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Abbiamo spiegato il meccanismo delle pluricandidature alla Camera (link pezzo Camera). Al Senato l’uso della pluricandidatura è stato molto più contenuto, un trend comune anche alle elezioni regolate dal Porcellum.

A disposizione dei partiti ci sono nove diverse combinazioni di pluricandidatura, su cui non è ininfluente anche l’effetto dell’assenza dell’opzione in caso di plurielezione. È un range molto variegato in cui si passa dalla soluzione massima dell’1+5, a favore presumibilmente dei leader, fino alla combinazione minima dell’1+1, comunque strategica se abbinata a un posto da capolista nel proporzionale.

Abolita l’opzione, ora le segreterie devono tenere conto, nelle pluricandidature verticali di successo, del possibile miglior risultato del partito. Sarà questo infatti a far scivolare il seggio in favore del candidato successivo al plurieletto che risulterà invece eletto dove il partito ha fatto la performance peggiore. Un meccanismo di per sé già cervellotico che si fa più complesso se si considera che al plurieletto di genere maschile potrà subentrare solo un candidato di genere femminile e viceversa.

Nella tabella seguente riportiamo i dati del fenomeno. Per PC 1+5 si intende il numero di pluricandidati candidato una volta nell’uninominale  e 5 volte nel proporzionale.

Risulta molto chiaro come la distribuzione si concentri più verso le soluzioni minime, soprattutto per i partiti maggiori.

Sia alla Camera che al Senato, la combo 1+5, invece, avvantaggia quasi esclusivamente candidature femminili di spicco di entrambe le coalizioni: alla Camera Boschi, Di Giorgi, Madia del Pd, Lorenzin di Civica Popolare, Manzi di Più Europa, Milanato di Forza Italia, Castiello e Lucchini della Lega, Meloni, Lucaselli, Caretta e Frassinetti di Fratelli d’Italia, Guerra di Liberi e Uguali; al Senato Emma Bonino e Filomena Gallo per Più Europa, Ronzulli per Forza Italia, Santanché, Petrenga e Rauti di Fratelli d’Italia.

Dietro a questo presunto passo in avanti per una maggior presenza delle donne in politica si cela, soprattutto per i partiti maggiori, un possibile assist per l’elezione di candidati di genere maschile.

I leader Renzi e Salvini, entrambi candidati al Senato, optano per due soluzioni diverse. Se il secondo sceglie 5 primi posti secchi nel proporzionale, il primo adotta la soluzione 1+2. L’elezione nel collegio uninominale permetterà a Renzi di far eleggere due donne nei collegi plurinominali.

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