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Stasera si terrà il primo dibattito tra Hillary Clinton e Donald Trump, che promette di essere il più guardato nella storia televisiva, con un’audience che potrebbe toccare i 100 milioni di telespettatori. Ma quale sarà il suo impatto sulla campagna elettorale? Può veramente decidere l’esito finale? Se guardiamo alla storia dei dibattiti televisivi (il primo si tenne esattamente 56 anni fa, tra Kennedy e Nixon) l’impatto è raramente decisivo e spesso il rimbalzo a favore di un candidato si ridimensiona o scompare dopo pochi giorni.

Oggi un quotidiano nazionale, citando una ricerca americana, titola che un terzo degli americani deciderà per chi votare dopo il dibattito. Un dato, peraltro, smentito da una ricerca del Center for Politics dell'Università della Virginia: dal 1976 al 2012 mediamente i dibattiti hanno spostato i rapporti di forza di un paio di punti. Tuttavia, in un’elezione come quella di quest'anno con i candidati vicini nelle intenzioni di voto e, soprattutto, con grandi problemi di credibilità e mobilitazione della propria base elettorale, il confronto diretto in televisione può invece risultare particolarmente importante.

L'impatto maggiore dei dibattiti (in assenza di clamorosi errori o gaffe) non è, infatti, sugli indecisi, ma sui rispettivi elettori, che possono uscirne delusi e demotivati, oppure entusiasti e convinti della necessità di andare a votare.

Hillary deve assolutamente convincere l'elettorato giovane (che è nettamente su posizioni liberal) ad appoggiarla e ad andare a votare e magari "rassicurare" una parte degli elettori repubblicani anti-Trump convincendoli a votare per lei. Compito non facile, perché i due gruppi sono poco compatibili. Dovrà far apparire Trump come inadatto a ricoprire la carica di presidente, attivando un voto "contro" più che a favore. Dovrà inoltre dimostrare di essere in forma e di avere l’energia e il dinamismo che sono richiesti per diventare presidente degli Stati Uniti.

Trump deve assolutamente riunificare la base del GOP, evitando di mobilitare donne e minoranze contro di sé. Probabilmente cercherà di far perdere il controllo ad Hillary e farla sembrare lontana dalle persone comuni. Un po' come fece George W. Bush con Al Gore dipingendo al contempo l’avversario come "una testa d’uovo priva di emozioni" e se stesso come un tipo normale che si interessava veramente della gente; per esempio affermò, durante il primo dibattito televisivo tra i candidati alla presidenza: “vedete, questo è un uomo che ha un sacco di numeri. Parla di numeri. Comincio a pensare che non solo abbia inventato internet, ma anche la calcolatrice. È una matematica che non si capisce”.

Non a caso, secondo Politico, Trump oltre alle classiche simulazioni di dibattito (che arrivano ad utilizzare veri e propri sosia dell’avversario) sta utilizzando un team di esperti che ha costruito un “profilo psicologico” di Hillary, analizzando 16 anni di dibattiti condotti dalla candidata democratica per identificare debolezze, tic e gesti ricorrenti che segnalano disagio. Dovrà rafforzare i dubbi sulla “corrotta Hillary” come la chiama in tutte le occasioni pubbliche e potrebbe concentrarsi più sulla moralità dei Clinton che sulla salute.

In conclusione, un dibattito può essere influente sul risultato finale quando si ha una sostanziale parità tra i contendenti nelle intenzioni di voto o se ci sono questioni aperte sul carattere di uno o entrambi i contendenti. Il successo o il fallimento dipendono dalla percezione che, alla fine, i telespettatori hanno delle qualità personali dei candidati. La sfida può essere vinta o persa prima che il dibattito abbia luogo, mentre sta avendo luogo o dopo la sua conclusione.

Nel 1976 Ford commise una gaffe che, al momento, sfuggì alla maggior parte dei telespettatori: affermò “non c’è alcuna dominazione sovietica nell’Europa dell’Est e mai ci sarà sotto la mia presidenza”. Gli intervistati nelle dodici ore successive pensavano che Ford avesse prevalso (il 53% scelse Ford, contro il 23% per Carter), ma dopo che tutti i media trasmisero ripetutamente la gaffe l’equilibrio cambiò nettamente: il 58% ritenne vincitore Carter, il 29% Ford. Inoltre, mentre in un primo tempo solo il 10% aveva menzionato la gaffe, fu poi il 60% ad indicarla come causa della sconfitta del candidato repubblicano. Nel dubbio, è da tempo che Trump scredita i media e ieri ha anche accusato il moderatore del dibattito di simpatizzare per i democratici (quando invece è di simpatie repubblicane).

Tra poche ore conosceremo le strategie dei due candidati e assisteremo alla battaglia parallela che si combatterà sui social, oltre al tentativo di influenzare il giudizio dei media e degli elettori nei minuti, nelle ore e nei giorni successivi al dibattito. Se guarderete il dibattito, prestate molta attenzione allo stile che i due contendenti adotteranno, a quale ruolo cercheranno di “personificare”: campione della gente comune, manager, amministratore competente e preparato, brava persona?

I candidati di maggior successo creano entusiasmo attorno a se stessi e sentimenti negativi nei confronti degli avversari (sia che si tratti del carattere, dei principi, della competenza o dell’associazione a personaggi poco amati).
Buona visione.