Si torna a parlare di legge elettorale. La pronuncia della Consulta ha reso ineludibile l’esigenza di riconsiderare le norme in base alle quali i cittadini conferiscono un mandato affinché alle loro istanze venga fornita rilevanza. Nei mesi scorsi si era reso evidente che, nonostante le dichiarazioni favorevoli al cambiamento della legge suddetta, i parlamentari in gran parte avrebbero volentieri evitato l’incombenza alla quale ora sono in qualche modo tenuti in forza della recente sentenza.

seggio elettorale

Già in altre occasioni la Corte aveva paventato l’incostituzionalità della legge e il Capo dello Stato aveva condizionato alla riforma della stessa, tra le altre, la propria permanenza al Colle. Eppure tra i politici è prevalso il disappunto per questa messa in mora causata dalle loro inadempienze, quasi non si aspettassero che la Consulta avesse l’ardire di smontare il meccanismo che da tempo vanificava il significato di una delega di rappresentanza dal cittadino formalmente attribuita, ma da altri sostanzialmente riempita.

A seguito della sentenza della Corte, la collettività assiste perplessa alle ipotesi variamente formulate  circa il sistema elettorale più efficiente, senza mutare il proprio atteggiamento nei riguardi di una politica che suscita disistima, più che altro. I partiti non sono in grado di far fronte ai bisogni che essa manifesta, i loro esponenti badano esclusivamente al proprio interesse e tutto questo induce un generalizzato sentimento di impotenza: perciò forse la gente sembra non dare eccessiva importanza a meccanismi elettorali così complessi da risultare incomprensibili, a volte. Essa continua a chiedersi, invece, e con forza, come far sì che il proprio scontento possa emergere in modo da renderlo immediatamente evidente a una classe politica sempre più distante. Al di là del sistema di voto che prima o poi andrà a sostituire quello derivante dalla sentenza della Corte, questa è l’esigenza prevalente. In Nevada essa viene soddisfatta pienamente.

Non si sta suggerendo di espatriare nello Stato americano per evitare lo spettacolo offerto dai partiti in scena attualmente, ma di ispirarsi alla soluzione ivi adottata affinché proteste, lamentele, sfiducia e ogni altro atteggiamento oggi molto diffuso sfoci in un risultato chiaro ed evidente.In Nevada, se non si è favorevoli (in Italia, questo termine può rappresentare un eufemismo, considerato il sentimento, non così educato, nutrito da una parte dell’elettorato) a votare chi si sia presentato con promesse variamente declinate, sulla scheda si può esprimere una scelta che rappresenta in modo preciso e puntuale il proprio intendimento. “None of the those candidates”, "nessuno di questi candidati" è la casella da barrare se si vuole rendere nota la circostanza che nessuno dei candidati viene reputato meritevole di ricevere la propria delega ad amministrare la cittadinanza.

Il sistema è semplice e trasparente: se in nessuno si nutre fiducia, ciò emerge con chiarezza. Esso è, dunque, una buona alternativa per coloro i quali si sentano stretti nella morsa tra la rinuncia ad andare al seggio e il voto conferito a chi risulti meno sgradito, opzioni inidonee entrambe a consentire che il proprio dissenso venga qualificato elettoralmente. Se si concorda sul fatto che il diritto di voto sia conquista di civiltà nonché espressione di irrinunciabile libertà, appare evidente che non possa essere sprecato con uno sterile astensionismo che di per sé non manifesta niente. Il fatto che, a detta di taluno, esso debba venire valutato quale forma di protesta sembra solo un’istanza: in ogni caso, è un’interpretazione che nessun dato concreto potrà mai comprovare inequivocabilmente. Peraltro, a chi vince pare che questo poco importi, così che la diserzione delle urne diventa l’ennesimo elemento strumentalizzato secondo una qualche convenienza. Anche la sovranità popolare esercitata per eleggere il partito che si reputi meno incapace non porta a un miglior risultato. Viene, infatti, svilito il concetto di rappresentanza, intesa quale riconoscimento delle risorse di chi sia chiamato al compito di concorrere, mediante l’espletamento del proprio mandato, al benessere di tutti. Attribuire il proprio voto a chi non si ritenga idoneo a svolgere un’attività importante qual è la guida del Paese è una forzatura intollerabile a chi rifugga i compromessi, con la propria coscienza innanzi tutto.

In Nevada vi è, dunque, una terza strada tra astensionismo e voto conferito al meno peggio. La scelta trasparente di scrivere nero su bianco che si giudicano inadeguati tutti i contendenti è strumento efficace per manifestare lo scontento dell’elettorato: il dissenso viene così istituzionalizzato. Il non-voto, dato comunque al seggio e così espresso ufficialmente in modo indubbio, può contare, e molto. L’attribuzione della facoltà di indicare sulla scheda un voto di dissenso sarebbe utile ad arginare populismi finalizzati esclusivamente a convogliare la rabbia della gente. E’ della massima evidenza che movimenti creati al solo scopo di raccogliere indignazione e malcontento, trovando ragione e consistenza nel malessere diffuso, abbiano interesse a far sì che un tale sentimento si protragga quanto più a lungo. Qualunque soluzione costruttiva ai problemi cui la società chiede di far fronte non potrebbe essere perseguita concretamente già solo in base alla circostanza che essa farebbe venir meno il senso della loro sopravvivenza. Mediante il sistema adottato nello Stato americano, dunque, la cittadinanza potrebbe esprimere il proprio scontento diversamente dal voto dato per protesta a chi si limiti a protestare e basta.

Se ben utilizzata, la casella del voto dato al “partito di nessuno” potrebbe essere funzionale anche ad altri effetti. Considerata la ritrosia dei politici a tagliare le somme esagerate a essi destinate e considerato altresì che la riduzione dei parlamentari è da tempo proposito dagli stessi vanamente declamato, il voto dato a “nessuno dei candidati” potrebbe raggiungere entrambi gli scopi. Infatti, qualora tale voto fosse tradotto, in forza di un qualche meccanismo comunque strutturato, in un certo numero di seggi vuoti in Parlamento, verrebbe diminuito automaticamente il numero di chi occupi gli scranni e così, al contempo, l’impiego sempre troppo ingente di pubbliche risorse. Il risultato sarebbe oltremodo importante: semplificazione istituzionale, risparmi di spesa e piena rappresentanza - senza costi aggiunti, anzi – di chi preferisca votare per un posto di potere vuoto rispetto a uno riempito inefficacemente. C’è chi ne ha scritto, valutandone gli effetti in concreto, con particolare riferimento alla circostanza che, data la situazione di insoddisfazione generale, proprio il “partito” dei non-candidati potrebbe essere vincente: al riguardo, servirebbero appositi accorgimenti.

Qualora il sistema del Nevada venisse importato in Italia, rendendolo compatibile con l’ordinamento nazionale, la politica si troverebbe a fronteggiare un avversario ben più temibile di chi usi le sue stesse armi per arringare la collettività con promesse e proclami di ogni tipo. Il “partito di nessuno”, senza campagne elettorali ma con il silenzio e basta, potrebbe ottenere ottimi risultati. Sarebbe una beffa per tutti, probabilmente un rischio. Forse per questo a un partito siffatto non verrà mai consentito di presentarsi al voto: e sarà un peccato.
 .