Pannella BoninoL’attacco personale e politico di Marco Pannella a Emma Bonino, con il suo contenuto denigratorio nei confronti di chi ha contribuito, da molti decenni, con passione, intelligenza e autonomia al successo delle battaglie radicali - o ha impedito che fallissero nel modo più rovinoso, come nel caso dell’ultimo digiuno di Marco - anche quando non era d’accordo, annuncia, purtroppo, la peggiore fine che il partito radicale poteva meritarsi.

Emma Bonino, che fino a pochi mesi fa era per Marco la candidata ideale per occupare l’alto scranno del Quirinale e rappresentare il Paese, diventa improvvisamente una ex militante radicale che fa parte del jet set internazionale, con cui – arriva a dichiarare al Corriere – non ha mai condiviso alcuna battaglia, perché sono state solo sue. Con Emma, Marco Pannella cancella dalla storia del partito radicale, nelle sue multiformi componenti, migliaia di militanti, a volte solo per un pezzo di strada, senza i quali non sarebbe giustamente ricordato nei libri di storia per la sua opera di profonda modernizzazione del Paese e di affermazione intransigente dello stato di diritto.

Le giravolte, anche quelle più acrobatiche, sono sempre ammesse in politica, ma dichiarare, esattamente dopo 40 anni (nel 1975 Emma fonda, con Adele Faccio, il Centro d'informazione sulla sterilizzazione e sull'aborto - CISA), che chi ha rappresentato con un altro volto e con un altro stile politico la storia radicale, correndo anche il rischio di governare, senza mai mettere in discussione il carisma di Marco, sia stata sempre priva di visione politica mette in causa la stessa lucidità di chi esprime questi giudizi. Ovvero rivela da parte di Pannella una propensione, assente nei decenni in cui l’ho conosciuto, a usare la denigrazione personale contro chi non ha condiviso, solo negli ultimi anni, alcune iniziative, semplicemente mettendosi da parte.

Il modo con cui Emma reagì, non scompostamente come pretendeva Marco, alla mancata riconferma come ministro degli esteri nel governo Renzi, è stata, viceversa, una lezione di senso dello Stato: “Ho rappresentato il Paese, non me stessa, e l’Italia ha bisogno di riconquistare il rispetto delle istituzioni”.

Emma Bonino è riuscita nella sua lunga storia politica, che per fortuna continuerà, a declinare senza farsi male sia la più rigorosa militanza e opposizione nonviolenta (qualcuno dimentica le drammatiche conseguenze sulla sua salute di uno sciopero della sete condotto senza deroghe) sia governare, con efficacia universalmente riconosciuta in Europa, le istituzioni e cioè fare i conti con la realtà e con i reali condizionamenti dei poteri, nel difficile esercizio di conciliare l’etica della convinzione con quella della responsabilità.

Non basta una trasmissione rancorosa di Marco Pannella per cancellare una storia politica, quella di Emma, che ognuno può ricordare per la sua eccezionalità, dalla denuncia del massacro di Srebrenica, alla campagna per il tribunale internazionale e a quella contro le mutilazioni genitali femminili, all’apertura lungimirante verso l’Iran, senza dimenticare il momento in cui ha guadagnato al partito il miglior risultato elettorale della sua storia, con quell’8,5% della lista Bonino alle elezioni europee del 1999.

Voglio sostenere con questo che Emma non abbia mai fatto sbagli, errori politici, che sia una santa senza difetti? No, certo, ne ha fatti sicuramente tanti, per ultimo quello di ritirarsi sull’Aventino; al suo posto avrei risposto subito e duramente, già nel passato, agli attacchi scriteriati. Quello che mi preme affermare è che Emma non corrisponde sicuramente a quella che Marco ha raccontato in questi giorni, alludendo fra l’altro a fatti a me sconosciuti (penso anche alla maggioranza dei radicali e dei lettori dei giornali) relativi a un misterioso epistolario, a pensioni, all’auto blu, come un qualsiasi grillino. Penso che siano in molti a non riconoscere nell’identikit di Marco l’Emma che hanno frequentato o incontrato casualmente nelle stanze del partito.

Così pure mi guardo bene dal contestare il diritto di Marco Pannella di giudicare negativamente, anche con giudizi fortemente critici e toni ferocemente polemici, il comportamento politico di qualsiasi radicale, Emma compresa, ma non è consentito neppure a lui di motivare questo confronto con attacchi personali denigratori che delegittimano tutta la sua storia politica e soprattutto con insinuazioni letteralmente false.

