renzi3 

 

Lo scisma del “Giglio magico” è, in fondo, l’eresia di Renzi contro l’ortodossia renziana della vocazione maggioritaria e del Partito complesso, plurale e liberale. Più che l’accusa di tradimento, quindi, vale, a mio parere, quella di contraddizione interna, nei limiti di una operazione – tutta di Palazzo – non degna della rottamazione guascona e nuovista del riformista radicale Renzi ma della negromanzia del vecchio che ritorna.

E ciò perché Renzi, con l'ennesimo partitino di Centro, con Italia Viva, non supera il PD ma supera, oltrepassa se stesso, rinnega l’evocazione del Partito della Nazione, sconfessa la strategia del Centrosinistra unito, contribuendo a produrre una competizione identitaria al suo interno, una competizione di natura squisitamente “proporzionale” che contraddice non Nicola Zingaretti ma Aldo Moro e Nino Andreatta!

Per ciò, è chiaro che molti cattolici liberali e democratici, i laburisti e i riformisti, abbiano compreso bene i limiti strategici dell'iniziativa, pur ammirando la sublime tattica!

Tra le due cose - strategia e tattica - come è noto, la differenza è molta, come la distanza tra le categorie de Il Politico (che Renzi padroneggia ad arte articolando la dialettica amico /nemico) e le categorie della Politica e, tra queste ultime, soprattutto quelle di Bene Comune, di Condivisione, di Dialogo, di Comunità.

Da quale parte debbano stare i liberali, ovverosia se dalla parte della contrapposizione ideologica o da quella della cooperazione politica, su questa cosa dirimente che palesa la distanza tra sostenitori della  Società Aperta e promotori della Società Chiusa/perfetta, credo abbiano detto cose definitive tutti gli autori del cattolicesimo liberale ottocentesco, da Antonio Rosmini ad Alessandro  Manzoni, ma anche i neo liberali come Friedrich von Hayek, gli ordo liberali della Scuola di Friburgo e lo stesso Karl Popper, tutti pensatori impegnati, in fondo, nel rigettare la denigrazione del prossimo impegnato nell'articolazione concreta della complessità politica, trasformandolo prima in competitor, poi in avversario e, infine, in nemico.

Che senso ha, infatti, ora, come fanno molti tifosi renziani, dipingere il Pd, un partito del 20% e oltre, come una ridotta di massimalisti? Non commettono lo stesso errore (di segno contrario) realizzato dai "sinistri" scissionisti Bersani e D’Alema che lo rappresentavano come un’accozzaglia di traditori destrorsi, schiavi del Capitale?

In realtà il PD è stato governato in modo plurale da ex PCI, Cattolici, Laici, Socialisti e Liberali, magari insieme e senza ordine interno, in maniera anarchica, ma, comunque, nell'ambito di un metodo liberale e aperto alla Società, sancito da uno Statuto che ha fatto del Partito Democratico - nel suo lungo processo di genesi all'interno delle esperienze di Centrosinistra e dell'Ulivo - il partito più "scalabile" d'Italia, quello meno arroccato sulle posizioni ideologiche tradizionali.

Come negare, infatti, che dalla riforma del mercato del lavoro di Tiziano Treu, alle lenzuolate di Pier Luigi Bersani, alle privatizzazioni, al Jobs Act di Matteo Renzi, si sia dato corpo, pur tra mille contraddizioni, ad un'unica evoluzione riformista e moderna; e ciò ben al di là delle sterili divisioni leaderistiche.

Bene, allora, detto questo, oggi, che senso ha separarsi senza una cesura ideale complessiva?

Renzi e Zingaretti non la pensano in egual modo su europeismo, atlantismo, attenzione ai conti pubblici, laicità, libertà religiosa, immigrazione, accoglienza? Non appare chiaro, dunque, che (come quasi sempre) gli scissionisti rompano solo per motivi personalistici ed equilibri di Potere? E tutto ciò dovrebbe entusiasmare i militanti?

E questa sarebbe una rivoluzione culturale e di popolo? Dove sono le ragioni simboliche e reali operanti, ad esempio, delle tragiche scissioni del 1921 a Livorno ? O del 1991 alla Bolognina?

Il Partito Democratico è, proprio per tutto questo, un progetto complesso che non può perdere pezzi senza trascinare nella crisi di consenso tutte le sue componenti, anche quelle dell’abbandono furbo.

