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Deve essere l’estate.Di nuovo, quasi ad un anno da un articolo simile, Galli della Loggia sul Corriere del 19 luglioriparte con un attacco agli “europeisti”  ovvero a quelli che in Italia, secondo l’opinionista, avrebbero dimenticato il ruolo della nazione e l’importanza dello stato nazione. Senza il quale addiritttura non ci sarebbero state molte conquiste del nostro tempo: dalla democrazia liberale all’illuminismo, al suffragio universale, al welfare.

Gli europeisti invece, condannando lo stato nazione come il “male”, come un elemento foriero di guerre, e dimenticando invece il ruolo indispensabile dello stesso per il benessere dei cittadinihanno aperto la porta al genere più abietto e deleterio di patriottismo: il nazionalismo. Visto che io sono un europeista convinto mi sento chiamato in causa direttamente da Galli della Loggia perché il suo ragionamento, perlomeno per quanto riguarda il “mio” europeismo, ha un vizio di fondo molto preocccupante.

Ci sono infatti due tipi di europeismo: il primo parte appunto dall’analisi di Spinelli sui limiti dello stato-nazione europeo, e sul pericolo dei nazionalismi.Per evitare guerre e conflitti continui che hanno insanguinato l’Europa, bisogna superare lo stato-nazione e dar vita ad una federazione.Pur sapendo che sto semplificando, l’idea di fondo è che le genti europee siano più simili di quello che sembrano e che desiderino appunto vivere insieme in pace, ma vanno create le strutture amministrative e politiche adatte a tenere insieme persone che sono abituate a vivere in stati-nazione.

Chiamerò questo europeismo “idealista” non in senso dispregiativo ma perché, oggi, richiede un certo balzo in avanti della mente e forzatura della realtà. E la realtà è che questa idea di fondo temo sia condivisa, oggi, quasi unicamente da quella parte di popolazione italiana e in generale europeo-occidentale (non orientale) che è stata educata negli anni 50-60, quando eliminare la diffidenza verso il vicino tedesco austriaco francese etc, era una questione di sopravvivenza.E da chi viaggia all’interno dell’Europa più frequentemente, ha amici dappertutto e prende Easyjet con la stessa facilità di un treno regionale.

Quindi, da una parte i più giovani, dall’altra i più anziani. Non è una maggioranza sufficiente a portare al cambiamento auspicato da Spinelli e dai suoi eredi (i federalisti europei).  Che non sia sufficiente però non significa che l’idea sia sbagliata.   

Ma c’è invece un altro europeismo, che poi è il mio europeismo, ed è quello di necessitàSi deve stare insieme soprattutto perché insieme si conta di più e si è più forti.Invece di immaginare un’Europa dall’Atlantico ai confini della Russia, immagina un’Europa più piccola, concentrata intorno ai 27 o 28 di oggi, forse anche qualcuno in meno (meglio), che però sia coesa nelle scelte di politica estera, politica commerciale,industriale ed energetica.Meccanismi brevi e semplici di decisione, catena di comando efficiente, reazione a cambiamenti globali veloce e non ad un esasperante passo di lumaca come oggi. 

La cessione di sovranità verso l’alto in questo caso non sarebbe risultato di un“sentirsi tutti fratelli”, cosa che può essere vera per me e per una piccola parte della popolazione come dicevo sopra, ma come una soluzione funzionale alle necessità di un mondo in cambiamento dove le dimensioni del mercato interno, delle proprie aziende, del territorio e, perché no, delle forze armate, contano. Eccome se contano.   

In questo senso, se di senso di “nazione” e interesse nazionale deve ancora parlarsi, va ricordato che l’interesse nazionale italiano francese o tedesco o olandese sulle materie che ho elencato sopra si puòdifendere solo se preso in carico da un’istituzione comune. Il problema attuale è che viene esercitato invece attraverso meccanismi intergovernativi proprio in osservanza del principio enunciato da Galli della Loggia, cioè che gli interessi della “nazione”  abbiano priorità (se no che cosa racconto quando “torno a casa” da Brussels?) e quindi è ovvio che il risultato non può che essere un compromesso, un do ut des continuo dove si ha poi l’impressione – errata peraltro – che prevalga sempre la “cattiva” Germania. Perché così la spiegano i giornali, in Italia almeno (i giornali tedeschi ovviamente dicono il contrario).

Questo europeismo di necessità penso trovi molto più sostegno popolare del primo, più idealista e più “elitario”, forse, anche se non mi piace usare il termine. Basta guardare i sondaggi paneuropei fatti da Eurobarometro o Pew.  Alla domanda di quali problemi si dovrebbe occupare l’UE, le risposte coincidono spesso con materie in cui gli stati membri si sono riservati la competenza esclusiva o concorrente.Se è vero che oggi si sente un bisogno di “protezione”, che può essere da pericoli percepiti o reali diversi a seconda se si parli con un francese un italiano o un olandese ma comunque esiste, il sistema intergovernativo attuale non solo non è in grado di garantirlo, ma è l’ostacolo principale se non al raggiungimento perlomeno all’avvicinamento a quell’obiettivo.

L’idea di un “super-stato”, lo so, ha sempre spaventato i liberali come Galli della Loggia. Ma è anche vero che non tutti i super-stati devono necessariamente essere autoritari o repressivi come li si immagina.Non lo sono gli Usa, non lo è l’India per esempio.Non si deve far altro che guardare la Costituzione americana per capire quali decisioni vanno demandate al “super-governo” e quali possono restare a livello locale.

L’idea ha invece ragione di spaventare le migliaia di funzionari pubblici, ministri e vice ministri in tutta Europa che vedrebbero ridotto il proprio potere, che alla fine è però un impotere.Ma che è esattamente quella burocrazia verso la quale chi si professa liberale ha sempre detto di combattere.