Trudeau UE

'Il Parlamento europeo si pone dalla parte sbagliata della storia'. Forse ha ragione Federica Ferrario, esponente di Greenpeace Italia. Il voto favorevole dell’assemblea elettiva continentale sul CETA, il trattato di libero scambio tra UE e Canada, quasi 'stona' rispetto al vento protezionista che spira in Occidente.

Dopo il fallimento dell’accordo euro-americano TTIP (per mano europea, prima che arrivasse Trump alla Casa Bianca) e l’uscita degli Stati Uniti dal negoziato per l’accordo transpacifico TPP, l’abbattimento delle barriere tra Bruxelles e Ottawa appare un miracolo. Non appena il parlamento canadese ratificherà a sua volta il documento, il 95 per cento dell’accordo entrerà in vigore. Mancherà all’appello una parte minima, al vaglio di 38 parlamenti nazionali e regionali europei.

Una scommessa? Su questa parte, per fortuna residuale, accadrà qualche incidente di percorso, tanto ghiotta sarà la possibilità per i sovranità di questo o quel paese di far saltare il banco. Per fortuna, gli eventuali danni saranno limitati e dalla prossima settimana per imprese e consumatori italiani ed europei entrerà in vigore un accordo molto fruttuoso con una delle economie più dinamiche e promettenti del pianeta.

Con il Ceta, molte imprese agroalimentari italiane entreranno con maggiore facilità nel mercato della decima economia del pianeta, il cui sviluppo industriale e infrastrutturale rappresenterà peraltro un nuovo importante business per i settori della manifattura e delle costruzioni (per dettagli sull’accordo, vi consigliamo questo articolo di Lifegate). Le nostre imprese di trasformazione accederanno a prezzi più bassi all’enorme produzione ittica canadese, per dirne una, a vantaggio dei prezzi e della qualità offerta ai consumatori.

Se fosse un paese membro della UE, il Canada sarebbe il settimo stato per popolazione e il quinto per PIL. Soprattutto, è il paese extracontinentale più simile per cultura e società all’Europa, con il quale dunque l’integrazione economica appare nella natura delle cose.

La forza economica dell’Europa, la sua centralità e la sua capacità di generare ricchezza e benessere, è paradossalmente più chiara a chi con l’Europa interagisce che ai suoi stessi leader politici. “L’Unione Europea è un risultato incredibile, un modello senza precedenti di pace e cooperazione. Assieme, i vostri Stati membri sono vitali per far fronte alle sfide della comunità internazionali”, ha detto il premier canadese Justin Trudeau intervenendo oggi in plenaria al Parlamento europeo.

Nelle parole di Trudeau c’è il senso di una visione che alcuni sembrano aver smarrito o volutamente accantonato, per paura della vulgata protezionista prevalente. L’economia globale o la governi o la subisci, vale per le singole imprese di ogni dimensione e grado e vale per la politica. La pluralità, l’integrazione e l’ibridazione creano sviluppo e innovazione, distruggono posizioni di rendita e consentono di aprire spazi di opportunità prima impensati e impensabili.

Possa il CETA mostrare nei prossimi anni quanto siano sbagliate e pericolose le sirene del protezionismo. E possa Justin Trudeau - astro nascente del mondo libero e della società aperta - infondere un po’ di amor proprio negli afflitti cittadini europei, tanto disorientati e in preda al panico da aver iniziato a segare il ramo su cui sono seduti.