scuola

Finalmente l’anno scolastico colpito dall’emergenza sanitaria del Covid 19 è arrivato al termine e con esso i consigli di classe per lo scrutinio della valutazione degli studenti. La nostra Ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina ha emesso a maggio un ordinanza che disciplina la valutazione di quest’anno.

L’ Ordinanza concernente la valutazione finale degli alunni per l’anno scolastico 2019/2020 e prime disposizioni per il recupero degli apprendimenti riporta al comma 6 dell’articolo 4 il testo seguente: “Nei casi in cui i docenti del consiglio di classe non siano in possesso di alcun elemento valutativo relativo all’alunno, per cause non imputabili alle difficoltà legate alla disponibilità di apparecchiature tecnologiche ovvero alla connettività di rete, bensì a situazioni di mancata o sporadica frequenza delle attività didattiche, perduranti e già opportunamente verbalizzate per il primo periodo didattico, il consiglio di classe, con motivazione espressa all’unanimità, può non ammetterlo alla classe successiva”.

Ovviamente è scritto in un poco chiaro “scuolese” degno di quella burocrazia che il Presidente Conte vorrebbe ridurre e invece contribuisce ad alimentare con queste perle di decreti. Tradotto e semplificato in italiano corrente vuol dire che se uno studente avesse dimostrato al primo quadrimestre una poco più che sporadica frequenza e partecipazione, con risultati ampiamente insufficienti - il tutto verbalizzato e comunicato alla famiglia - e poi a gennaio 2020 avesse deciso di partire su Marte per un viaggio sabbatico di sette mesi, quest’anno non verrà bocciato.

Il tutto, alla faccia di tutti quei docenti che si sono prodigati per cercare di verificare al meglio l’apprendimento delle materie da loro insegnate in una situazione emergenziale, alla faccia di tutti quegli studenti che la promozione se la sono guadagnata impegnandosi a seguire le faticose lezioni on-line, con annessi compiti e verifiche, e alla faccia di quei poveri genitori che hanno sudato per aiutare i figli a casa.

“Non ci sarà il 6 politico”, tuonava la ministra solo un mese fa e poi tutti ammessi alla classe successiva con la foglia di fico chiamato Piano di Apprendimento Individuale (PAI), altra sbobba burocratica per i docenti, nel quale si inseriscono tutte le materie e i relativi contenuti da recuperare, come e quando non è dato sapere, lo scopriremo solo vivendo. L’unica cosa certa è che tutto viene rimandato all’anno scolastico seguente, quindi l’anno prossimo sarà come fare due anni in uno che al mio paese vuol dire tutti promossi e cioè 6 politico. Tanto valeva saperlo subito dove si andava a parare, prima dell’inizio della via crucis della didattica a distanza.

Se la ministra avesse avuto il coraggio di indicare prontamente che si sarebbe optato per un un tutti promossi quest’anno, attraverso delle linee guida chiare e non grida manzoniane, avrebbe fatto un gran favore soprattutto a quei poveri studenti che, per mancanza di mezzi, non hanno potuto seguire la didattica a distanza via internet. Stiamo parlando di studenti appartenenti molto spesso alle fasce sociali più povere e/o più deboli della popolazione, cioè quello che dovrebbe essere la priorità per qualunque Ministro dell’Istruzione. Concentrando gli sforzi più verso questi studenti bisognosi (ma volenterosi) e riducendo il tempo destinato alle verifiche, i docenti sicuramente avrebbero ottenuto migliori risultati dal loro lavoro.

Tutti coloro che insegnano sono ben consapevoli della mole di tempo necessaria per verificare l’apprendimento degli studenti. I furbetti spesso si sottraggono a questa verifica costringendo il docente ad un vero e proprio “inseguimento” che ha come risultato quello di consumare ulteriore tempo. I dirigenti pretendono un congruo numero di verifiche scritte e/o orali per evitare contenziosi e ricorsi dei genitori, anche in questo caso, altro tempo perso. Tale situazione si è riproposta anche quest’anno via web.

Sarebbe bastato responsabilizzare gli studenti favorendo l’autoapprendimento, promuovendo la collaborazione on line tra studenti organizzati in piccoli gruppi e lasciando la verifica delle conoscenze solo in forma di qualche interrogazione da remoto su base volontaria, per alleviare (di molto) le pene degli insegnanti e degli studenti.
Invece la scelta è stata quella di non scegliere, con un ministro attento solo a salvare le apparenze di una scuola (fintamente) seria e demotivando ulteriormente un già stanco corpo docente.