La vocazione maggioritaria, infatti, significa questo: più dell’identità statica e sicura, più della sicurezza di “casa” o “Ditta”, ha valore e senso la capacità di incarnare la Società Aperta e un futuro plurale !

Hanno sbagliato, allora, Bersani e D'Alema ad andarsene, e prima ancora Rutelli, ed oggi sbagliano Renzi e Calenda.

La gente dei circoli, i militanti impegnati nei territori con le mille luci accese delle riunioni settimanali, gli elettori policromi di un Progetto che, sin dalla nascita, si è proposto come unitario e alternativo alle Destre illiberali, non credo possano premiare chi piega e torce questo approdo storico per meri interessi di clan.

Dentro i laburisti inglesi, ad esempio, sussiste una storia complessa, anche di componenti trotskyste e Tony Blair, di certo, non ha abbandonato il campo con l'avvento di Jeremy Corbyn, continuando la battaglia –  dentro il Partito – contro la paura protezionistica e statalista verso "l'operaio polacco", contro, quindi, quella miope Brexit di Sinistra che sta contribuendo al declino del Regno Unito.

E negli States se prevalesse la posizione di Bernie Sanders, di certo i Clinton non cesserebbero di essere Democratici e Liberal. I Partiti – le grandi Associazioni ideali che concorrono a determinare la politica democratica – si debbono conquistare dall’interno, con gli strumenti e i tempi giusti, con la forza e la pazienza che meritano le Buone Idee.

Questa è stata, in Italia, la saggezza "democristiana" che ha saputo rappresentare il pluralismo sociale delle classi e la molteplicità degli approcci popolari in maniera unitaria, proprio nel tempo del “proporzionale puro”, senza mai cedere all’illusione dell’orgoglioso identitarismo da operetta, senza credere alla rivendicata purezza delle proprie Verità esclusive.

Ed ancora oggi, ai tanti elettori non demagogici non interessa la purezza "post comunista" di D'Alema ne', tanto meno, una possibile affermata autenticità "centrista" di Renzi; la complessità degli anni propri della Neo Destra sovranista e (s)fascista merita, infatti, un Partito aggregato  di Centrosinistra  che funga da argine chiaro contro tutte le tentazioni illiberali, che sappia convogliare le istanze più innovative (per quanto confuse e problematiche) all’interno di un percorso autenticamente Costituzionale.

E questo argine, ieri con Renzi ed oggi con i nuovi innesti prefigurati dal Sindaco di Milano Giuseppe Sala, è il PD!

La rinnovata gestione “umanitaria” dell'emergenza migratoria lo dimostra, Il DNA schiettamente europeista dei suoi ministri pure e cosa aggiungerebbe a tutto, quindi, il partitino personalistico di Renzi?

E chi impedirebbe, poi, nuove scissioni dell'atomo? Anche i renziani, infatti, sono "diversi" tra loro: ci sono radicali  "pro choice"  su aborto e fine vita come Roberto Giachetti e tanti scout cattolici "pro life", ci sono economisti liberali come Luigi Marattin e neo keynesiani per le politiche in deficit, come lo stesso Renzi. Perché costoro dovrebbero lavorare insieme per una sintesi laica e di buon senso? Perché non fare chiarezza e dividersi, di nuovo, anche loro? Perché non coltivare la propria identità tra amici, sodali, yesman? E ciò fino allo sdoppiamento della personalità del Singolo concentrato tutto su se stesso!

E,  forse, questo approdo non è solo la fine triste ma l'origine stessa di questa storia.

Alcuni, ancora, cercano tranquillità farfugliando di “separazione consensuale” e dell’intelligenza pacata dello “stratega” Goffredo Bettini ma, a dire il vero, come in un esorcismo, le donne e gli uomini di Centrosinistra dovrebbero in un sussulto urlare: Dio non voglia ! Quale separazione "consensuale" ci può essere, infatti, tra gruppi e movimenti che si contendono lo stesso elettorato? Renzi, è bene ricordarlo, non è uno sfigato moderato berluscones nell’era del Papeete, ma è stato l’uomo di Sinistra dell'adesione al PSE, delle Unioni Civili, dello Ius culturae, dell'umanitarismo dell'accoglienza, il liberal democratico di un riformismo deciso di stampo laburista.

Renzi, ancora, è figlio di quel cattolicesimo sociale e democratico che, di certo, ha poco da spartire con l'elitarismo avulso dalla concretezza di certo Centrodestra dei salotti buoni.

