Quei giudici che non distrussero (né distruggeranno) l’euro
Aprile 2014 / Monografica
La Corte Costituzionale tedesca interpella i giudici comunitari sulla compatibilità degli acquisti OMT con il diritto europeo. E’ la prima volta che un simile rinvio pregiudiziale ha luogo, probabilmente per evitare una pronuncia che avrebbe rischiato di distruggere l’Unione Europea. Dove porterà il dialogo appena instaurato tra i due Tribunali da cui dipende il destino dell’euro?
Nelle scorse settimane la Corte Costituzionale tedesca ha inaugurato una nuova fase del processo di integrazione europea.
Nei fatti, i giudici di Karlsruhe hanno confermato la compatibilità del fondo salva Stati (“MES”) con l’ordinamento tedesco, seguendo le condizioni e le linee argomentative già elaborate nel 2012 quando il medesimo Tribunale respinse con ordinanza le richieste di provvedimento cautelare contro il MES avanzate da una eterogenea coalizione di politici, giuristi, economisti e semplici cittadini. La suprema Corte tedesca ha inoltre chiesto alla Corte di Giustizia Europea di pronunciarsi in via preliminare sulla compatibilità del programma OMT con i Trattati istitutivi dell’Unione Europea.
Attraverso le OMT (“Outright Monetary Transactions”) la BCE di Mario Draghi si è riservata la possibilità di acquistare titoli di Stato emessi da Stati Membri in difficoltà, per quantità potenzialmente illimitate e dietro condizionalità per lo Stato assistito, onde abbassare la febbre sui mercati finanziari. Sul piano del diritto sostanziale, la CGE è chiamata a chiarire se gli OMT eccedano o meno le competenze di politica monetaria attribuite alla BCE, e se violino il divieto di bail out degli Stati Membri come descritto dall’articolo 123 del TFUE.
E’ la prima volta che i giudici costituzionali tedeschi azionano il meccanismo del rinvio pregiudiziale ai colleghi europei per una questione relativa al “principio di attribuzione”. Fino ad ora, i guardiani della Costituzione della Repubblica Federale hanno sempre resistito ai tentativi dei colleghi del Lussemburgo di imporre la supremazia del diritto comunitario su quello costituzionale interno. Letto (superficialmente) in combinato con la sentenza sul MES, il rinvio pregiudiziale della questione OMT parrebbe restituire un’immagine eccessivamente pro-europeista del Bundesverfassungsgericht. Le cose non stanno necessariamente così.
E’ vero che il rinvio dei giudici di Karlsruhe inizia un dialogo con i massimi giudici europei su un tema dirimente per la stessa esistenza dell’euro. E tuttavia si tratta di un dialogo nato nel solco della giurisprudenza tedesca in tema di atti comunitari ultra-vires, elaborata dalla medesima corte federale per verificare il rispetto degli atti giuridici dell’Unione rispetto alle competenze previste dai Trattati. In buona sostanza, quando un atto dell’Unione eccede i poteri conferiti a quest’ultima, per la Corte Costituzionale tedesca esso è inapplicabile nell’ordinamento interno.
Come osservato da Giovanni Boggero qui, nella sentenza Mangold del 2010 il Tribunale Costituzionale tedesco ha statuito che esso intende controllare gli atti comunitari alla luce della dottrina ultra-vires soltanto «quando istituzioni, organi ed organismi europei abbiano esorbitato i limiti delle loro competenze in un modo specificamente lesivo del principio delle competenze attribuite, o in altre parole, quando la lesione delle competenze è sufficientemente qualificata», e in ogni caso non prima di aver chiesto alla Corte di Giustizia Europea di pronunciarsi sulla questione. Nelle intenzioni dei giudici tedeschi, il rinvio pregiudiziale serve ad offrire alla CGE la possibilità di salvare, in zona Cesarini, una misura sospetta di eccesso di competenza, attraverso una “interpretazione adeguatrice”. Ciò sostanzia, invero, il tentativo esperito attraverso l’ordinanza con cui Karlsruhe rimette il programma OMT al vaglio della Corte del Lussemburgo.
