La riduzione delle tasse su impresa e lavoro, proposta dal nuovo governo a guida Renzi, non è certamente un'idea nuova. Semmai è diventata più urgente. Solo il taglio consistente del cuneo fiscale e un profondo ripensamento della tassazione d'impresa può ridare fiato a una economia pesantemente fiaccata dalla crisi.

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In questi anni sempre più imprese sono state costrette a chiudere i battenti (si parla di 72 mila attività in meno solo nel 2013). E molte di quelle che sono sopravvissute ci sono riuscite solo spostando le produzioni fuori dall'Italia (il carico fiscale reale effettivo sulle imprese in Italia è valutato al 68,3%, 25,7 punti in più che nel resto dell’Europa). Proprio in considerazione di quest'ultimo aspetto, cioè la forte spinta a delocalizzare, è fondamentale che la riduzione del Cuneo fiscale avvenga prioritariamente tagliando l'IRAP. Osserva giustamente Enrico Zanetti che la quasi totale indeducibilita' del costo del lavoro dalla base imponibile dell'IRAP (costituita sostanzialmente dal valore aggiunto) produce un forte impatto sul tax rate complessivo a carico dell’impresa, determinandone un aumento di circa il 30 per cento.

A essere penalizzate sono soprattutto le imprese che creano occupazione e producono in Italia, e vengono invece premiate quelle che esternalizzano la produzione e ancora di più chi delocalizza all’estero. Una imposta che non consente la deducibilità di costi come quello del personale o gli interessi passivi pone spesso l’impresa nella difficile condizione di doverla pagare anche quando non si conseguono utili, cosa piuttosto diffusa in questa fase di difficile congiuntura economica. In poche parole, l’IRAP si trasforma in una tassa sulle perdite.

Il fatto che il gettito IRAP sia oggi destinato alle regioni per il finanziamento della sanità non rappresenta un ostacolo alla sua abolizione o riduzione. La perdita di gettito in capo alle regioni può essere compensata con forme di autonomia fiscale, riconoscendo compartecipazioni o attraverso un più ampio margine di flessibilità nella definizione di addizionali sull’imposta sui redditi da società e impresa.Una distribuzione del carico fiscale più equa ed efficiente si potrebbe ottenere, anche a invarianza di gettito, abolendo l’IRAP e compensandola con un aumento dell’IRES. E questo già di per se aiuterebbe le imprese. È tuttavia fondamentale che l’obiettivo di abolizione, o quanto meno di forte riduzione, dell’IRAP sia perseguito recuperando risorse dal taglio della spesa pubblica corrente.

A tale proposito, una voce di spesa pubblica corrente che è possibile tagliare per recuperare risorse è sicuramente la voce "sussidi alle imprese". Secondo il rapporto che fu predisposto dal prof. Giavazzi  nel 2012 su incarico dell’allora premier Monti, da questa voce si potrebbero ricavare subito circa tre miliardi di euro. Altre più consistenti risorse si possono ricavare, con interventi incisivi di più largo respiro, coordinando in modo sinergico la liberalizzazione dei servizi pubblici e il taglio dei trasferimenti pubblici a imprese che erogano servizi o gestiscono infrastrutture di pubblica utilità in regime di monopolio. Si tratta spesso di imprese (ex pubbliche o para-pubbliche) che ottengono i trasferimenti di risorse pubbliche e i rimborsi praticamente a pie’ di lista per i servizi erogati. Infine, l’attuazione del piano di spending review coordinato dal commissario Cottarelli dovrebbe liberare a regime risorse per altri 32 miliardi di euro. In sintesi, gli spazi ci sono per procedere a una graduale riduzione dell’IRAP, cominciando dall’aumento progressivo delle deduzioni per i costo del lavoro, fino alla sua totale abolizione. Non resta che procedere.