Un impegno federale per il governo della salute. Agenzie Ue e Usa a confronto
Istituzioni ed economia
Nella petizione di +Europa che chiede il governo delle emergenze sanitarie all’Unione europea si fa accenno all’ECDC (European Centre for Disease Prevention and Control), il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie, le cui funzioni di prevenzione e coordinamento non rispecchiano attualmente un’adeguata capacità operativa nel contrasto alle emergenze e più in generale nell’azione di prevenzione e di controllo dei virus.
Intendiamoci, l’organismo guidato da Andrea Ammon, istituito nel 2005 con sede a Stoccolma, svolge già un importante lavoro riassumibile nelle seguenti funzioni, indicate dalla stessa istituzione: analisi e interpretazioni dei dati raccolti tra i 27 Stati membri dell’UE su 52 malattie e relative trasmissibilità; consulenza scientifica ai governi e alle istituzioni europee; individuazione e analisi tempestiva delle minacce emergenti nel territorio dell’Unione; coordinamento del programma europeo di formazione epidemiologica di intervento e del programma europeo di formazione in microbiologia della sanità pubblica; aiuto ai governi dell’Unione europea nel prepararsi alle epidemie; organizzazione annuale di una conferenza scientifica europea sull’epidemiologia applicata delle malattie infettive.
Ciò nonostante, le risorse e gli spazi di azione dell’ECDC restano considerevolmente insufficienti e inadeguati ai fini di una efficace risposta europea alle emergenze sanitarie. Per meglio comprendere questi limiti è necessario comparare l’ECDC al proprio equivalente statunitense, i Centri per la prevenzione e il controllo delle malattie con sede ad Atlanta nati nel 1992.
Se confrontate, le due agenzie sono impari tanto dal punto di vista delle risorse sia economiche sia umane quanto delle funzioni. Il budget per l’anno 2020 dei CDC (Centers for Disease Control and Prevention) negli Stati Uniti è pari a 6,594 miliardi di dollari (cifra per altro sostanziosamente ridottasi in seguito ai tagli del 2018 decisi dall’amministrazione Trump) contro i “soli” 59,059 milioni di euro del ECDC. Un budget, quello dell’agenzia europea, che comunque è aumentato progressivamente nel corso degli anni, se pensiamo essere passato dai 3,700 milioni di euro nel 2005 (anno di costituzione) ai 33,400 milioni di euro nel 2007. Al dato positivo dobbiamo però aggiungerne uno negativo. Osservando le risorse destinate negli ultimi tre anni all’agenzia europea, si rileva un notevole e desolante rallentamento: 54,971 milioni di euro di budget nel 2018, 57,833 milioni di euro nel 2019, per arrivare ai già citati 59.059 milioni previsti per questo anno.
Lo stesso discorso, tornando al paragone tra le due organizzazioni, vale per le risorse umane. Se i CDC negli Stati Uniti vantano un totale di 10.639 dipendenti (anno di rilevazione 2018) distribuiti tra i 50 Stati, il CDC europeo conta solamente 268 membri del personale (anno di rilevazione 2019), partendo dai 15 dell’anno di formazione dell’organismo. Queste differenze nelle risorse a disposizione comportano una serie di limitazioni in termini di operatività e di efficacia del tutto evidenti a sfavore dell’agenzia europea, alle quali si sommano delle funzioni sensibilmente ridotte.
I Centri per la prevenzione e il controllo delle malattie negli Stati Uniti sono una delle più importanti agenzie federali il cui scopo è proteggere la sicurezza e la salute pubblica in caso di epidemie e contagi, prevenendo, sorvegliando e suggerendo gli interventi necessari. L’elemento federalista dell’organizzazione si palesa nella distribuzione geografica e nella metodologia di intervento. Il CDC americano ha sedi su tutto il territorio nazionale, contrariamente a quello europeo, e contribuisce apportando conoscenza all’assistenza sanitaria individuale e collettiva e rafforzando la capacità di garantire la salute pubblica dei cittadini a ogni livello dell’Unione: nazionale, statale e locale.