Si tratta di un rinvio mirato, acutamente circostanziato e molto tendenzioso nei suggerimenti che offre alla Corte di Giustizia, che per salvare le OMT dovrà fare i conti con la sua recente giurisprudenza sul MES (causa Pringle). Infatti, chiamata ad interpretare la compatibilità dell’ESM con i Trattati europei, nel 2012 la Corte di Giustizia Europea decretò che il fondo salva Stati non infrangeva la competenza esclusiva dell’Unione Europea in materia di politica monetaria, in quanto «il MES [ESM, nda] non ha l’obiettivo di mantenere la stabilità dei prezzi, bensì è diretto a soddisfare le esigenze di finanziamento dei membri del MES, vale a dire gli Stati membri la cui moneta è l’euro, che già si trovino o rischino di trovarsi in gravi problemi finanziari, se indispensabile per salvaguardare la stabilità finanziaria della zona euro nel suo complesso e quella dei suoi Stati».
La CGE distingueva, dunque, tra “garantire la stabilità dei prezzi”, che rientra nel mandato esclusivo della BCE, e garantire la stabilità complessiva dell’euroarea, che è invece parte della politica economica coordinata tra gli Stati Membri e l’Unione. A contrario, se ne ricavano due corollari. Il primo postula che tutto ciò che dovesse rientrare nella politica monetaria (“mantenere la stabilità dei prezzi”), dovrebbe rispettare la competenza esclusiva dell’UE e della BCE nello specifico. Il secondo è che la BCE, intraprendendo un programma di stabilizzazione dell’euroarea come gli OMT, rischia di sconfinare nel campo aperto della politica economica dell’UE e degli Stati Membri, eccedendo la competenza attribuitale dai Trattati.
Per salvare l’ESM dalla censura di incompatibilità coi Trattati, la Corte di Giustizia si spinse addirittura più oltre in Pringle, legandosi inconsapevolmente le mani nel giudizio pendente sugli OMT. Scrivevano i giudici, infatti, che «l’articolo 123 TFUE [che sancisce il divieto per la BCE di aprire linee di credito agli Stati Membri] è specificamente rivolto alla BCE ed alle banche centrali degli Stati membri», mentre per contro «La concessione di un’assistenza finanziaria da parte di uno Stato membro o di un insieme di Stati membri ad un altro Stato membro non rientra (...) in detto divieto».
E’ molto probabile, a questo punto, che la CGE “comprerà” tutto il tempo possibile prima di emettere la propria sentenza sulle OMT, e che alla fine o scanserà l’appuntamento con la decisione di merito, ritenendo ipotetica la questione sollevata dal tribunale di ultima istanza tedesco, oppure si conformerà ai paletti che esso ha piantato nell’ordinanza di rinvio, escludendo dunque la possibilità di debt cut degli Stati Membri nei confronti del creditore BCE, imponendo limiti per l’acquisto dei titoli di singoli stati membri ed evitando interferenze nella formazione del prezzo dei titoli sul mercato.
Uno scontro frontale tra le due Corti determinerebbe la fine dell’Unione Europea. Entrambe ne sono consapevoli, e da lì deriva il rinvio pregiudiziale dei tedeschi. Dalla stessa matrice originerà la verosimile “interpretazione adeguatrice” dei giudici comunitari. Ma né l’uno né l’altro Tribunale potranno sostituire la politica (leggasi Stati Membri) nella correzione delle disfunzioni istituzionali e di politica economica dell’Unione Europea.
INDICE Aprile 2014
Editoriale
Monografica
- Uscire dall'euro? Attenti a quello che desiderate, potrebbe avverarsi
- In che modo siamo stati salvati dall'euro, e come siamo riusciti a dannarci da soli
- Fuori dall'euro, il giorno dopo
- La leggenda nera del Fiscal Compact
- La salute pubblica in Grecia, tra incudine e martello
- Innamorarsi di una moneta
- Esiste un'Europa delle opportunità, quella dei fondi che abbiamo sprecato per decenni
- Quei giudici che non distrussero (né distruggeranno) l’euro
Istituzioni ed economia
- Il decreto lavoro è una vera innovazione. Salvo marce indietro
- Riforma Delrio: le nuove province tra complicazioni e provvisorietà
- Più di sette milioni di iscrizioni all'Obamacare, ma non è una vittoria. Ecco perché
Innovazione e mercato
- Lotta alla pirateria... o al libero mercato?
- Il vino italiano alla conquista del mondo, ma con armi sempre più spuntate
Scienza e razionalità
Diritto e libertà
- Aborto e libertà di scegliere, anche le strutture private
- Affido condiviso, pericolosi passi indietro sulla bigenitorialità