kurzstrache

Partendo dallo specifico elettorale di ieri, si può dire che il Partito Popolare Austriaco del giovane Kurz ha riguadagnato consensi rompendo una coalizione, quella con il Partito Socialista, di cui gli elettori erano evidentemente stufi, e alla quale cercavano alternative su un menù che invece di alternative non ne offriva molte. Fin qui tutto bene, si potrebbe dire: un passo deciso verso il ripristino di una “normalità” bipolare tra un centrodestra e un centrosinistra moderati e “di sistema”, se non fosse per due ordini di problemi, uno più immediato, l’altro più profondo e sostanziale.

Il primo: oggi Kurz dovrà scegliere se rigenerare quella stessa coalizione, oppure crearne una nuova con l'estrema destra di Heinz Christian Strache, che anche ha gonfiato le vele contendendo il secondo posto al Partito Socialista. Nel primo caso verrà meno ai suoi propositi di breve periodo, facendo ulteriormente crescere la popolarità dell'estrema destra, nel secondo sarà lui a portare l'estrema destra direttamente nella stanza dei bottoni, e forse - mal di stomaco a parte - sarebbe meno pericoloso che ci arrivi da alleato subordinato piuttosto che dopo aver vinto le elezioni in pompa magna. Una scommessa già tentata e vinta nel 2000, quando il Partito Popolare portò al governo il FPOE di Haider: due anni dopo il FPOE perdeva il 10 percento dei consensi, avviandosi verso la crisi e la scissione del 2004. Una scommessa comunque molto azzardata.

Il secondo problema: l'Austria è un paese che deve il suo benessere alla sua posizione e alla permeabilità delle sue frontiere. A metà strada tra la locomotiva tedesca alla quale è solidamente agganciata e i paesi dell'ex cortina di ferro da cui trae manodopera, si può permettere il lusso di avere un welfare più generoso di quello della Germania, di attrarre imprese dal settentrione italiano a suon di sconti fiscali e di essere uno snodo logistico di primaria importanza per il traffico merci del vecchio continente.

Oggi però gli elettori austriaci pretendono che i loro rappresentanti incarnino il risentimento popolare contro gli invasori turchi, slavi, italiani - i Mustafà, i Mirko e i Giovanni, secondo il modo di dire - contro i transfrontalieri tedeschi che vanno a lavorare nelle città di confine dell'Oberoesterreich per godere di qualche diritto sindacale in più rispetto a quelli dei quali beneficerebbero nelle aziende bavaresi e contro i camion con le targhe di tutta Europa che attraversano il paese in lungo e in largo, e i partiti vincenti sono quelli che assecondano volentieri questo risentimento tossico e suicida, invece di smascherarne i paradossi.

E infatti Norbert Hofer - che per l’estrema destra ha sfiorato la presidenza della Repubblica e oggi è indicato come il possibile Ministro degli esteri dell’eventuale coalizione nero-blu - intervistato da Tonia Mastrobuoni parla esplicitamente della costruzione di una nuova Mitteleuropa, riferendosi a un’area geopolitica che comprenderebbe oltre all’Austria il quartetto di Visegrad (Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca e Slovacchia) e della quale la stessa Germania sarebbe interlocutore ma non parte integrante, tracciando quindi plasticamente i contorni di una politica improntata non sul reale ma su un percepito fiabesco e surreale, condito anche con la frustrazione finora rimossa per i fasti perduti dell’impero austroungarico.

In ogni caso dall’Austria arriva una nuova dimostrazione del fatto che quando un certo tipo di demone esce dalla lampada nella quale era rimasto rinchiuso per decenni - i decenni più prosperi e pacifici della storia europea, non per caso - è molto complicato farcelo rientrare.