Gli stessi strateghi dicono, quindi: il nuovo soggetto "a destra del PD" contenderà il consenso dei moderati, degli elettori di buon senso. E questo, in qualche modo, per una percentuale ristretta di transfughi delusi dal Cavaliere, potrà senz’altro avvenire, ma non sfuggirà ai più attenti che questo tipo di elettori già votano il PD! Sono loro, e moltissimi cattolici tra loro, il nocciolo duro di un consenso illuminato che ha imparato a guardare ai Democratici come all'alternativa misurata contro i populismi.

Gli altri, gli adepti della “Rivoluzione Conservatrice” ieri ammaliati da Berlusconi e, oggi, dal Capitano, hanno già abbandonato gli ormeggi e veleggiano convinti verso la Lega –  la Destra-centro – verso il mondo cristianista alle prese con le paure apocalittiche e un misticismo da "sede vacante" che fa tanto Medioevo in salsa americana.

Che cosa hanno a che fare con tutto questo gli Scout, l'Azione Cattolica, la Fuci? Che cosa direbbe di nuovo a questo mondo di "Resistenti anti demagogici" la gilda fiorentina rispetto alla narrazione plurale e maggioritaria del Partito Democratico?

Ed Altri ancora affermano: con il proporzionale ci vuole la frammentazione! E la DC? – tocca ripeterci – e La DC che più volte contese la maggioranza assoluta? Perché' la Balena Bianca (con tutto il suo corredo di paradossi e di complessi interessi rappresentati) resse benissimo con il proporzionale puro? Ed ancora, perché, poi, dovremmo arrenderci al ritorno del proporzionale? E forse sono coloro che lo invocano come giustificazione deresponsabilizzante a volerlo fortemente come soluzione ai propri problemi di posizionamento e di Potere.

Che in ballo, in ultima analisi, ci sia Renzi contro Renzi, lo dimostra ulteriormente il fatto che, nelle tante tempeste attraversate nel recente passato, l’ex premier ha saputo, fino ad ora, tenere empre la barra dritta sul Partito, ed anche la conversione ad U con i Grillini , in un certo modo, ha corrisposto all’esigenza, rappresentata, per altro, da Romano Prodi, di rilanciare un PD coeso impegnato nella battaglia storica contro Salvini. E, quindi, val la pena domandarsi, come mai, poi, si è giunti alla scissione, perché tale contraddizione?

In realtà, la Politica del cerchio o del "giglio” magico rischia davvero di obnubilare le intuizioni di tutti i leader alle prese con la droga del consenso fidelizzato e cieco che spinge all’isolamento altero ed eretico.

E non solo perché "extra ecclesiam nulla salus" ma, soprattutto, perché la politica del consenso identitario misurato su cifre più o meno esigue, per quanto affiliatissime, di seguaci acefali non è proprio la strategia d'elezione, ad esempio, per un leader che ha toccato il 40% dei consensi, per chi ha rinverdito per una stagione esaltante, lo ribadiamo, il mito del Partito della Nazione.

Ed ora? Cosa rimane di tutto questo? Il dispetto a Zingaretti e a Bersani? Lo sberleffo a Prodi e Veltroni? Lo smarrimento di tantissimi riformisti e liberali che non lo seguiranno?

La tattica, le categorie dialettiche e le associazioni/dissociazioni strumentali sono importanti  ma la Politica popolare e democratica è qualcosa in più: sono gli Spiriti che soffiano sopra le singole stagioni, che trascendono il valore dei singoli, che congiungono nel presente dell'elaborazione scevra da ogni utopismo politico (pericoloso ed eversivo) Salvemini, Sturzo, De Gasperi, Berlinguer, Moro ma anche Pannella e Bonino e tanti altri socialisti, liberali e tutti gli anti fascisti del dialogo e della condivisione.

Ed invece di tutto questo, si chiede ai militanti che vivificano i Circoli dell’unico Partito davvero organizzato da Nord a Sud, di appassionarsi per le vicende esistenziali di questo o di quella, di gioire per l'ennesima scissione a Sinistra.

Mi sa che nel dipingere malamente il Popolo come massa idiota di schiavi proni non ci si applichi solo Salvini! La realtà, comunque, beneficamente, ci sorprenderà tutti, con la forza carsica delle buone ragioni che decanteranno l’ennesima fascinazione per le cause perse.