leve impositive del comando tributario, la prerogativa di disegnare il sistema fiscale e il potere di spesa, non può che essere il vero responsabile dell’indotto stato di sudditanza in cui annega l’Italia.

Per questo una certa classe politica italiana preferirà sempre di più la parola “popolo” a quella di “contribuente”. Popolo, che non a caso è singolare, è parola che annacqua la responsabilità della politica e pone i cittadini in raffronto con un potere altro, esterno (l’Unione europea, le altre nazioni, le organizzazioni sovranazionali), eludendo così ogni raffronto col potere interno, con i propri governanti.

Popolo è parola difensiva e il governante che la usa se ne farà sempre scudo proponendosi come suo difensore. Contribuente è invece parola di relazione interna col potere, parola che, se troppo usata da chi detiene le leve del comando impositivo, potrebbe destare il cittadino. Un pericolo, quello della presa di coscienza contributiva, a cui ogni esercizio di potere (in)degno di questo nome non può rischiare di andare incontro.

Nell’uso di quella parola da parte del ministro Gernot Blümel c’è il profondo solco che separa l’etica del potere delle classi dirigenti dei paesi cosiddetti "frugali", da quella del paese descritto cento anni fa, ma come fosse oggi, da Piero Gobetti.

@p_cecchinato