Renzi Smuraglia

La 'resistenza' dell’ANPI contro la riforma costituzionale non ha niente di eroico. È un riflesso pavloviano da Guerra Fredda, una risciacquatura della retorica anti-renziana nell’acqua santa del partigianato ideologico e dell’opposizione a prescindere, un sussulto nevrotico di orgoglio e identità di un mondo, quello della sinistra post-comunista, che fino alla caduta del Muro non poteva andare al potere (il cosiddetto fattore K) e dopo – perfino dalle stanze di Palazzo Chigi - ha continuato a tormentarsi e a diffidare del governo e del potere degli esecutivi come di un fattore intrinsecamente antidemocratico e dunque “anticostituzionale”.

Ha ragione Renzi: non tutti i partigiani ancora in vita sono contro la riforma approvata dalle camere, ma contro di essa milita l’ideologia resistenziale della Costituzione e su questo ha purtroppo ragione Smuraglia. Dalla cosiddetta Legge Truffa del 1953 fino ad oggi, qualunque riforma elettorale o istituzionale che cambiasse i connotati di quel parlamentarismo consensuale e impotente, che per i comunisti costituiva l’unica vera garanzia della democraticità della Repubblica, è finita regolarmente nel mirino di tenutari e usufruttuari della memoria partigiana e dell’antifascismo ufficiale.

Fortunatamente – infatti Renzi è potuto diventare il capo del PD – questo mondo materiale e ideale è diventato, per ragioni insieme storiche e anagrafiche, sempre più minoritario e laterale e sempre più asserragliato nelle proprie frustrazioni e nella propria incomunicabilità.

Il referendum costituzionale lo rimette però in gioco, non perché lo renda in grado di riconquistare un consenso maggioritario o totalitario nel mitologico popolo di sinistra, ma perché – molto banalmente - lo rende decisivo per l’esito del voto. Smuraglia può diventare il Turigliatto di Renzi e vendicare, a nome della sinistra interna e esterna al PD, l’irresistibile ascesa dell’usurpatore, del boyscout post-democristiano piovuto dal cielo dell’antipolitica e chiamato a salvare, nel 2013, un PD alla deriva.

L’impossibile accordo dell’ANPI sul referendum è però anche un segno dell’impossibilità del PD di resistere come partito di tutti, senza diventare una terra di nessuno, un contenitore che ammucchia nelle stesse liste culture che si detestano e persone che si disprezzano, contendendosi la discendenza e rappresentanza della “vera” sinistra.

@carmelopalma