Ciò evidenzia gli aspetti che maggiormente distinguono le due agenzie, ossia: 1) la relazione tra centro e periferie; 2) i rispettivi ruoli, o meglio i mandati, degli organismi stessi. Per ciò che concerne la relazione tra centro e periferie, i CDC statunitensi operano a ogni livello di concerto con le altre agenzie sanitarie (per esempio, con l’Istituto nazionale di allergie e malattie infettive diretto da Anthony Fauci, nome e volto che abbiamo imparato a conoscere dalle conferenze stampa alla Casa Bianca) e dunque in modo coordinato con le unità mediche e gli operatori sanitari ai vari livelli federali. Nel caso invece dell’ECDC, il rapporto che esso trattiene, fatta eccezione per la Commissione europea, è esclusivamente con gli Stati membri, attraverso un’unica unità centrale e a prescindere dall’organizzazione stessa dei diversi servizi sanitari nazionali.
Considerando la fattispecie del caso italiano, nel quale le regioni svolgono un ruolo primario della gestione sanitaria, non vi è alcun rapporto tra gli organismi regionali e l’ECDC. Questo fa ben intendere il rischio di inefficacia di fronte a sistemi sanitari sempre più decentralizzati all’interno dei singoli Stati europei: si pensi al modello federale tedesco, al modello di regionalismo differenziato spagnolo (caratterizzato dalle comunidades autónomas) e al già richiamato modello di regionalismo avanzato italiano.
Dal punto di vista invece delle funzioni, mentre i CDC negli Stati Uniti hanno un ruolo di valutazione e di co-gestione del rischio con le altre agenzie sanitarie federali e le diverse istituzioni, nonché di preparazione del personale medico e manageriale ai diversi livelli, in Europa l’ECDC si occupa della sola valutazione del rischio, non avendo altri mandati e mancando di risorse adeguate per una maggiore operatività.
In conclusione, vale la pena ricordare come l’ECDC ha risposto anticipando qualsiasi altro Stato europeo alla diffusione del Covid-19 nonostante gli evidenti limiti sovraesposti in termini di risorse e funzioni. Il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie ha espresso una prima valutazione del rischio rispetto al Coronavirus il 9 gennaio scorso, ben prima che qualsiasi singolo Paese europeo considerasse la reale pericolosità del virus al di fuori della Cina. Il 17 gennaio la stessa organizzazione pubblica un documento intitolato “Rapida valutazione del rischio”, il cui obiettivo è presentare in 10 pagine “il background della malattia, la valutazione del rischio e le opzioni di risposta”. Nelle settimane successive l’agenzia europea pubblicherà una serie aggiornamenti (il 25 marzo il settimo in ordine di tempo) e una serie di linee guida già nel mese di febbraio, ben prima della diffusione del virus a livello europeo: il 7 febbraio, 15 giorni prima che si palesasse il “paziente 1”, l’ECDC pubblica un documento dal titolo “Necessità di dispositivi di protezione individuale nelle strutture sanitarie per la cura dei pazienti con nuovo Coronavirus sospetto o confermato”; il 10 febbraio è pubblicato un altro documento, “Linee guida per l’uso di misure non farmaceutiche per ritardare e mitigare l’impatto del Covd-19”; il 13 febbraio, “Guida all’impegno della comunità per eventi di salute pubblica causati da minacce di malattie trasmissibili nell’Unione europea (UE) e nello Spazio economico europeo (SEE)”; il 25 febbraio è pubblicato il documento dal titolo “Gestione della salute pubblica delle persone, compresi gli operatori sanitari, aventi avuto contatti con i casi di Covid-19 nell’Unione europea”; il 26 febbraio la “Checklist per gli ospedali che si preparano per l’accoglienza e l’assistenza dei pazienti con Coronavirus”; infine, lo stesso giorno, è pubblicato il documento “Covid-19: ECDC aggiorna la definizione del caso per la sorveglianza dell’UE”, ossia la guida (non vincolante) che tutti gli Stati dell’Unione avrebbero potuto adottare nei riguardi dei casi sospetti di contagio. Sulla base dei primi paper pubblicati dal ECDC, la Commissione europea il 31 gennaio chiede per la prima volta agli Stati membri se vi fosse necessità di reperimento di materiali e attrezzature utili a contrastare il virus (mascherine, guanti, tute protettive, ecc.). L’Italia, al pari degli altri Stati, non ha mai risposto alla proposta di aiuto. Il resto è storia.
Se l’ECDC non può essere certo l’unica agenzia che agisce in materia sanitaria, coerentemente con quanto richiesto nella petizione di +Europa, laddove al punto 3) propone di istituire un comparto di «sanità europea», è altrettanto importante evidenziare come risorse più significative, funzioni considerevolmente più estese e un’organizzazione in senso federale dell’agenzia rappresentino le basi di una risposta più adeguata alle prossime epidemie e alle emergenze sanitarie future.