Ruth Davidson

Il 5 maggio del 2016 si terranno in Scozia le elezioni per il rinnovo del Parlamento locale. Se gli indipendentisti scozzesi hanno la possibilità di consolidare, se non aumentare, il proprio dominio ad Holyrood, dopo la sconfitta di misura nel referendum sull’indipendenza e il trionfo a Westminster, dietro di loro si apre una gara che potrebbe riservare delle sorprese.

Non è infatti chiusa la crisi del Labour, che proprio in Scozia ha perso le elezioni generali dello scorso maggio: secondo gli ultimi sondaggi i socialisti potrebbero perdere 12 seggi. Potrebbero invece guadagnarne 5 i Conservatori, che iniziano a sognare il colpaccio.

A guidarli nella rimonta, il Tory che non ti aspetti. Ruth Davidson, 37 anni, è dal 2011 la leader dei Conservatori scozzesi. Lesbica, kickboxer, proveniente dalla proletaria Glasgow, ora roccaforte del SNP, figlia di un produttore di whiskey, come in una favola della working class. Eletta nel 2011 a Holyrood in seguito alla defezione dell’imprenditore Malcom Macaskill, lo stesso anno strappa la leadership del partito a Murdo Fraser, con un programma ortodosso e un aiutino da Londra.

Ora alcuni analisti danno per possibile un sorpasso ritenuto quasi sempre impensabile: la Scozia, da quando ebbe elezioni proprie nel 1999, ha sempre relegato i Tories al terzo posto, più vicini ai Libdem che ai contendenti Laburisti o dell’SNP. Il crollo dei socialisti e la crescita esponenziale degli indipendentisti potrebbero far rosicchiare alla Davidson punti preziosi.

La leader dei Conservatori locali, a detta dei volontari, riscuote buoni sentimenti tra la gente. Peccato i sondaggi sulla leadership non dicano lo stesso, anche se bisogna pur sempre considerare il fatto che in Scozia i Conservatori sono visti con il fumo negli occhi. Secondo Alex Massie, penna scozzese dello Spectator, “tutti amano Davidson, ma nessuno voterà per lei”. Questo perché le rivendicazioni dei Conservatori oltre il Vallo di Adriano rimangono minoritarie e vengono spazzate via dalla crescente retorica indipendentista.

Se le paure di un tracollo economico sono riuscite a far vincere la campagna per rimanere nel Regno Unito al referendum, non basteranno per confermare i Conservatori. Anche i Laburisti intervistati dai quotidiani britannici sul tema del possibile sorpasso ironizzano dicendo che il tema ricorre ad ogni elezione, ma i conservatori rimangono sempre dietro.

Potrebbe non essere così stavolta, però. Seppure le elezioni si giocheranno sul tema dei servizi pubblici e del welfare e la Davidson avrà lo sgradevole compito di difendere i tagli di Londra, il leader dei Tories scozzesi ha fatto valere posizioni originali e di distacco da Downing Street. Si è schierata, ad esempio, contro la recente esenzione da una tassazione più pesante sulle multinazionali dell’informatica come Google. O contro i tax credits. Su altre faccende ha posizioni più liberiste, come quando propone di tagliare le aliquote delle tasse verso i più ricchi per attirare investimenti dall’Inghilterra.

Basteranno posizioni non-ortodosse, proprio da chi ha vinto la leadership per la sua ortodossia, per aumentare il proprio potere contrattuale a Holyrood? Difficile, ma per chi a 33 anni diventa leader del partito meno amato in tutta la Scozia il concetto di “difficile” è piuttosto aleatorio.