Un pensiero per Silvio Berlusconi, nel giorno del suo ottantesimo compleanno
Istituzioni ed economia
Negli anni Ottanta rappresentò per la TV e per l'Italia ciò che oggi sono nel mondo i grandi imprenditori del web: creò innovazione, ricchezza e lavoro come forse nessun altro. Per me che da bambino mi innamorai del Milan, Silvio era già il Presidente prima che entrasse in politica. Sosteneva Craxi, all'epoca, e forse avrebbe continuato a farlo se non ci fosse stato quel colpo di stato della magistratura, i cui riverberi (politici e culturali) viviamo ancora oggi.
Negli anni Novanta evitò che salissero al potere i post-comunisti, colpevoli quanto gli altri partiti tradizionali dello stato di corruttela del sistema politico italiano, ma ancora legati a doppio filo a un passato massimalista e anti-occidentale: non meritavano le redini del governo, gli italiani non si fidavano e Berlusconi offrì loro l'alternativa che cercavano. Era quella la Forza Italia con stupende venature liberali e radicali, un partito anarchico e monarchico, che avrebbe potuto concretamente rappresentare un luogo di libertà e innovazione del sistema politico. Provò a riformare radicalmente l'insostenibile sistema pensionistico italiano, con il lavoro di Antonio Martino, ma già allora la Lega Nord di Bossi mostrò la sua ipocrisia e bocciò quell'importante tentativo di correzione del welfare.
Negli anni Duemila, Berlusconi guidò il più longevo governo della Repubblica Italiana, un governo filo-atlantico ed europeista che promosse la legge Biagi sul lavoro, la riforma pensionistica Maroni e produsse una riforma costituzionale migliore di quella oggi soggetta a referendum: premierato, sfiducia costruttiva, meno parlamentari, aggiustamenti del Titolo V. Il giorno del suo intervento al Congresso americano sarebbe studiato nei libri di storia, se non avessimo incattivito così tanto il clima politico.
Non andò tutto bene a quel governo, anzi. In materia fiscale, ad esempio, si sprecò l'occasione delle occasioni, beneficiare dei ridotti tassi d'interesse sul debito permessi dall'euro per ridurre significativamente il carico fiscale sulle imprese, sul lavoro e sulle famiglie. Al contrario, le spinte regionaliste (mai davvero federaliste!) della Lega e i freni statalisti prevalenti in An e dell'Udc indussero Berlusconi (e il suo lato peggiore, la politica economica di Tremonti) a sperperare quel tesoretto in nome della stabilità di governo. Liberalizzazioni e concorrenza restarono al palo (una costante di destra e di sinistra...).
In quegli anni, con tanti giovani e giovanissimi animavamo da pionieri il web con blog appassionati e visionari, criticando il governo per cui pure avevamo votato e sognando una rivoluzione thatcheriana e litigando su tutto fuorché su un punto: ce l'avremmo fatta a unire le forze e il futuro del centrodestra sarebbe stato migliore del presente. Quanto ci sbagliavamo! Il centrosinistra di Prodi, che nel 2006 vinse le elezioni per uno sputo con i Turigliatto, i Pallaro e i Topo Gigio, si schierò colpevolmente contro la riforma costituzionale e la caricò di tali significati demagogici da produrre la bocciatura referendaria. Lo "scalone" Maroni fu smantellato, a spese di noi italiani.
Il Berlusconi che rivinse le elezioni nel 2008 era ormai un Cavaliere stanco e poco lucido, più edonista che statista, circondato da cortigiani inadeguati, nani urlanti e dame imbarazzanti. Fallì la chance del governo, molti lo lasciarono con buoni argomenti ma pessimi strumenti per una vera ambiziosa costruzione (uno su tutti, Gianfranco Fini). Alla sua sinistra, però, non nasceva nulla di buono e l'antiberlusconismo alimentava il peggior populismo: ai referendum abrogativi del 2011, quelli sull'acqua pubblica per intenderci, il quorum fu raggiunto soprattutto perché si votava anche "contro Berlusconi" e contro la legge sull'indulto. Non credo di essere l'unico a vedere un filo rosso che conduce da quella stagione alla esplosione del M5S.
Più di recente, Berlusconi ha avuto ancora ottimi colpi di coda e momenti di responsabilità, come il sostegno riconosciuto al governo Monti nel terribile autunno del 2011 e il patto del Nazareno con Matteo Renzi a cavallo tra 2013 e 2014. Drammaticamente, per chi avrebbe voluto scrivere un lieto fine sulla sua carriera politica un "e vissero tutti felici e contenti", il Cavaliere ha finito sempre per rimangiarseli, i patti. A danno di se stesso e dell'Italia e a vantaggio dei parassiti intorno a lui. Ha sempre abbandonato i panni dello statista e veste quelli del capopopolo in coincidenza con le offensive della magistratura e nelle fasi di maggiore giustizialismo e squallido moralismo dei suoi avversari politici. Colpa sua o degli altri? Vittima, carnefice o entrambi?
Nel giorno dei suoi 80 anni, forse la benevolenza per il Berlusconi construens sopravanza la severità per il Berlusconi destruens, che pure resta. Il crepuscolo sa essere triste e romantico allo stesso tempo, lasciamo che Silvio se lo goda. Quanto sarebbe stato meglio se la sinistra avesse rispettato Berlusconi e i tanti milioni di italiani che lo votavano! Quanto avremmo avuto bisogno di una concreta e seria riforma della giustizia, non per Berlusconi ma per l'Italia intera! Quanto sarebbe stato meglio se Silvio avesse dato più ascolto a Giuliano Ferrara e meno alla sua corte dei miracoli! Cazzo, Silvio, potevi davvero modernizzare l'Italia e non l'hai fatto. Tu dici che non te l'hanno consentito, ma alla fine temo che la storia non sarà così benevola... Finiamola qui, che mi scende una lacrima e viene voglia di cantare l'inno di Forza Italia.