Raggi Olimpiadi

Non ha fatto nemmeno in tempo Virginia Raggi ad annunciare il proprio no alla candidatura di Roma per i giochi olimpici del 2024, che subito si sono scatenate le polemiche. Non soltanto Matteo Renzi, che già la scorsa estate parlava di 'straordinaria opportunità per Roma' e 'occasione di sviluppo', ma anche molti organi di stampa hanno commentato negativamente la decisione.

“Internazionale” ha visto nel rifiuto di Raggi un “segno di debolezza”: il no all’evento sportivo, da parte di una giunta che avrebbe avuto tra le mani l’organizzazione dell’evento, equivarrebbe di fatto a un’ammissione di incompetenza. “La Stampa” ha osservato che in campagna elettorale Raggi “non solo non ha detto di essere contraria ma aveva annunciato un referendum consultivo per chiedere ai romani”, che adesso sarebbero invece favorevoli all’evento.

Il dibattito sulle Olimpiadi non poteva non risentire delle recenti disavventure della giunta capitolina, con le conseguenti (e giustificate) critiche piovute sulla testa della neoeletta sindaca. Ma non serve essere fan del movimento grillino per condividere la scelta di Virginia Raggi, quali che siano le sue motivazioni. I giochi olimpici, e i grandi eventi sportivi in generale, rappresentano infatti puntualmente un investimento a perdere, a prescindere dallo stato di salute della città ospitante. È stato questo il caso per le Olimpiadi di Barcellona, Pechino, Londra. I giochi di Atene furono per la Grecia l’inizio del declino.

Ma, si sostiene, le Olimpiadi sarebbero un’occasione per investire. È “Il Sole 24 Ore” a riprendere uno studio del CEIS dell’Università di Roma Tor Vergata, patrocinato dal Coni, secondo cui le Olimpiadi avrebbero implicato per la Regione Lazio e Roma Capitale 4 miliardi di risorse aggiuntive, con una crescita del pil stimata al 2,4% nel periodo 2017-2023.

Se anche prendiamo per buoni i numeri, l’entusiasmo per l’ammontare degli investimenti che le Olimpiadi avrebbero comportato per Roma dev’essere però smorzato. Da dove verrebbero quei fondi? Dallo studio non è chiaro, ma possiamo presumere si tratterebbe almeno in parte di fondi pubblici. Ne consegue che se tot miliardi saranno destinati alla città di Roma, altrettanti saranno sottratti ad altri usi. In altre parole, l’aumento del PIL della regione Lazio sarebbe finanziato da una perdita di PIL da parte di altre regioni. E, anche restando sul solo territorio laziale, i benefici – se eccettuiamo il rinnovo delle infrastrutture, che può tuttavia prescindere dall’evento olimpico – sarebbero circoscritti a un sottoinsieme della popolazione: cittadini coinvolti nel business turistico e altri che troverebbero lavoro grazie ai giochi. È giusto che questi vantaggi concentrati siano pagati dal resto dei contribuenti? Se anche questi eventi non fossero sempre in perdita sarebbe lecito dubitarne. Lo è a maggior ragione se consideriamo quanto è concreto, nel nostro paese, il rischio di un investimento fallimentare: Italia ’90, le olimpiadi invernali del 2006, i mondiali di nuoto del 2009 e l’Expo sono lì a ricordarcelo.

Giova ripetere: il giudizio positivo sulla decisione in merito ai giochi olimpici non equivale ad un endorsement a Virginia Raggi, men che meno al Movimento 5 Stelle. Stefano Parisi, in un'intervista a “Il Foglio”, ha visto nella decisione della sindaca il prodotto di una cultura “anti-sviluppista” e “anti-capitalista”. Due aggettivi che ben si applicano al movimento pentastellato. Ma il no alle olimpiadi è da accogliere con un sospiro di sollievo, indipendentemente da quanto sia distorta la cultura da cui è maturato. Né quella di Parisi è l’unica critica che possiamo muovere.

L’incapacità gestionale, la mancanza di trasparenza, la poca correttezza nei confronti del Coni, la retromarcia rispetto alle dichiarazioni pre-elettorali e, soprattutto, l’attuale paralisi dell’amministrazione cittadina, tutto ciò non cambia di una virgola che un sì alle olimpiadi, finanziate con soldi pubblici, avrebbe rischiato di compromettere uno stato, quello dell’Urbe, già fin troppo precario. Virginia Raggi potrà essere la peggior disgrazia mai capitata alla città, ma sulle Olimpiadi c’è da sperare che nessuno le faccia cambiare idea.