conte bonaccini grande

È certo che la battuta di arresto di Salvini in Emilia Romagna, che infrange il mito della sua “invincibilità”, rafforzerà la prospettiva del PD di Zingaretti e di Franceschini: quello dello svuotamento del M5S per auto-assimilazione populista in un bipolarismo ripristinato proprio dall’evaporazione del M5S.

È meno certo che questo risultato stabilizzi il governo e la legislatura, destabilizzando in modo irrimediabile i rapporti di forza tra le componenti della maggioranza. È vero che il grosso degli eletti grillini non ha oggi possibilità di rielezione via M5S e il reggente per caso Vito Crimi non ha alcuna exit strategy dall’abbraccio mortale del PD, ma questo potrebbe incentivare Salvini a lanciare una massiccia campagna acquisti nelle fila del M5S e gli uomini forti del M5S (Casaleggio, Di Maio e Di Battista) a cercare un rilancio super-populista, in direzione contraria all’alleanza con il PD. Per non dire dell'effetto libanizzazione: il sotto-partito di Fioramonti, quello di Paragone, poi quello di chissà chi altro.

È probabile che il successo di Bonaccini faccia fare alla leadership del PD un errore analogo a quello fatto da Salvini, quello della “nazionalizzazione” del risultato emiliano-romagnolo. Salvini ha pensato – e d’altra parte non aveva alternative – di battere il PD in casa attaccando il governo di Roma, Zingaretti potrebbe pensare che il modello emiliano-romagnolo, in termini politici, sia replicabile altrove, anche dove i rapporti di forza elettorali e le tendenze dell’opinione pubblica (Sardine comprese) sono molto diverse da quelle di una delle ultime ridotte del potere PD.

È evidente che oggi chiunque si sia opposto, per varie ragioni, alla strategia di Zingaretti e Franceschini (a partire da Renzi, ma non solo), esce politicamente e numericamente ridimensionato dal risultato di un PD pigliatutto, che in questo schema lascia agli alleati le briciole e agli alleati più scontati e meno lontani del M5S non riserverà cortesie nè porgerà ramoscelli d'ulivo.

Poi c’è la politica. Intesa non nel senso del gioco democratico-elettorale, dei rapporti di forza nelle urne e in Parlamento, delle strategie di consenso, ma dell’emergenza di un Paese che non cresce da vent’anni, che da quaranta (con piccole parentesi d’emergenza e di necessità) mangia al futuro le risorse di un presente vissuto al di sopra delle possibilità, che è degradato dal punto di vista civile, incarognito dal punto di vista sociale e alla perenne ricerca di un colpevole “esterno” ai suoi problemi e ai suoi fallimenti. Di questa emergenza politica, di questa tragica autobiografia nazionale e dei suoi possibili e sempre più costosi rimedi non è possibile parlare, se si vogliono prendere voti o se non se ne vogliono perdere.

La scelta del PD di adattare il refrain populista al canone e allo stile democratico e di affrontare il voto del M5S non sfidandolo, ma riassorbendolo in una koinè classicamente “sinistrese” rischia di aggiungersi alla lista dei problemi italiani e non di rappresentarne un rimedio. Perchè il populismo, nelle sue diverse varianti, rimane una rappresentazione, non una soluzione dei mali endemici che affliggono l'Italia.

Detto in sintesi, dopo il voto di ieri si può dire che l’Emilia tiene, il Governo boh e il bipolarismo populista avanza. A parte la sconfitta benedetta di Salvini, non si può dire che in fondo al tunnel si veda esattamente la luce di una alternativa.

@carmelopalma