Scilipoti alla Nato? L'ennesima bufala. Verosimile, purtroppo
Istituzioni ed economia
La notizia ha fatto il giro del web in poche ore: Domenico Scilipoti ottiene un incarico importante presso l’Alleanza Atlantica. È diventato vicepresidente di una commissione 'della Nato' e inoltre si occuperà dei rapporti con l’Ucraina, 'sempre in seno alla Nato'. Inevitabili i sarcasmi e le disperazioni di mezza Italia: perfino il quotidiano che ne ha dato conto, l’autorevole Corriere della Sera, ha accompagnato il pezzo (non firmato) con una carrellata di gaffe o improbabili pronunce di termini inglesi per le quali Scilipoti è diventato famoso.
Peccato (per il prestigio dei giornalisti) ma per fortuna (per quella mezza Italia che un po’ ci aveva riso, un po’ si era strappata i capelli), la notizia non è affatto vera. O meglio, non nei termini in cui è stata descritta. Domenico Scilipoti non è “sbarcato alla Nato”, come recitava il titolo del Corriere, bensì alla delegazione italiana della “assemblea parlamentare Nato”, di cui vedremo tra un attimo ruoli e compiti, e in realtà è notizia vecchiotta perché risale al 2013: di recente è stato solo confermato vicepresidente di una sottocommissione, e se n’è vantato su Facebook (“orgoglioso di rappresentare l’Italia in un così prestigioso palcoscenico internazionale”).
Ma che cos’è questa “assemblea parlamentare Nato”? Si tratta di un organismo che, dal 1955, riunisce parlamentari dei Paesi membri dell’Alleanza (e anche dell’Est Europa, dopo la fine della Guerra Fredda), che non ha alcun collegamento ufficiale con la Nato e, di conseguenza, non ha potere nelle decisioni dell’Alleanza Atlantica, all’interno della quale l’Italia è invece rappresentata (dal 2016) dall’ambasciatore Claudio Bisogniero, tutt’altro curriculum.
Questa assemblea serve come punto d’incontro tra la Nato e i parlamenti nazionali, e di per sé è un bene che esista, dato che parliamo di un’alleanza militare tra Paesi democratici (non proprio tutti, data la presenza della Turchia); ma non serve certo ad influenzare la Nato, semmai il contrario. Come si legge chiaramente nella “mission”, lo scopo principale è portare all’attenzione dei parlamenti nazionali le questioni rilevanti per l’Alleanza in un contesto sempre più complicato sia dal punto di vista della sicurezza (banalmente: l’individuazione del possibile “nemico”) sia dal punto di vista dei budget nazionali, più ristretti di un tempo.
Come viene accuratamente spiegato, infatti, “è essenziale assicurare un supporto parlamentare e pubblico a queste decisioni. I parlamenti giocano un ruolo cruciale nell’assicurare processi decisionali trasparenti e verificabili in tutti i campi delle politiche pubbliche, comprese sicurezza e difesa (..) Come rappresentanti del popolo, i parlamentari giocano anche un ruolo chiave nella costruzione del consenso e nel generare e sostenere supporto pubblico alle decisioni che riguardano la difesa nazionale”.
Ora, tornando a Scilipoti, il nostro è membro della delegazione italiana (che in tutto conta 18 parlamentari) dal 2013, e dall’anno successivo vicepresidente di una delle sottocommissioni (Technology trends and Security). Inoltre, dal 2016 fa parte della commissione congiunta che riunisce 18 membri dell’assemblea e 12 parlamentari della Rada ucraina: si tratta di un gruppo di lavoro che esiste dal 2002 e che, fino al 2014, è stato parallelo ad un analogo gruppo di lavoro con parlamentari russi, poi cessato per la nota annessione della Crimea. Anche questo gruppo di lavoro, inutile precisarlo, non ha alcun ruolo attivo sulle politiche e sulle decisioni della Nato.
A questo punto è evidente che la “notizia” su Scilipoti sia derubricata a qualcosa di meno deflagrante di quanto sembrasse. Tutto a posto, quindi? Non esattamente. Vengono infatti spontanee alcune considerazioni.
La prima – se ne parla parecchio, ultimamente – è relativa alle “bufale del web”. Stavolta, però, l’errore non proviene da un sito bufalaro, ma da una testata che di solito si va a leggere per verificare quello che scrivono le altre testate, secondo il meccanismo psicologico del lettore medio che ancora attribuisce maggiore autorevolezza ad alcune “storiche” testate rispetto al mare magnum della cronaca online. Meccanismo destinato a tramontare, perché è sotto gli occhi di tutti la crescente professionalizzazione del giornalismo online, ma che tuttora persiste in alcuni.
Naturalmente tutti possono sbagliare, anche se in questo caso ci troviamo di fronte a un errore facilmente rimediabile (e che avrebbe comportato una sonora bocciatura per il collega ad un esame di diritto internazionale). Che fare in questi casi? Sarà banale ripeterlo, ma la soluzione più efficace per il lettore è arrivare direttamente alla fonte (cercando ad esempio nel sito ufficiale della Nato, non si trova - com’è ovvio - traccia di Scilipoti) oppure aspettare altri articoli, che in effetti sono poi stati pubblicati precisando meglio i contorni della questione.
Si tratta – ne siamo tutti consapevoli – di un aggravio di tempo (e il tempo ha un costo) che il cittadino deve sobbarcarsi per ottenere, in cambio, informazione corretta; ma, con Internet, è un aggravio di poco peso e in alcuni casi ne vale la pena rispetto a giudicare sulla base di errori o impressioni.
La seconda considerazione riguarda la selezione della classe dirigente. Che l’assemblea non abbia alcuna influenza sulle policy della Nato è chiarito: ma resta comunque il fatto che l’Italia arriva a presentarsi a livello internazionale con scelte che finiscono col generare parecchie perplessità nei cittadini. Alla frequente domanda “chi ce l’ha messo lì?”, sebbene appunto non sia stato “messo alla Nato”, la risposta è: i gruppi parlamentari di Forza Italia, in piena autonomia. I diciotto italiani “fotografano” infatti la composizione del nostro parlamento. La vicepresidenza della sottocommissione e l’inserimento nella commissione congiunta coi parlamentari ucraini, invece, sono dovute a una specie di “manuale Cencelli” che media tra nazionalità e gruppi politici per arrivare a composizioni rappresentative.
E, da questo punto di vista, ci teniamo a ricordare che, da novembre 2016, mentre Scilipoti veniva inserito nel gruppo di lavoro sull’Ucraina, un altro italiano, l’esponente di Ncd Paolo Alli, veniva nominato presidente dell’assemblea: una notizia forse più rilevante, ma meno roboante e quindi senza eco nei mass media.
La terza considerazione riguarda le competenze di Scilipoti sull’Ucraina. Non le conosciamo e non ne abbiamo trovato traccia. Posto, anche qui, che il gruppo di lavoro non ha alcun ruolo sulle policy della Nato, va aggiunto però che l’Ucraina sarà ancora terreno della principale partita diplomatica europea tra l’Alleanza Atlantica e la Russia. Mosca si è posta l’esplicito obiettivo di estendere la sua influenza contrapponendosi al mondo occidentale e per questo ha dimostrato di usare l’Ucraina (o parte di essa: la Crimea e le regioni di Donetsk e Luhansk) per i suoi scopi. Davvero tra i diciotto parlamentari italiani Scilipoti era il “migliore possibile”?