Così giovane, così vecchio. Nicholas e la sindrome di Stoccolma del PD
Istituzioni ed economia
Altro che ventata di gioventù. Il j'accuse di Nicholas Ferrante verso la dirigenza PD e il suo modo di spiegare le ragioni della sconfitta del 4 marzo sono un catalogo del luogocomunismo di una sinistra vecchia e bacucca che, quando Nicholas non era ancora nato, aveva già venduto l'anima al diavolo di Mani Pulite.
È più di un quarto di secolo che la sinistra insegue la mitologia berlingueriana della questione morale, della pulizia e dell’onestà e spaccia la rivolta plebea come surrogato contemporaneo della rivoluzione proletaria. Ed è da un quarto di secolo che regala al nemico (da Berlusconi, a Salvini a Grillo) i frutti di questo comunismo de ‘noantri degradato da conflitto di classe a rancore sociale e finisce imprigionata in una sindrome di Stoccolma, che l’ha portata ad idealizzare qualunque Masaniello e qualunque sfasciacarrozze della democrazia e delle istituzioni come un compagno e alla fine anche come un possibile leader rivoluzionario. Dalle piazze di “Forza Tonino” a quelle che oggi rendono omaggio alla fattoria degli animali grillina, con i suoi codici segreti e i suoi ordinamenti dinastici come esempio di apertura e partecipazione politica “dal basso”. Nicholas è l’ennesimo eroe di questa guerra civile sbagliata, ma la colpa non è sua, perché è esso stesso un prodotto incolpevole di questa deriva, di questa mala educación politica.
Un’interpretazione puramente colpevolistica delle sconfitte del PD non è solo un errore, ma un alibi, perché consente di rimuovere i giganteschi problemi strutturali che mettono fuori gioco la vecchia sinistra socialista-nazionale - la crisi fiscale dello stato sociale, la periferizzazione demografica dell’ex primo mondo, la quarta rivoluzione industriale… - e di concentrare le risse da cortile su problemi sovrastrutturali, che stanno a valle, non a monte del collasso politico-culturale della sinistra novecentesca. E lo stesso si dica del problema del Sud e della sinistra al Sud, dove proprio i De Luca, gli Emiliano e gli Orlando - accusati a ragione di personalismi, clientelismi e nepotismi - sono esattamente la prova, per così dire, sperimentale di dove porti di affidarsi a salvatori che fanno coincidere istanze di conservazione e promesse di palingenesi, particolarismi e populismi. Anche il vecchio Tonino, il capostipite degli arruffapopolo in nome dell’o-ne-stà candidava il figliuolo in lista, come De Luca, ma tutto questo Nicholas non lo sa o forse preferisce non saperlo per non doverne capire il perchè.