Catalogne d'Europa: la mappa degli indipendentismi del vecchio continente
Istituzioni ed economia
Uno dei temi più accesi del momento è sicuramente la crisi politica e istituzionale in cui versa la Spagna a causa della secessione della regione autonoma della Catalogna votata dal parlamento catalano con 70 voti a favore, 10 contro e due astensioni.
Tuttavia, come sottolineano alcuni articoli di CNBC, del Guardian e di Business Insider UK, c’è un aspetto legato a questa vicenda che finora è passato relativamente sotto traccia: oltre alla Catalogna quali sono le altre regioni europee che potenzialmente aspirano a diventare Stati a sé e su quali basi avanzano le loro richieste di secessione?
L’Europa è un coacervo di Nazioni molto diverse tra loro per lingua, cultura e tradizione e questo vale non solo a livello degli Stati che compongono l’Unione Europea nel suo complesso, ma anche a livello degli Stati nazionali stessi. In Europa non è infrequente che gli Stati siano essi stessi un miscuglio di regioni molto diverse tra la loro sotto moltissimi punti di vista, come la cultura, la storia e spesso anche la lingua. Secondo la serie articoli di CNBC, Guardian e Business Insider UK citati precedentemente ci sono 4 Stati in particolare (Italia, Germania, Belgio e Regno Unito) che potrebbero trovarsi, in un futuro più o meno prossimo, a dover gestire una situazione simile alla crisi politica e istituzionale spagnola per via delle richieste di secessione avanzate da alcune delle proprie regioni:
In Italia le regioni ‘indipendentiste’ sono la Lombardia (10 milioni di abitanti), il Veneto (4.9 milioni) e il Sud Tirolo (511.00). I cittadini di queste tre regioni esprimono già da molti anni un forte sentimento di indipedenza da Roma, ma per motivi molto diversi. In Lombardia l'autonomismo nasce prevalentemente dalla percezione che il proprio residuo fiscale (circa 54 miliardi di €) vada a foraggiare l’esorbitante e spesso inconcludente spesa pubblica delle regioni del Sud.
Anche in Veneto il movimento indipendentista cita spesso i 15 miliardi di residuo fiscale come ragione per incoraggiare il popolo veneto all’indipendenza. Il motivo principale del sentimento secessionista veneto, però, non è economico, ma storico, come sottolinea puntualmente l’articolo di CNBC citato precedentemente: Venezia, infatti, è stata per secoli la capitale di uno Stato indipendente e sovrano, chiamata la Serenissima, a cui gli indipendentisti veneti vorrebbero tornare. Il fatto che queste due regioni abbiano recentemente tenuto due referendum in cui chiedono una maggiore autonomia da parte del governo centrale potrebbe dare nuova linfa a quei movimenti politici che vorrebbero una separazione dal resto dell’Italia, prima economica e poi statale.
Per quanto riguarda il Sud Tirolo, invece, la spinta indipendentista è legata principalmente a un senso di appartenenza culturale: i tirolesi si sentono, infatti, molto più tedeschi che italiani, basti pensare che (secondo stime non ufficiali) dei 511.000 suoi abitanti solo una minoranza parla fluentemente italiano, mentre tutti parlano Hochdeutsch (il tedesco di ‘alto livello’, diverso dal tedesco dialettale del Sud Tirolo). Ciò che gli indipendentisti del Sud Tirolo vorrebbero, però, non è un’indipendenza vera e propria visto che, secondo i loro piani, questa regione dovrebbe staccarsi dall’Italia per ricongiungersi all’Austria.
In Germania il Land che aspirerebbe ad essere uno Stato a sé è la Baviera (2.9 milioni di abitanti). Anche se la volontà di indipendenza è sempre stata presente tra i cittadini di questa regione, nel 2017 questa tendenza ha mostrato segni di accelerazione: secondo un recente sondaggio il 32% dei Bavaresi sarebbe favorevole alla secessione dalla Germania. Le ragioni a favore dell’indipendenza sembrano essere sia economiche sia storiche. Da un lato, infatti, prima della sua annessione alla Germania la Baviera era uno Stato indipendente con un proprio monarca e una propria costituzione; dall’altro lato, però, è anche vero che l’intera regione e la sua capitale Monaco sono il Land tedesco in cui la famosa quota di solidarietà verso gli altri Länder della Repubblica Federale è più malvista.
In Belgio le regioni che vorrebbero ‘secedere’ dallo Stato centrale sono le Fiandre (6.4 milioni di abitanti) e la Vallonia (3.6 milioni). Le Fiandre sono una delle regioni più ricche del Belgio, ma anche una di quelle più propense all’indipendenza. Questo sentimento secessionista nasce soprattutto da una diversità linguistica e culturale: nelle Fiandre si parla Olandese e la cultura è più vicina a quella di questo paese piuttosto che alle altre regioni del Belgio. Lo stesso ragionamento si applica alla Vallonia, anche se la lingua e la cultura prevalente in questa regione è quella francese. Un aspetto interessante del modo in cui queste due regioni intendono conquistare l’indipendenza è che, nelle intenzioni degli indipendentisti, si tratterebbe di un processo graduale, da attuarsi tramite una lenta devolution che culminerebbe con una separazione formale dal Belgio nel 2019.
Nel Regno Unito le regioni che vorrebbero essere indipendenti dal governo di Sua Maestà sono l’Irlanda del Nord (1.8 milioni di abitanti), il Galles (3.1 milioni) e la Scozia (5.4 milioni). Queste tre regioni hanno avuto movimenti indipendentisti fin dagli inizi del 1900, i quali hanno usato e usano la differenza culturale tra queste regioni e il resto dell’United Kingdom come motivo principale per la secessione. Apparentemente però di queste tre solo la Scozia ha mosso significativi passi in avanti verso una vera e propria indipendenza: a partire dal 1999 il Parlamento scozzese è, infatti, responsabile di numerose funzioni governative e nel 2014 la Scozia ha addirittura tenuto un referendum proprio sull’indipendenza, che è stato però vinto dal No con il 55,3% contro il 44,7% del Sì.
Nonostante questo possa sembrare un insuccesso, la Brexit potrebbe aver cambiato le carte in tavola visto che il Primo Ministro Scozzese Nicola Surgeon ha recentemente dichiarato che sarebbe favorevole a un secondo referendum su questo tema, come rimarca il Guardian.