È accaduto anche nel passato che si consumassero divorzi, ai massimi “vertici” del partito, con metodi spesso brutali: qualcuno può onestamente paragonare i comportamenti dei “ lanciatori di merda” con quelli di Emma che, nonostante fosse attaccata pubblicamente da Marco, si è adoperata attivamente perché lo stesso Marco ricevesse la nota telefonata dal Papa, facendolo uscire dal vicolo cieco nel quale si era cacciato? Solo io ho ascoltato l’intervento di Emma a Radio Radicale, quando ha annunciato la sua malattia e ha fatto quell’emozionante appello all’iscrizione? Qualcuno riesce a spiegare, in parole semplici, cosa si addebita, dal punto di vista politico, a Emma Bonino?

Il partito che ha segnato la storia del nostro Paese, non solo per le battaglie civili e di libertà, spesso vincenti, ma anche per la cultura politica liberale e nonviolenta che ha trasmesso nella società, grazie alla robustezza delle convinzioni, alla lungimiranza politica e alla tenacia di Marco Pannella, adesso è affossato da lui stesso, nel peggiore dei modi, cercando di screditare l’unica persona che, forse, potrebbe raccogliere, assieme ad altri preferibilmente non decrepiti come chi scrive, il suo testimone, facendo uscire il partito dalla trappola della battaglia sull’amnistia e sulle carceri, che non può rappresentare l’unico terreno d’iniziativa politica italiana ammesso nelle stanze di via Torre Argentina.

A prescindere dalle mie valutazioni negative sul merito, penso che ostinarsi a perseguire un obiettivo – l’amnistia – che non ha alcuna possibilità di essere raggiunto, sia un grave errore e mi sembra che Marco, da politico pragmatico quale è, se ne sia reso conto, anche grazie all’ottimo lavoro di Rita Bernardini, che ha contribuito non poco allo svuotamento delle carceri.

Sulle scelte politiche e organizzative si sta giocando da qualche anno uno scontro durissimo tra due o più anime radicali, anche con i colpi bassi denunciati da Gianfranco Spadaccia e con dosi massicce di settarismo, che si conclude puntualmente a ogni congresso con un compromesso, che viene poi sconfessato nei fatti nel corso dell’anno. Nel frattempo gli iscritti al partito calano ai livelli della sua fondazione.

È successo anche nel passato, ma oggi, per la prima volta nella storia radicale, la maggioranza degli iscritti non è d’accordo con il leader carismatico: l’ha rilevato un’indagine condotta in modo forzatamente clandestino qualche mese fa, con metodi robustamente scientifici, su un campione molto vasto, che solo da poco si è deciso di rendere pubblica, almeno ai tesserati. Gli iscritti a Radicali Italiani vorrebbero, in larga maggioranza, fare politica, confrontandosi con le vecchie ma anche nuove urgenze che si manifestano nel mondo, occuparsi addirittura di problemi economici, stipulare persino alleanze politiche con gli infedeli, come è sempre accaduto nel passato, ma appena ci provano sono accusati di tradimento nei confronti della guerra santa contro il regime e la partitocrazia (esiste ancora?).

Questi stessi iscritti criticano, in grande maggioranza, anche la gestione opaca del patrimonio radicale (non per caso Emma non fa parte della holding radicale) e la scarsa democrazia interna. Il tesoriere Valerio Federico ha avanzato proposte ragionevoli per uscire dal bunker, che spero siano accolte dal Presidente dell’associazione politica nazionale “Lista Marco Pannella”.

Chi scrive nutre una fortissima stima e affetto per Marco (non necessariamente ricambiati), nonostante il dissenso quasi completo, da alcuni lustri, sulle sue scelte politiche, e una grande gratitudine per aver potuto fare quello che ha fatto in gran parte grazie a lui (ma non solo), ma proprio per questo non è disposto ad accettare che rivolga accuse e giudizi gratuiti e incomprensibili, prima che irriconoscenti e persino falsi nei confronti di Emma, solo nel momento in cui smette di essergli “fedele”, per poter rimanere fedele alle proprie convinzioni e anche per tutelare la propria dignità e reputazione, che sono patrimonio di tutti noi radicali, Marco compreso.

Con queste premesse, mi domando come uscire, senza farci troppo male, da questa situazione inutilmente sgradevole: forse bisogna prendere in considerazione che nessuno è indispensabile, che la politica ha bisogno di ricambio e che tutti possono dire o fare sciocchezze. Questa è la lezione di responsabilità e di onestà intellettuale che, ancora una volta, Marco (di nuovo insieme a Emma) potrebbe regalare al Paese e ai radicali, nel rispetto delle legittime diverse opinioni.