Il sequestro di Abu Omar da parte di un commando della CIA su suolo meneghino si consumò nel 2002, Governo Berlusconi II, ministro degli Esteri Frattini, ministro degli Interni Pisanu. Siamo nel 2019, in tempi di post-(geo)politica. Non è più infatti l’Alleato atlantico a fare razzie nel nostro Paese (sovranista più che sovrano?) bensì addirittura la Corea del Nord. Succede ai tempi del Governo Conte, agli Interni c’è un certo Salvini, agli Esteri Moavero (bis). Magari un debito di campagna elettorale da ripagare, magari una semplice sottovalutazione della questione o forse perfino un consapevole insabbiamento dettato dalle contingenze diplomatiche internazionali: fatto sta che la situazione non appare essere stata affrontata come d’uopo.

Guardiamo alla ricostruzione degli eventi: a novembre un alto diplomatico nordcoreano sparisce misteriosamente con sua moglie mentre è reggente dell’Ambasciata del suo Paese a Roma. Alcuni danno la coppia in Svizzera sotto protezione di servizi segreti occidentali in attesa di avere l’asilo dagli Stati Uniti o dalla Corea del Sud, altri in combutta col gruppo CCD (Cheollima Civil Defense) che promette di ribaltare il regime di Pyongyang e rivendica l’assalto dell’Ambasciata nordcoreana a Madrid dello scorso febbraio. L’Italia nega ogni coinvolgimento nella faccenda. Resta fuori però un elemento: la figlia del diplomatico disertore, diciassettenne e dichiarata disabile, viene pochi giorni dopo fatta rimpatriare in fretta e furia da Roma, dove era rimasta sola.

Posizione della Corea del Nord, parafrasando un comunicato ufficiale: la ragazza odiava e rimproverava i suoi genitori che l'avevano abbandonata. Stando a casa da sola soffriva di solitudine. Aveva dunque insistito affinché potesse rientrare a Pyongyang dove l'attendevano i nonni. È stata accompagnata nel viaggio da personale femminile, nessun rapimento. Adesso vive coi nonni, è sotto cura ma era felice di rientrare. Il resto, è propaganda sudcoreana.

Posizione ufficiosa dei nostri servizi (La Repubblica 22 febbraio): la figlia, emotivamente instabile, rimproverava ai genitori comportamenti non consoni allo spirito nordcoreano, mondani e occidentalizzati. Tale atteggiamento ha spinto la ragazza a richiedere alle autorità di Pyongyang un rientro d’urgenza della famiglia in Patria entro la fine del 2018. I genitori, colti dall’urgenza, decidono per la fuga. La ragazza, una volta sola, può finalmente rientrare come voleva dai suoi nonni.

C’è infine un’ultima versione (agenzia stampa sudcoreana Yonhap, citando l’ex ambasciatore nordcoreano in esilio Thae Yong-ho): un manipolo di servizi nordcoreani ha rapito la minorenne, disabile, sul territorio italiano e l’ha rimpatriata di forza in un Paese che ha una certa reputazione sul trattamento dei familiari dei disertori, con gradi di severità proporzionali al livello di inimicizia del Paese ospitante col Governo di Pyongyang.

Inutile sottolineare la gravità della cosa e l’urgenza di verificare per quanto possibile i fatti. Ciò nonostante, il Ministro Salvini si rifiuta di riferire alle Camere (21 febbraio, Il Giornale): “E' una questione di ambasciate. Se c'è una ragazza che è voluta tornare dai nonni cosa c'entra il ministro dell'Interno?" (NDR: stessa posizione dell’on. Razzi, autodichiaratosi conoscitore di cose nordcoreane). La Farnesina (20 febbraio): non disponiamo di altre informazioni sulla vicenda oltre a quelle fornite dall’Ambasciata della Corea del Nord. Moavero (20 febbraio): stiamo facendo le verifiche necessarie in queste ore. Oggi, a oltre due mesi da quando Moavero annunciava delle verifiche urgenti, la Farnesina sposava acriticamente il racconto nordcoreano e Salvini se ne lavava le mani, il caso è piombato in un inquietante silenzio.

Non è peregrino immaginare che il secondo incontro Trump-Kim e il recentissimo seguito Putin-Kim abbiano contribuito a far zittire una questione scomoda in un momento storico di distensione. Tuttavia, è dovere dei due Ministri coinvolti approfondire l’accaduto e riferire alle Camere, oltre che domandare, se necessario, l’intervento della Magistratura.

In attesa paziente che la coalizione litigiosa al Governo faccia chiarezza e si assuma delle responsabilità di qualche tipo, Pyongyang ha nel frattempo dato a Salvini quantomeno un’indicazione di “best practice” di patriottismo e di scienze dell’organizzazione (NK News 28 marzo): a seguito dell’imbarazzante episodio italiano, l’Ufficio Politico e della Propaganda del Ministero dell’Interno ha deciso di richiamare per tre mesi (da febbraio ad aprile) l’intero corpo diplomatico della Nord Corea all’estero per sottoporre i legati e le rispettive famiglie a un’approfondita indagine psicologica (“intensive ideological examinations and education”), in modo da poter verificare e rinforzare la loro fedeltà al Paese.

@lorenzoseritti